Esistono molti modi di raccontare una storia. Facendo leva sui sentimenti, sull’impatto emotivo che azioni eroiche (o efferate) possono suscitare nel lettore, sul fascino e la simpatia dei personaggi, o sulla loro natura ignobile, diabolica.
Oppure si può concentrare l’attenzione sull’ambientazione, creando un’atmosfera capace di rapire, di inglobare chi legge, rendendolo protagonista a sua volta, di fargli sentire sulla pelle il calore di un sole che non ha mai brillato, il refrigerio di pioggia mai caduta, e stordire i suoi sensi più nascosti con fragranze fatte di nulla, melodie mute, panorami invisibili.
Poi c’è la Storia, quella reale, conclamata, scritta dai vincitori o dai vinti, poco importa, o forse sì. Allora il compito dello scrittore diviene ancora più arduo, perché si tratta di amalgamare in modo sapiente la verità dei fatti con l’artificio letterario, in un’alchimia che inganni senza darlo a vedere, che seduca e incanti e incida nell’animo del lettore un solco profondo e indelebile, facendo sì che egli concepisca gli eventi storici e la vicenda romanzesca come un’unica, inscindibile chimera.

HHhH(acronimo del tedesco Himmlers Hirn heißt Heydrich, cioè «il cervello di Himmler si chiama Heydrich») è una storia impossibile da raccontare, come impossibile sembrava Anthropoid, la missione che ne è il fulcro letterario: l’assassinio dell’uomo più pericoloso del Terzo Reich, l’incarnazione stessa del Nazismo, il suo Alfiere più splendente e oscuro.

11909728_10206990259822619_579333607_nReynard Heydrich, braccio destro di Himmler, ideatore della ‘Soluzione finale’, era davvero la quintessenza più velenosa che la Germania di Hitler avesse potuto augurarsi di distillare. In lui confluivano le caratteristiche fisiche della più pura razza ariana, unite a un’acuta abilità burocratica, una comprovata intelligenza criminale e alla più disumana mancanza di empatia, tutti requisiti necessari per dare il via a un eccidio senza possibilità di misericordia.

Laurent Binet sfida questa storia impossibile, questa storia delle storie. Della Bestia bionda, del Macellaio, del Boia di Praga, della ‘peggiore creatura mai forgiata dal fuoco ardente dell’inferno’, e dei due ragazzi che lo fermarono, stroncando la sua vita nel momento in cui il suo astro oscuro stava compiendo la sua parabola più sublime.

Decide di raccontare ciò che non può essere raccontato, perché quando una storia è così intrecciata alla Storia non c’è speranza di rendere giustizia né alla finzione, né alla realtà. Qualcosa deve essere sacrificato. Ma è proprio di sacrificio che si parla qui, e forse è per questo che Binet vince la sfida.

Le sue parole ripercorrono gli eventi storici con spietata lucidità, feroce rigore. Nessun compiacimento, nessuna concessione alla morbosità troppo spesso dedicata agli studi sul nazismo. No, non serve alimentare la fornace dell’orrore e del raccapriccio, quando bastano i fatti nudi e crudi. Un affresco storico, dunque, che segue Heydrich dall’infanzia fino a quel fatale giorno di maggio, sulla curva di via Holesovickach, e all’incontro con Jan Kubiš e Jozef Gabčík, i due paracadutisti inviati da Londra per ucciderlo.

La Storia si dipana come un serpente sinuoso, come la Mercedes nera che guizza sulla strada, e pagina dopo pagina le emozioni emergono, come immagini d’argento sbalzate nel buio della notte, fantasmi evanescenti eppure straordinariamente vividi, brandelli di esistenza forse solo immaginata, ma veri come la vita, forse ancora di più.

11913095_10206990259782618_2060221227_nSpiccano il volo, quelle anime palpitanti, quei frammenti di giovinezze infrante, di un futuro negato, sacrificato a un bene incommensurabile. La Storia rispecchia se stessa nel sorriso buono di Kubiš, nello sguardo acuto di Gabčík, riecheggia nei sussurri delle notti di Praga, nei progetti confidati nel buio, i progetti che solo i giovani possono accarezzare, nella piena consapevolezza di non avere che una speranza su mille di sopravvivere alla propria missione.

Siamo così vicini ai due ragazzi, e ai loro compagni, che quando le settecento SS circondano di chiesa di San Cirillo e Metodio, nella cui cripta il commando si è rifugiato per un’ultima, disperata difesa, è troppo tardi per lasciarli. E come potremmo? Nel fragore delle mitragliatrici che polverizzano le vetrate, nel boato delle bombe a mano, nel buio polveroso della cripta inondata d’acqua, dai gas lacrimogeni, come potremmo lasciarli soli, dopo che si sono dimostrati così coraggiosi?

È troppo tardi per noi, per loro, per chi li aiutò, per il villaggio di Lidice cancellato dalle carte geografiche per rappresaglia, per i partigiani, e tutti gli innocenti senza il proprio nome sui libri di Storia, che pure hanno vissuto, e lottato, e sofferto mentre l’Europa e il mondo cadevano a pezzi. Tutta ‘quella gente che esiste, anche se nessuno ne parla’.

Ci sono storie che non possono essere raccontate, semplicemente perché è impossibile mettere loro la parola ‘fine’. Forse è solo questo il segreto dell’immortalità, quel riecheggiare eterno di segreti sussurrati, il fruscio di ombre disorientate che viaggiano verso il confine della notte sfiorandosi, sorridendosi, riconoscendosi, a volte.

OoO

Titolo: “HHhH – Il cervello di Himmler si chiama Heydrich”.
Autore: Laurent Binet.
Traduzione: Margherita Botto.
Editore: Einaudi, Collana Frontiere Einaudi.
Prezzo: euro 17,00

http://www.ibs.it/code/9788806207533/binet-laurent/hhhh-cervello-himmler.html?gclid=CjwKEAjwjYCvBRC99sSm_frioAwSJACrKuPChmjr074azGGb6POcRz2exo81lfV-uuvPKWjKbFsnuxoCU8Pw_wcB

Attualmente sono in corso le riprese del film Anthropoid, tratto dal romanzo di Binet, per la regia di Sean Ellis. In questa pellicola Kubiš e Gabčík saranno interpretati rispettivamente da Jamie Dornan e Cillian Murphy (ndr).

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