Sono arrivata dal Polo Nord, come Babbo Natale. Su una slitta volante trainata da renne? No, su un aereo della Japan Airlines: che non potendo sorvolare la Siberia ha preso la strada più breve, la rotta polare.

All’atterraggio piovigginava. Sono passati quattro mesi e non ha ancora smesso. Non si è mai vista una giornata davvero serena, con il bel cielo azzurro che c’è in Italia.
Se state progettando un viaggio in Giappone lasciate perdere l’estate, è il periodo peggiore. Si  soffoca per il caldo umido, appiccicoso. Frinire di cicale da spaccare i timpani. Verde  lussureggiante, ma che confronto ai fiori di ciliegio della primavera sembra triste.
Poi arriva il primo taifu (grande vento = tifone) seguito a raffica da altri. Proprio questa mattina ne è passato uno, che per fortuna non ha fatto grossi danni. Nell’aria si respira già l’autunno: pioggia che gocciola dalle foglie, cielo color avorio e perla. Attorno alle colline stagnano nubi grigie, come un disegno tracciato da un pennello enorme. Più in basso, due piccole figure portano il loro fardello.

Chi avrebbe mai pensato che, arrivata alla pensione, anziché godermela curando il giardino mi sarei trasferita a Tokyo? Eppure così è stato. All’improvviso lunedì ha smesso di essere il primo giorno lavorativo della settimana: si é trasformato in getsuyobi, “giorno della luna”. Si chiama così anche in giapponese, chissà perché?
Sarà lo shock di questo trasferimento imprevisto, ma ho l’impressione di vivere una realtà che sconfina nel sogno. La casa dove abitiamo si trova a Kawaguchi. Vuol dire “estuario”: strano, “La casa sull’estuario” di Daphne du Maurier è il mio romanzo preferito. Per questo sono qui? O forse è Alessandro Valignano, protagonista della mia trilogia, che mi trascina in un viaggio senza ritorno verso il Japòn?
Un corteo variopinto procede tra i canneti in riva al fiume. Quando arrivano al guado mi sembra di vederlo, Valignano: uno straniero di statura altissima, il viso seminascosto da un cappello nero a falda tonda. Viaggia su una portantina, attorniato da gente che cammina cantando inni sacri, preceduto e seguito da samurai a cavallo.
Poi il treno continua la sua corsa e la visione svanisce. Ci sono edifici, ragnatele di cavi elettrici e gente, gente dappertutto, ciascuno immerso nella realtà virtuale del suo smartphone.
In fondo non c’è molta differenza. Solo, i miei sogni sono un po’ diversi.

Da sette secoli, da quando Marco Polo descrisse il favoloso regno di Zipangu (di cui aveva sentito parlare alla corte di Kublai, senza averlo mai visto) per gli europei il Giappone è l’isola non trovata: il mito irraggiungibile, l’enigma, agli antipodi non solo geografici ma culturali rispetto al nostro mondo.
Nonostante ciò, o forse proprio per questo, affascina. Conosco gente che senza avere la minima idea di cosa sia il Giappone, muore dalla voglia di andarci. Come se questo viaggio fosse una metamorfosi, un arrivare agli antipodi di se stessi.
Nel 1585, un gesuita di nome Luis Frois elencò in un trattato tutte le differenze, fisiche e culturali tra giapponesi ed europei. Del tipo: “In Europa si considerano belli gli occhi grandi, mentre qui nel Japòn sono considerati orribili”. “Noi mostriamo cortesia levandoci il cappello, i giapponesi levandosi le calzature”. Pagine scritte in un momento storico speciale, quando i due mondi (l’Europa e il suo opposto, il Japòn) entrarono in contatto, con una grande curiosità reciproca.
In quattrocento e passa anni le cose sono un po’ cambiate. All’apparenza il Giappone è del tutto inserito nel mondo globale, ma nel profondo rimane se stesso. E viverci come residente, è tutt’altra faccenda che starci come ospite per qualche settimana.

Seguitemi in questa avventura: ve la racconterò quando posso, a pezzi e bocconi, partendo dagli aspetti della vita quotidiana di una straniera nel Japòn.

Grazia Maria Francese, medico e autrice di romanzi storici, si è da poco trasferita in Giappone. Come ha scritto, sarà nostra ospite nei mesi prossimi con qualche articolo sulla sua vita in Giappone. I suoi romanzi li trovate facendo click QUI.