Lo so, bisognerebbe essere seri quando si parla di “ambientazione” e “scrittore che fa ricerca prima di scrivere il romanzo del secolo”; non ci riusciamo. Scusateci.

«No, ti prego, non andare!»

«Mamma, davvero, adesso basta. Io voglio girare il mondo! Esplorarlo! Non tarparmi le ali!»

«Ma perché, bambino mio! Perché? Vuoi la focaccia genovese o le trofie al pesto?» La donna parte subito a raccogliere i germogli di basilico e a pestare i pinoli nel mortaio.

«No, mamma! Ecco vedi? Non crescerò mai a stare qui! Non voglio essere un bamboccione!»

Lacrime di disperazione solcano il volto della donna. «Un giorno sarai padre e capirai! È tutta colpa di quella robaccia che leggi!» singhiozza.

“Il Milione” di Marco Polo fa volare la mente del ragazzo in paesi esotici da quando lo ha scoperto. «Robaccia? ROBACCIA?» grida infervorato.

«Ah, le nuove generazioni… Non c’è più il rispetto di una volta» borbotta severamente un’anziana mentre intreccia del vimini, creando una cesta con le mani nodose.

«E voi siete ignoranti perché non leggete!» Il ragazzo alza gli occhi al cielo. «Basta. Parto. Adesso. Qui ‪#‎maiunagioia.»

«No!» la madre si aggrappa al bavero del figlio. «Non ti ho piegato il pigiama a righe!»

«Fa lo stesso.»

«Dove andrai?»

«Dove mi porterà il vento».

«Oddio! La sciarpa? Ti basterà il coltrone di lana pesante?»

«Se non basta mi comprerò qualcosa.»

«Io non ci posso pensare!»

«Ecco, brava, non ci pensare, ma’! Io voglio cambiare il mondo, entrare nella storia! I posteri parleranno di me!»

«Aspetta, ti preparo un panino per il viaggio. Basterà?»

«Ese ciu` abelino`u che lungo…» La vegliarda scuote la testa severamente.

«Madre! Non dica queste cose a mio figlio!»

«Smetti di fumare quella roba, diventi più Belinon di sempre!» ecco che arriva la sorella a offenderlo in dialetto genovese. «Almeno passala…»

Il giovane non vuole più stare a sentire le offese o le grida isteriche delle donne.

«Almeno onoraci in qualche modo!» implora la madre dall’uscio. «Io, tua nonna e tua sorella ti abbiamo accudito! Dicci almeno GRAZIE!»

«Le mie tre Grazie» borbotta il ragazzo tra sé. Parte da Genova, deciso a scoprire cosa c’è oltre l’orizzonte oceanico.

«Deve pur esserci qualcosa! Qui tutto bello: paesaggi, chiese, palazzi… Ma ragazzi… ‘Na ristrettezza mentale, manco un lavaggio senza Perlana!» si convince durante i giorni di viaggio via terra.

«Indo’ si va? Icchè si fa?» domanda un marinaio dal chiaro accento toscano. I due uomini sono in piedi sulla banchina, davanti a loro tre navi pronte a partire.

«Non so dove andremo, ma scopriremo qualcosa che…»

Le speranze sono interrotte da una donna emaciata e sporca. «Posso leggerti la mano?»

«Ganzo! Una zingara!» esclama il primo.

Il secondo le porge la mano con riluttanza.

«Tu cambierai il mondo, giovane marinaio» esordisce la donna «scoprirai davvero una nuova terra. Vedo…» stringe gli occhi a fessura «cieli grattati, cani caldi, duemilacinquecento sfumature…»

«Sfumature di che?»

«Ce l’hai la donna?»

«Ehm… no. Sono stato troppo indaffarato con le carte nautiche.»

La veggente gli sorride e gli batte una mano sulla spalla. «Vai tranquillo, tu non scoprire… Naviga forte!» Mima un arco con la mano rugosa: «Troverai il paese del sogno!»

«Del sogno dicchè?» chiede il toscano.

«Del sogno americano! Mille opportunità, rivoluzioni sociali, ma zero assistenza sanitaria… ufff… troppe cose da dirvi. Ma insomma, farete sognare lettrici e cinefili.»

«Chi?» domanda il primo.

«E come si chiamerà?» incalza il secondo.

La donna rimane interdetta, non può dirgli che il nome di quel continente non avrà niente a che fare con lui… Sarebbe come dire al primo avventore della virtù di una donzella che lei non lo ricorderà e si tatuerà il nome del secondo “piantatore di bandiera”. Insomma, non se la sente di ferire così l’ego di quel baldo giovane pieno di speranze…

«Scoprirò l’India, vero?»

«Sei anche convinto che la terra sia piatta?» geme la donna.

«Eh?»

«Lascia stare. A proposito di nomi… Dimmi, Cristoforo, perché hai chiamato le caravelle: Nina, Pinta e Santa Maria? »

«Perché Grazia, Graziella e Grazie al caxxo, pareva veramente brutto.»

Ecco, io, quando scrivo, mi sento molto come Colombo!