È avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire” (Primo Levi).

72 anni fa, il 27 gennaio 1945, le truppe dell’Armata Rossa entrarono nel campo di concentramento e sterminio di Auschwitz, liberando i pochi prigionieri superstiti. Per questo motivo, si celebra il Giorno della Memoria.

41YMNY77EJL._SX301_BO1,204,203,200_Donald Niewyk e Francis Nicosia, nel libro The Columbia Guide to the Holocaust (2003,  Columbia University Press) sostengono che le vittime totali del nazismo furono 17 milioni, tra ebrei, testimoni di Geova, pentecostali, rom, sinti, slavi, omosessuali, malati di mente, disabili, dissidenti politici e prigionieri di guerra.

Di questi 6 milioni erano ebrei (più del 70 per cento degli ebrei europei di allora).

La Repubblica italiana (20 luglio 2000) ha istituito il Giorno della Memoria e ha riconosciuto il 27 gennaio come data simbolica per “… ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati“.

In tutta Italia vengono “organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”.

La legge che istituisce il Giorno della Memoria cerca di prendere in carico il ricordo tremendo di quanto è accaduto e la responsabilità preventiva della nostra comunità e di quella europea in generale nei confronti del futuro. Lo scopo indicato dalla legge nell’articolo 2, è proprio quello di “conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere“.