Lisa Laffi è laureata in Conservazione dei Beni Culturali e vive a Imola dove fa l’insegnante. È autrice teatrale e di saggi di storia. Con Tre60 ha pubblicato i romanzi storici L’ultimo segreto di Botticelli (2019), La regina senza corona (2020) giunto al secondo posto al concorso indetto dalla rivista Robinson come migliore biografia del 2020, L’erborista di corte (2022) e La dama dei gelsomini (2023). Ha vinto i premi «Verbania for Women», «Alberoandronico» e «Terra di Guido Cavani».
Due righe per presentarti?
Sono laureata in Conservazione dei Beni Culturali, quindi “nasco” come archeologa, ma durante la laurea ho iniziato a scrivere alcuni articoli per un giornale di Imola, dal quale poi sono stata assunta. Da semplice giornalista sono diventata redattrice e poi caporedattrice, ma il mio grande amore era un altro: l’insegnamento. Oggi sono docente di Lettere alla scuola secondaria di primo grado e autrice per le case editrici Tre60 e TEA. Ai miei lettori cerco di proporre viaggi nella storia e nell’arte ricchi di colpi di scena e ai miei studenti tento di trasmettere l’amore per la lettura e la scrittura. Quest’ultimo è un sentimento nato in tempi relativamente recenti anche dentro di me, perché quando avevo la loro età scrivere mi terrorizzava. Oggi voglio far capire loro che la scrittura non è un mostro che divora, ma un bellissimo mondo in cui immergersi.
Che genere scrivi?
Ho sempre scritto romanzi storici (“La regina senza corona” è arrivata anche al secondo posto nel concorso indetto da Robinson, il supplemento culturale de La Repubblica, come miglior biografia del 2020), ma con “La morte dipinta” ho aperto le porte al thriller.
Come scrivi? Penna e quaderno? Tecnologia a tutto spiano?
Scrivo rigorosamente con il computer. La struttura del romanzo è nella mia testa e so che i paletti posti dalle evidenze storiche vanno rispettati nel romanzo storico e i fili della storia che costituiscono il fulcro nel thriller vanno riannodati, pena la delusione del lettore. Cerco di farlo sempre, ma ho bisogno che la mia mente sia priva di una scaletta per potermi stupire e creare colpi di scena che sono quanto io stessa cerco in un romanzo.
Quando scrivi? Sei un’allodola, o una civetta (non equivocare)?
Ultimamente, mi sento più che altro una vecchia cornacchia spennata. A parte gli scherzi, non sono né allodola né gufo, perché ho iniziato a scrivere sfruttando il sonnellino pomeridiano dei miei bimbi dalle 14 alle 16, e spesso dico che i miei romanzi sono frutto dei loro bei sogni.
Coinvolta sempre in quello che scrivi, oppure distaccata?
Molto coinvolta. Umberto Eco diceva che leggendo si possono vivere mille vite, ma scrivendo ancora di più! Lo dico perché durante la stesura mi metto nei panni dei miei personaggi e cerco di chiedermi cosa avrei fatto io al loro posto, nel loro mondo e con il loro background. Cerco di darmi la risposta più credibile e poi scrivo, ma così facendo mi faccio davvero coinvolgere e divento, di volta in volta, erborista, regina, condottiero, scultore, ma anche – se penso a “La morte dipinta” – direttrice di un famoso museo italiano, fotografo e personaggi dalle tinte fosche…
Scaletta ferrea, o sturm und drang?
Assolutamente sturm und drang. C’è da dire che, quando scrivo romanzi storici sono le fonti e le vite degli uomini e delle donne che tratteggio a darmi una sorta di scaletta. In generale amo l’emozione del mettermi al computer e partire per un viaggio che non so bene dove mi porterà.
Metodica nella scrittura, oppure “quando-posso-non-so-se-posso”?
Mio malgrado “quando-posso-non-so-se-posso” perché la mia vita in questo periodo è un po’ caotica ed è fatta di figli, lezioni e verifiche a scuola, Consigli Comunali (sono stata eletta nel settembre del 2020) e… un trasloco. Però mi sono data una deadline per la consegna del romanzo a cui sto lavorando da tre anni e ora cercherò di essere più metodica perché voglio raggiungere l’obiettivo.
