Ciao a tutti, sono C.K.Harp!
(Il che fa molto Bella Figheira, lo so…)
(Qui ci sarebbe stato bene una emoticon, so anche questo…)
Ma non è che possa continuare in questa maniera, lo capite da voi, quindi adesso pongo fine alle parentesi e vado avanti.
Dunque, chi sono? Bella domanda. Nel senso, non è difficile capirlo, la mia identità è un po’ il segreto di Pulcinella, ma nella realtà stento a capire qualcosa di me io stess… Ə? Usiamo questo shwa (non mi piacciono gli asterischi, non hanno alcun suono, mentre questo segno fonetico è meraviglioso perché suona come una e muta – sì, ho ricominciato con le parentesi, ma voi fate finta di niente – e ci consente di non catalogarci.)
Come inizio di presentazione non c’è male, giusto? Direte: ma se nella vita di tutti i giorni non hai alcun disturbo di genere e ti riconosci nel tuo sesso naturale (d’appartenenza, quello che ti senti addosso, quello in cui ti riconosci… insomma, quello) perché qui dovresti usare uno shwa?
Perché C.K.Harp nasce come fabbricante di parole a prescindere dal suo genere sessuale. Non è uomo, non è donna, è semplicemente una persona che scrive storie. Storie che spaziano in tutto l’universo LGBTQIA+ (menomale che hanno messo quel “più” finale altrimenti, con tutte le etichette che stanno tirando fuori ultimamente, altro che parentesi!) e che quindi possono riguardare qualsiasi tipo di contesto, forma, rapporto.
Mi hanno detto di essere statƏ tra i primi a parlare di bisessualità e gender fluid in tempi non sospetti, e di questo sono davvero orgogliosƏ, ma non mi definisce. Non voglio che mi definisca. Se infatti non ho un “fluid” nella mia identità sessuale, ce l’ho in maniera particolarmente spiccata nel genere letterario entro cui mi muovo.
Ho iniziato scrivendo thriller male to male, passando poi per veri e propri romance male to male, migrando ancora nella narrativa e nei romanzi di formazione fino ad approdare allo xiaxia.
Lo xianxia. LO XIANXIA. Che non si mangia, che non è una parolaccia, che in Italia si guarda (ancora troppo poco, ma sono fiduciosƏ) e che in realtà si dovrebbe leggere. E anche qui stendiamo coperte di lana Merinos, perché il nostro paese è ancora molto lontano dalla letteratura di genere asiatica.
Comunque: cos’è?
Lo xianxia è un ramo del fantasy che unisce sostanzialmente il contesto marziale del combattimento (qigong, arti marziali interne ed esterne) a molti dei concetti filosofico-religiosi della cultura cinese. In definitiva, in questo ambito troviamo gli dèi (del tutto diversi nei nomi, ma spesso molto simili per carattere, indole e poteri a quelli occidentali), i concetti buddhisti dell’esistenza, il dao, gente che vola, che combatte a suon di sparaflashate demoniache o celesti, demoni Asura (sempre di buddhismo parliamo) e tutto ciò che di fantastico possiamo immaginare. È un mondo così vasto, così pieno di “cose”, che descriverlo in poche parole è anche complesso.
Va da sé che scriverne è difficile, e per un occidentale ancor di più. Lo studio è stato ed è tantissimo, e non si tratta “soltanto” di storia e di letteratura, ma anche di filosofia, mitologia, religione (tante religioni, che poi non sono mai tali, ma più una visione mistica delle varie filosofie che si sono susseguite nei secoli in terra asiatica – non solo cinese, no, perché la Cina era molto più cosmopolita e influenzabile di quanto si possa immaginare – e che hanno creato il pensiero odierno), società, costumi, abiti, modi di pensare…
Il mondo. Credetemi, il mondo.
Questo significa che sì, è cambiata del tutto la mia vita. Sono tre anni che sono “in transizione” e credo sia l’aspetto più bello di tutta questa faccenda. Non solo è cambiata la meta verso cui orientare le mie storie, non solo il linguaggio e la prosa, ma anche i gusti, il mio modo di pensare, la mia capacità di intendere un romanzo e l’intreccio che ora riesco a gestire, molto più complesso che in passato.
