Martedì mattina
Via Bertani, niente di più triste a fine autunno. Un tappeto di foglie ma ormai fangose, mentre un mese fa erano meglio di un Kilim, con quei rossi e verdi e gialli.
Coda, coda ferma o in leggero movimento, perché le rotatorie che nelle altre città sembrano funzionare a meraviglia a Genova ingorgano. Probabilmente sono i genovesi a non accettare l’idea che non ci sia un criterio oggettivo (semaforo) a gestire la situazione.
Questa è la valutazione che Matteo ha espresso in varie occasioni, concludendo che una rotatoria è un ibrido. Se non lo sa lui che è avvocato…
Anche oggi lo ripete e conclude: — Ci vuole uno sturacessi.
Da quello capisco senza ombra di dubbio che il mio bel cognato è poco tranquillo: di solito preferisce “sturalavandini”.
Lo dice dopo aver scaricato davanti a scuola il figlio grande: sette anni.
Accende una sigaretta e l’autoradio. — Quando ci sono i bambini, non fumo in auto, gli fa male.
Annuisco e ne prendo una dal pacchetto che Matteo mi sta porgendo.
— Anche i notiziari preferisco che non li sentano: solo ammazzamenti e peggio. — Frena all’ultimo momento per non investire un motociclista che si è immesso fidando nella buona sorte. — Dirai che è fare lo struzzo, che è bene che conoscano il mondo… Dannazione, porco mondo, vorrei che mi restassero bambini ancora per un po’.
Ha ragione: il notiziario sta raccontando una rapina finita con il morto ammazzato.
— Vorrei proteggerli, Laura, più che posso. E Lucy la pensa come me.
Annuisco ancora, sperando che cambi discorso e non cominci a parlare di Lucy.
Inutile, la coda è ferma ma il discorso di Matteo procede spedito. — La pensava come me. Da qualche tempo, direi da settembre non è più la stessa.
— Sarà stanca, avrà delle classi difficili o un brutto orario, anche se ha scelto il partime.
Matteo spegne l’autoradio. — Tanto sono solo disgrazie. — Fa una pausa. — Di cosa hai parlato con Lucy?
Conosco Matteo da sempre, anche se non avesse sposato mia sorella sarebbe lo stesso una specie di fratello. Mi ha insegnato ad andare in bicicletta, a tuffarmi con il mare grosso. Mi ha dato il mio primo e unico spinello.
Forse anche il mio primo bacio, ma non ne sono certa, perché dovevo avere sei o sette anni… Doveva essere stato il primo anche per lui.
Come posso mentire a Matteo? Devo. Più per lui che per Lucy. Ma quale sarà la menzogna migliore?
I grandi bugiardi lo sanno sempre. Io no. Quando mento faccio soltanto sfracelli.
— Voleva sapere come stavo. Sa che anch’io ho i miei problemi. — Una bugia e un po’ di verità.
Matteo mi lancia un’occhiata. — Problemi? Ti trovo bene. Un po’ diversa dall’ultima volta, ma bene. Hai di nuovo i ricci.
Oddio, almeno uno li ha notati, mi dico, meglio che niente! Ormai siamo a Corvetto. – Puoi lasciarmi qui, prendo il 18.
— Ma va! Ti accompagno a casa. Tanto ho il primo cliente alle dieci, ho tutto il tempo.
— C’è traffico. — Più restiamo insieme più sarà difficile mentire.
— È un cliente che arriva sempre in ritardo. Ha orari strani e anche piuttosto vaghi, con il lavoro che fa.
Afferro l’occasione. Tutto pur di non approfondire il discorso Lucy. — Che lavoro?
— Pubblicitario. Regista pubblicitario. Strana gente.
— E cosa ci fa un pubblicitario con un civilista?
Matteo ha sempre voluto fare l’avvocato, già da quando eravamo bambini, lo so. Come so che basta instradarlo sul suo argomento preferito, il lavoro, per distoglierlo da tutto il resto.
— Una causa. Hanno affittato una villa per girarci degli spot e ora i proprietari dicono che ci sono stati dei danni non previsti. Perizie e controperizie.
— Ma non erano assicurati?
— Sì, ma sono danni non coperti dall’assicurazione. Du palle! E sono in ansia per Lucy…
Lo blocco. — Di cosa fanno gli spot? Se sono in una villa sarà qualcosa di importante.
