Torna Federica D’Ascani con una nuova recensione.

Titolo: Una cosa pericolosa.
Titolo originale: A dangerous thing.
Autore: Josh Lanyon.
Traduttore: Chiara Beltrami.
Lunghezza: 238 pagine.
Editore: Triskell Edizioni, Collana: World / Rainbow / Mystery.
Genere: M/M.
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In preda al blocco dello scrittore e frustrato dalla sua problematica relazione con Jake Riordan, fascinoso ma non ancora dichiaratamente gay detective della polizia di Los Angeles, il libraio e scrittore di gialli Adrien English decide di andare a trascorrere un po’ di tempo a nord, nella tenuta lasciatagli dalla nonna materna, dove trova un cadavere ad attenderlo nel vialetto d’ingresso. All’arrivo dello sceriffo, però, il corpo è scomparso e Adrien si trova ancora una volta a improvvisarsi investigatore. Ma quando la situazione si fa pericolosa e potenzialmente letale, Adrien è costretto a rivolgersi a Jake.
Jake potrà avere le idee confuse riguardo a un mucchio di cose, ma è disposto a tutto pur di tenere in vita l’uomo per il quale sta cominciando a provare qualcosa.

Una volta che ne leggi uno, non puoi sottrarti al fascino del secondo. È così che la mia mente mi ha spronata a cliccare sul tasto “compra con un click” appena terminato “Ombre Fatali”. Come se la D’Ascani avesse bisogno di questi mezzucci per acquistare un thriller, insomma…
Quindi, credo che possiamo partire da dove ci eravamo interrotti. Adrien English, che non è un figo, ma si comporta come se lo fosse (e in verità più vado avanti nella serie e più trovo il suo personaggio estremamente intrigante, ma andiamo con ordine, non vorrei rovinare la fase della scoperta) è di nuovo alle prese con un cadavere, anche se questa volta fantasma. Ora c’è, ora non c’è: chi sarà? E soprattutto, che fine avrà fatto? E perché Adrien sembra una sorta di Jessica Fletcher in chiave MM?
Ho acquistato “Una cosa pericolosa” la cui lettura è durata ancor meno del primo, nonostante la storia sia più o meno bella e intensa come in Ombre. Il discorso della serie di Mr Englsh, però, è che una volta che sei entrato nelle spire del suo mistero, difficilmente ne esci incolume.
Per esempio.
Per tutto l’inizio del libro tu non vedi Riordan, lo cerchi, lo annusi, lo gratti come fosse un micio che si diverte a nascondersi dietro alla tenda, ma non lo vedi. Sai che c’è, ma in effetti lo vivi di riflesso ed è proprio questo riflesso a fare in modo che la tua passione per il personaggio divampi. Gli occhi di English sono così colmi di “insicura sicurezza” che tutto, del suo cuore e delle sue pulsioni, si proietta nella tua anima…
Sto diventando troppo sdolcinata? Ok, mi ridimensiono. È che questo Lanyon sa il fatto suo!
Bene: rewind.
Abbiamo lasciato Adrien alle prese con uno stalker. Lo abbiamo lasciato provato fisicamente e moralmente, ma con un sorriso sulle labbra che la dice lunga sul suo cuore e sul battito mancato che non ha nulla a che fare con la sua malattia. Jake Riordan palpita nella sua gabbia toracica come se un gruppo di aborigeni stesse danzando selvaggiamente nel profondo delle foreste pluviali e non c’è nulla che possa togliere dalla testa dello scrittore gli occhi nocciola del detective o quel fisico che DG è un ragazzino brufoloso di primo liceo. Lo so ragazzi che sto diventando di nuovo melensa, ma con questi due è impossibile non cedere. Nonostante il detective sia un duro, si capisce lontano tre chilometri quanto il rapporto con lo scrittore lo prenda via via che i misteri si infittiscono e che  nuove morti si gettano come pesci sul loro cammino e, se da un lato Adrien sembra la parte remissiva della pseudo coppia, che poi di coppia non ha nulla, dall’altra il vero macho è proprio lui: English. Perché se c’è una cosa che Lanyon fa bene, in questo secondo episodio, è far capire quanto la forza non è determinata dalla rudezza del carattere bensì dalla sicurezza del proprio essere. Adrien sa chi è e cosa vuole ed è lui, alla fine, che determina l’andatura di una relazione che solo in superficie è soggetta al valore dell’uomo alfa, il superfighissimo agente Riordan, appunto. Anche qui la parte thriller è ben confezionata, anche se non all’altezza del primo episodio;  di contro  abbiamo tanto di quel batticuore da fregarcene ampiamente di assassini e cinesi sfruttati in una miniera di fine ‘800, diciamolo. Come l’ansia di sapere se Riordan cederà in quel caspita di letto: mai nella vita. Memorabile il primo bacio, così come il primo approccio sessuale vero e proprio, degno della notte al ballo studentesco di quegli sbarbatelli americani che vivono la propria adolescenza solo per quel momento (l’equivalente del nostro primo cinema al multisala, insomma). L’unica pecca è che Lanyon non è italiano e che quindi, dati i miei limitati mezzi di comprensione della lingua inglese, mi tocca (e ci tocca) attendere che la santa Triskell faccia tradurre a una delle sue bravissime traduttrici (brava la Beltrami, qui, specialmente nella fase storico descrittiva e nei dialoghi tra i ricercatori: non deve essere stato per nulla facile) il terzo episodio della serie. La tentazione di leggere in lingua i seguiti c’è, ma poi dovrei stalkerizzare la mia prof di inglese e dubito sarebbe contenta di vedermi di nuovo bussare alla sua porta dopo tutti questi anni in cui credeva di avermi definitivamente archiviata.
Quattro stelle anche in questo caso. La quinta ce la siamo giocata sul filo di lana, ma abbiamo altri tre romanzi per recuperare!