Questo significa che sì, “Wo Ai Ni – L’ultimo destino possibile”, il mio ultimo nato, è tra i romanzi più importanti per me. Come lo è stato “Sono solo un ricordo”, che rappresenta lo spartiacque tra ciò che ero e volevano fossi e quello che invece sentivo di voler diventare, così lo è Wo Ai Ni, che segna il confine tra una parte della mia vita e la sua seconda stagione (o forse la terza, la quinta… boh!)
In ogni caso, tralasciando questo lungo e tedioso discorso introduttivo (ma no, lo so che le mie parentesi vi hanno galvanizzatƏ e ringalluzzitƏ), di che parla in soldi spicci questo romanzo di oltre seicento pagine?
Ebbene, siamo a cavallo tra due dinastie importanti per la storia della Cina, la dinastia Sui (che seppur di brevissima durata è l’artefice della seconda riunificazione del paese) e la dinastia Tang (fautrice di uno dei periodi imperiali tra i più gloriosi insieme agli Han e i Ming), quindi tra il 605 e il 626 d.C.
La storia narra le vicissitudini di due anime predestinate, quella del guerriero divino Yixuan e del suo leggendario aiutante mortale Shunzi, ma parla anche della guerra tra l’impero cinese e il Regno di Koguryŏ (che insieme ad altri quattro regni maggiori occupava l’attuale penisola delle due Coree ), di cosa significasse all’epoca (ma forse ancora oggi) per una ragazzina diventare una donna e provare dei sentimenti non convenzionali, come l’ossessione possa sfociare in bestialità, come a volte il concetto di bene superiore possa andare in contrasto il concetto stesso di… bene!
Se state pensando che è un libro un po’ complesso: sì, lo è. Ma è figo, credetemi (me lo dico da solƏ, il che dovrebbe fare di me o un (‘) ottimista o unƏ che ci crede un sacco, ma se non mi fangirlo da solƏ almeno io…)!
Vi lascio la quarta di copertina, per un’idea a tutto tondo, ricordandovi che se sono riuscitƏ a incuriosirvi anche solo un pochino potete venire a fare visita a me e ai tanti appassionati sul nostro gruppo “DramaCinaMente”, dove parliamo liberamente di tutto ciò che ruota intorno a questo favoloso e ancora troppo inesplorato mondo che è il fantasy orientale. E non solo!
Titolo: Wŏ ài nĭ– L’ultimo destino possibile. QUI per prenotarlo.
Autore: C.K. Harp
Editore: Self Publishing
Genere: Fantasy orientale – Xianxia
Copertina: Ilaria Chiocca
Cartine dei regni: Fabio Ramacci
Realizzazione grafica: Maddalena Cafaro
Data di Pubblicazione: 07 aprile – preorder; 12 aprile – uscita digitale; 14 aprile – uscita cartacea
Pag.: 624 ca
Prezzo edizione digitale: euro 3,99
Prezzo edizione cartacea: euro 15,99
Trama
È l’anno yǐchǒu del grande Yangdi quando, sotto gli occhi stupiti della sua promessa sposa, Yixuan cade dalla Collina dei Quattro Saggi e precipita tra le braccia del ragazzo più bello che abbia mai visto. Dell’unico ragazzo che abbia mai visto, in realtà. Suo padre, infatti, gli ha vietato di mettere piede oltre il terzo cielo, pena una punizione memorabile capace di spogliarlo anche dei suoi poteri divini. Tuttavia, osservando il regno degli uomini e il suo nuovo amico, Yixuan si chiede perché. Perché solo a lui, tra tutti gli immortali, è precluso vivere come chiunque? Quali nefandezze ha commesso nella sua vita precedente per meritare quell’esistenza? D’altronde, deve esserci un motivo se il sovrano di giada lo odia al punto da preferirlo morto piuttosto che libero.
In un mondo in continuo mutamento, a pochi anni dalla riunificazione del paese sotto la dinastia Sui, i destini di un immortale e di un semplice ragazzo tornano a unirsi dopo secoli di oblio, in una storia andata perduta nello sconfinato universo ma destinata, forse, a scardinare l’armonia stessa che lo governa.
«Perché è questo che facciamo, Yixuan, non lo hai capito?» lo interruppe Yue Lao, inclinando la testa di lato. «I mortali sono un semplice passatempo, per noi. Lo sono sempre stati, nonostante le grandi aspettative di Fuxia e Nuwa. Ciò che ignoravamo davvero era che il cosmo li avesse previsti e avesse forgiato su di loro l’idea stessa di armonia. Non esiste Yin e non esiste Yang senza di loro.»
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