— Biscotti. Costano più gli spot dei biscotti. Cercano sempre facce nuove, me l’ha detto. Sapessi quanto parla! — Imbocca Via Serra.
— Puoi lasciarmi qui.
— Ma figurati. Ti accompagno così parliamo un po’. Ti dicevo di Lucy.
Il problema con gli avvocati è che non li smuovi dai loro discorsi. Però tento con un discorso neutro e di sicuro gradito, un tempo la gente, per parlare e non dire, parla del tempo, ora parla del traffico: — Quanto traffico…
Matteo non coglie e, come se io neppure avessi detto “obiezione, vostro onore”, continua: — La vedo strana. Ti ha detto che sta male?
Tutti, in famiglia, siamo abituati alla fissazione di Lucy. Non ci facciamo più molto caso (da anni Lucy scopre di essere malata grave per guarire misteriosamente poco dopo), l’unico a continuare a preoccuparsi è Matteo.
– No. Sai le sue solite cose. Dice che invecchia.
Matteo sorpassa di brutto invadendo la corsia del bus.
— Attento!
Neppure mi sente. — Invecchia? Ma se non l’ho mai trovata così bene.
Anch’io sono dello stesso parere. Pettinatura nuova, trucco pure. Ha anche rinnovato il guardaroba. E perso peso, ma bene.
— Mi nascondete qualcosa, lo sento. Sai cosa sta facendo Lucy quando crede che non la veda? Si guarda allo specchio.
— Noi donne lo facciamo spesso.
— Ho paura che sappia di essere ammalata e si tenga d’occhio.
— Non metterti idee sceme, Matteo.
— E poi scrive bigliettini.
Mi stringo meglio nel giaccone e guardo fuori perché Matteo non possa vedere la mia faccia. Questo è davvero un brutto segno: Lucy, da ragazzina, aveva il vizio di scrivere bigliettini amorosi ai ragazzi che le piacevano. Cose orribili, infuocate dichiarazioni di eterno amore e cose simili. E poi li abbandonava sperando che loro li trovassero. Così io, da brava sorellina, per evitare guai, la seguivo e li toglievo di mezzo. E così Lucy aveva ripreso il vizio di quando era ragazzina.
C’è soltanto da sperare che non li abbandoni a scuola. Alimenterebbero chiacchiere a non finire e risatine.
— Me li scriveva da fidanzati. Ha ricominciato a scrivermeli. Laura, siamo sposati da quasi dieci anni e mi ama ancora così! Deve avere qualche brutto male. Sa che deve morire e vuole lasciarmi prove del suo amore. Come posso fare?
— Calma. Lucy sta bene. Tu stesso mi hai detto che la trovi bene.
— Ma sai, certi malanni sono subdoli.
Subdola è la mia cara sorella. Povero Matteo… — Cosa hai trovato?
>— L’ho qui, me lo porto sempre in tasca. Tieni. — Mi porge un foglietto cincischiato. E recita:
“Caro M, Quanto ti vedo il mio cuore aumenta i battiti.
Ti penso, ti sogno. Voglio fuggire via con te.
Tua per sempre
Lucia”
L’ho sempre detto che Lucy ha pure una laurea ma scrive da cani.
La mia cara sorella! La strozzerei. M. Marco, non Matteo. Per fortuna si è innamorata di uno con la stessa iniziale del marito. — Dovresti essere contento che il matrimonio non ha spento l’amore, la passione.
— Ma sì, ne sono contento. È quel fuggire che mi preoccupa. Io ho il mio lavoro. Ci sono i bambini. Non siamo due ragazzini e neppure due amanti clandestini.
Per poco non mi affogo con la saliva. Comincio a tossire e Matteo continua a guidare tenendo una mano sola sul volante e usando l’altra per battermi sulla schiena. — Meglio?
Annuisco.
— Cosa ti è successo?
Farfuglio qualcosa e lui, approfittando di un semaforo rosso, mi prende le mani. — Promettimi che se sai qualcosa me lo dici per tempo. No, giuramelo!
— È verde. — Mi libero le mani. — Sì, va bene. Ti giuro che se so che è malata ti avverto. — Sperando che il mal d’amore e l’essere fuori di testa non rientrino nei mali che ha in lista il povero Matteo.
— Mi sento meglio, Lallina. Mi hai tolto un gran peso dal cuore.