Pubblichi con una casa editrice (o più di una), oppure sei un self puro? O metà e metà?
Pubblico da sei anni con Tre60. Dopo un paio di anni, TEA propone tutti i miei romanzi anche in versione economica, così i lettori possono leggerli al prezzo che preferiscono. “La regina senza corona” è uscito da poco anche in audiolibro ed è meraviglioso sentire le gesta di Margherita d’Asburgo attraverso la voce della bravissima doppiatrice Alice Bertocchi. Spero che lo stesso destino tocchi anche a “La morte dipinta”, che trova nelle librerie fisiche e online dal 27 settembre.
Ti servi di beta reader e di un/una editor, prima di mandare il testo alla casa editrice?
No, mi affido totalmente alla casa editrice. La editor che mi segue ormai da sei anni è la bravissima Chiara Ferrari, che sottopone i miei romanzi a più giri di editing. Poi la casa editrice ha anche delle correttrici di bozze che fanno sul romanzo un ultimo controllo.
I social: li usi per far conoscere e promuovere i tuoi libri?
Cerco di fare quello che posso, ma combatto in continuazione con due nemici: la scarsità di tempo e la timidezza. Su Instagram ce n’è anche un terzo, cioè la scarsa competenza, ma alcune mie alunne mi stanno dando lezioni!
Quali sono i tuoi preferiti? Perché? Quali riscontri hai notato?
Amo più Facebook di Instagram, perché posso fornire e ricevere un maggior numero di informazioni e ha un “linguaggio” che mi appartiene maggiormente. Instagram è più votato alle immagini e ai video e io non sono mai riuscita a vincere la ritrosia che mi viene quando tento di farne uno.
Hai una newsletter? Se sì, ogni quanto invii un aggiornamento?
No, non ho una newsletter, perché non avrei modo di seguirla e ho sempre pensato che è preferibile non fare una cosa se si sa già in partenza di non poterla fare bene.
Hai un sito web? Se sì: è home made, oppure ti sei rivolto a un/una professionista?
Sì. Non è fatto da un professionista e risale a tanti anni fa. Ora è tempo di dare una bella spolverata a quell’ambiente che non è particolarmente dinamico, ma è una piccola vetrina che fa capire chi sono e cosa faccio.
Progetti per il futuro?
Far conoscere “La morte dipinta” che è il mio primo thriller. Per me è tutto nuovo in questo mondo di sangue e passioni. Poi tornerò al romanzo storico. L’obiettivo è di finire il libro a cui sto lavorando da tre anni entro marzo 2025. Avrà come protagonista un’altra grande donna, ma non posso svelare di più.
Milano, oggi. Artemisia Gentileschi, trentaquattrenne direttrice del prestigioso museo Poldi Pezzoli, ha una carriera avviata e una vita apparentemente tranquilla dedicata al lavoro e alla cura del suo cane, Caravaggio. Ma il sogno di una normale routine va in frantumi quando, durante l’allestimento di una mostra con un famoso fotografo, Sebastian Garcia, Artemisia riceve alcune lettere anonime accompagnate da foto agghiaccianti. Qualcuno ha ucciso due persone e le ha utilizzate come macabri burattini per raffigurare, a modo suo, “La Calunnia” di Botticelli, e ha già preannunciato nuovi omicidi “ispirati” ai capolavori dell’arte. Paralizzata dall’orrore, Artemisia sprofonda nuovamente in un incubo che appartiene a un passato doloroso… Philadelphia, 2005. Artemisia è soltanto un’adolescente quando sua madre, Katherine, viene trovata morta in una lugubre raffigurazione del dipinto “Venere, Marte e Cupido” di Piero di Cosimo. Il primo sospettato è il marito, Pete Gentileschi, professore di Storia dell’arte, subito scagionato grazie all’alibi fornito dalla figlia. Ma l’omicidio resta senza un colpevole… Milano, oggi. Artemisia parte per Philadelphia in compagnia di Sebastian: sente di essere l’unica che può aiutare la Polizia a fermare l’assassino, e non ha mai dubitato dell’innocenza del padre. Ma il killer di Katherine è tornato a uccidere o si tratta di un imitatore? In una sorta di caccia al tesoro ingaggiata da lui come un gioco funereo, riuscirà Artemisia a fermarlo prima che porti a termine la sua ultima opera d’arte?
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