Invece io me lo sento sempre più pesante. I miei guai, quelli di Lucy. Ora anche quelli di Matteo.
Finalmente Matteo mi lascia sotto casa.

LUCY
Laura è andata via con Matteo.
Matteo ha sempre voluto bene a Laura. Anzi, anche se ha sposato me, è uscito prima con lei che con me.
L’ho tenuto un bel po’ sulla corda, prima di andare a letto con lui, anche se ne avevo una voglia matta, perché volevo essere sicura che non l’avesse già fatto con mia sorella.
Mi sarebbe sembrato vagamente incestuoso.
Separatamente li ho sottoposti ad interrogatori stringenti, cercando di prenderli in contropiede.
Tutta la mia carogneria. Da insegnante.
Laura ha ammesso che una volta si sono baciati. — Mi è piaciuto, ma non mi ha messo voglia di continuare. Non che baci male, ma…
E Matteo? — Certo che sono uscito con Laura. Tu facevi la preziosa… Uscire con Laura era il modo migliore per ronzarti attorno.
Avvocato e tortuoso fin nel midollo. Non ha mollato la presa fin quando non ho accettato di sposarlo.
Lo so, in famiglia, tutti hanno pensato che fosse perché si era sposata la mia migliore amica e vicina di casa.
Mica vero.
Matteo mi ha presa per fame. Abbiamo fatto all’amore, al mare, di notte… Stelle e risacca. Anche freddo, all’inizio.
Dovevamo pur scaldarci! E ci siamo scaldati e come! La spiaggia di Pieve è meglio dei Caraibi. È stato super.
Ma non ha più voluto farlo, il disgraziato, fin quando non accettavo di sposarlo. Gentile, attento, sempre pronto a sentire i miei malanni. Mi ha persino comprato un’enciclopedia medica… L’ho ancora, un po’ logora.
Dicevo… Perfetto. Ma sesso niente.
Da spararlo.
Così l’ho sposato. Matteo è una specie di fratello… Insieme, a letto, è clamoroso. Ma la nostra è stata una storia così poco romantica.
Mi ha mai portato dei fiori? No. Per il nostro ultimo anniversario mi ha regalato l’aggiornamento dell’enciclopedia medica. Per compleanni ed onomastici mai che mi compri una cosuccia sfiziosa, tipo biancheria sexy. No, ha in testa un elenco di negozi e a rotazione mi compra qualcosa. In qualsiasi negozio vada ritorna con un maglioncino blu navy che, secondo lui, va su tutto. Ne ho un assortimento completo: cachemire, cotone, fettuccia, seta. Si sarà mai accorto che li metto una volta sola, per non offenderlo?
Frasi appassionate? No. Mi chiede sempre come sto, come mi sento… È ossessionato dalla mia salute. Certo se mi ammalo chi manda avanti la casa e due figli? La donna che viene qualche ora? La ragazza che tiene il piccolo?
Una donna vuole sentirsi dire parole d’amore.
Voglio una storia romantica, un uomo che mi faccia sentire unica, viva.
Voglio Marco. È arrivato. È stato un fulmine. Gli sono caduta addosso scendendo dalle scale. Perché ero girata indietro a rimproverare un mio studente che voleva lasciarsi scivolare sul corrimano. Che se poi si fanno male devi accompagnarli in pronto soccorso e compilare i moduli dell’assicurazione. Così gli cado addosso. A Marco, non allo studente.
Ci districhiamo. Mi solleva, mi guarda. Abbozza un sorriso, manda indietro il ciuffo.
Il cuore mi è saltato in gola, non per lo spavento della caduta: sarò caduta non so quante volte da quella scala e al massimo mi sono rotta i collant. Ma quel giorno avevo i jeans e quindi pericolo scongiurato. Ormai neppure colleghi e personale vario ci fanno più caso. Gli studenti men che meno.
No! Il cuore mi è saltato in gola quando mi ha detto (che voce!) — Tutto bene?
Ho articolato solo un “Sì” modello deficiente. Io che non perdo mai la parola. Sono sempre stata la faccia di bronzo di famiglia.
Mica ho visto subito la fede al dito.
Ma non sarebbe cambiato niente: al cuore non si comanda.
Invidio mia sorella Laura. Lei sì che ha una vita semplice. Non si è legata mani e piedi a un uomo aromantico (non è un errore di stampa, a privativo: senza romanticismo). Laura non ha fatto due figli. Che poi farli mi è piaciuto (neppure sono stata male in gravidanza e anche il parto non è stata quella faccenda drammatica che mi avevano detto quelle ci erano passate, forse perché avevo fatto il corso, obbligata da Matteo che a quelle cose lì ci crede). Dicevo, i due dannati (dannati? Basta pensare a quanto sporcano e a quanto mangiano, senza parlare del casino che fanno) sono la luce dei miei occhi. Ma quando una ha due figli dovrebbe rassegnarsi ad essere spettatrice delle storie altrui.
Io non mi rassegno!
Laura se ne è andata con Matteo. Lo so, quei due si trovano così bene insieme che c’è da chiedersi perché non si sono sposati loro due.
Però Laura mi sembrava strana…
Sarà normale? Nel senso eterosessuale.
Ma cosa vado a pensare! Ho appena il tempo di vestirmi e truccarmi per andare a scuola. Fino a poco tempo fa mi truccavo solo in occasioni speciali, ormai tutti i giorni possono essere speciali.
So gli orari di Marco, so i giri che fa…
Mi basta vederlo per sentirmi rimescolare dentro.
Mi guardo allo specchio. Mi sono comprata un reggiseno di quelli che aumentano il seno e te lo fanno alto e sodo. Matteo l’ha visto e ha commentato che non mi serve, il mio seno gli piace come è. E comunque, dice, mi dà un’aria fasulla.
Aria fasulla o no, con sopra il maglioncino di cachemire strizzato (arancio non blu navy) faccio la mia figura anche se ho allattato due figli.
Avevo anche pensato all’allattamento artificiale, ma tutti in famiglia, quando l’ho detto, mi hanno chiesto se stavo male. Poteva essere, secondo loro, l’unico motivo per non fare una cosa così naturale… Mia madre ha commentato che le tette ci sono per quello, non per girare in topless.
Ora non vorrei dare l’idea che mia madre sia bacchettona. Tutt’altro. In topless, quando siamo andati tutti in Grecia, ci si è messa pure lei. (A pensarci aveva anche qualche annetto più di quelli che ho io)
Ecco, dicevo, a Laura nessuno ha mai chiesto se sta male quando fa quello che cazzo vuole.
Eppure, io sono la maggiore, dovrei essere la più autonoma.
No! Lo dicono tutti che i secondogeniti hanno la strada spianata dai fratelli, o sorelle, maggiori.
Lo specchio mi rimanda una ragazzina, maglia striminzita arancio (di moda) (fra l’altro Matteo mi regala sempre maglioncini molto abbondanti), calzoni fustagno verde militare, cinturone. Non un anno più di venti… Diciamo venticinque perché la tenuta Aspesi una ventenne non se la può permettere.
A Marco ho detto che l’ho comprati in Piazza Palermo, al mercatino, ma non è vero. Sono Aspesi autentici.
Una follia.
Laura li ha visti nell’armadio. — Belli. Aspesi?
— Fasulli.
— Non dire cazzate. — Laura ha un modo di sparare certi commenti che è peggio di un plotone d’esecuzione nazi. Senza ripensamenti né rimorsi.
— Non dirlo a Marco.
— Perché dovrei?
Ecco, mia sorella è così. Anche se non so come è il suo così. Ora che ci penso che sia davvero dell’altra sponda? Da anni non mi parla di un uomo. A pensarci saranno almeno quattro o cinque. E prima quella gran amicizia con Pupa, altra strana. Amicizia di colpo interrotta. Una volta che ho osato indagare un po’ sui motivi della rottura per poco non mi si affoga con la saliva. (So che le capita quando è agitata e ha paura che le scoprano qualche altarino.)
A pensarci da anni non parla nemmeno di uomini. Nemmeno di sesso. Che si vergogni di dirmi che ha scoperto di amare le donne? La prima volta che mi ricordo le chiarisco le idee. Le vorrò bene comunque. E non c’è niente da vergognarsi.
Controllo il trucco allo specchio. Il rossetto non è dell’esatta sfumatura di arancio della maglia, ma ne avevo comprato uno giusto e non ricordo dove l’ho lasciato. Forse in negozio dopo averlo scelto e pagato.
Tutti segni di innamoramento.
L’amore fa perdere il ben dell’intelletto.
Chissà come è innamorarsi di una donna? No, come è innamorarsi di una persona dello stesso sesso.
Non una questione di tecnica amatoria, con un po’ di volontà i problemi sono risolvibili… No, parlo di amore amore, non amore sesso.
Boh, non deve essere il massimo. Almeno a vedere Laura. La povera Lallina ha una faccia da far paura. Verde.
E si veste in modo così squallido!
Dove li trova quei tailleur, già la parola fa ridere, con mocassini mezzo tacco… Da quando è che veste in modo così vecchio?
Almeno qualche mese… Due o tre anni… Da quando ha quel lavoro nuovo, quello dei brevetti.
I camperos saranno anche belli, intonati ai miei calzoni, ma infilarli! L’unica è sedersi sul tappeto, schiena contro il muro e fare forza.
Ora sudo e mi si rovina il trucco, anche se sul fondotinta ho messo pore minimizer di Clinique. Una specie di cipria in crema che evita il lucido. Però ne devi mettere un niente altrimenti evidenzia le rughe. Non che io abbia le rughe, per carità, ma segni di espressione.
Ho chiesto a Laura se si occupano anche di brevetti cosmetici, perché non ho ben capito il suo lavoro. Penso che non l’abbia capito neppure lei di cosa si occupa. Lavora e prende lo stipendio. Tanto le basta. La mia Lallina è sempre stata la cima di famiglia, ma per gli studi, non per altro. Di fronte alla vita vera è di uno spiazzamento totale… Capace che le fanno brevettare una bomba e manco se ne accorge, tanto l’affascina l’aspetto tecnico del brevetto.
Che si sia convertita all’altra sponda per le difficoltà tecniche di farlo con una persona dello stesso sesso? Che, detto fra noi, non deve essere poi così semplice.
Ma…
Una volta le ho chiesto, per cercare di capirci un po’ di più (sul suo lavoro, non sulla sua vita sessuale) se si occupano di brevetti cosmetici. Mi ha detto di no e sembrava anche un po’ incazzata (forse glielo avevo già chiesto altre volte, ma con lavoro, casa, marito e due figli una perde anche la ragione). Si occupano di brevetti industriali, tipo temporizzatori per caldaie, regolatori a farfalla per turbine…
Probabilmente ha continuato per un bel po’ ma ho smesso di ascoltarla. Per me è arabo.
Più ci penso, più sono convinta che Laura abbia cominciato a diventare squallida quando ha preso quel lavoro.
Come se fosse stato il lavoro a prendere lei.
Ho le chiavi? Controllo. Sì. Il cellulare? Ecco quello lo scordavo. A scuola non si può tenere acceso e mi pare giusto perché disturberebbe il normale svolgimento dell’attività didattica, io lo tengo acceso lo stesso: lo fanno anche i miei studenti e perché io no? Metto il vibratore.
Che nome per un tipo di suoneria? Perché, in fondo, è un tipo di suoneria, che non suona.
Ecco, ora io sono qui e quella non è ancora arrivata e ora faccio tardi a scuola. Un uomo questi problemi non li ha: il piccolo ha avuto la bronchite. Di asilo nemmeno parlarne fin quando non ne è fuori del tutto.
E quella che viene a darmi una sistemata alla casa, mica tanto eh? Due mattine la settimana per un totale di sei ore. Quella, dicevo, intanto mi dà un’occhiata al piccolo.
Perché non suona? Volevo arrivare a scuola dieci minuti prima. Marco è in sala insegnanti, ha l’ora buca… Le donne nell’ora buca hanno da fare la spesa, passare in lavanderia, andare alla posta. È un’ora buca per modo di dire: gli uomini conversano o leggono il giornale. A volte stanno seduti con lo sguardo fisso nel vuoto, da intellettuale.
Quando lo fa una donna capiamo che è così stanca che non riesce a respirare e ci teniamo pronte per la maschera ad ossigeno.
Marco conversa, con pacatezza e competenza. Forse un caffè insieme.
Ecco, suona.
Ho tutto? Ecco, dimenticavo le verifiche che ho corretto stanotte. Ogni due settimane mi arrivano due pacchi sulla testa. Di notte, le correggo di notte. Certo che mi vengono le occhiaie e devo passarmi il correttore. Bella questa, devo dirla alla mia amica: “Se non correggessi, non dovrei usare il correttore”. Chissà se la capisce. Capisce le battute sempre in ritardo.
Se faccio presto non arrivo in ritardo.