Michela Belli è nata a Napoli il 21 giugno 1982. É laureata in lingue e letterature dell’Europa e delle Americhe presso l’Istituto Orientale di Napoli. L’accompagna da sempre una passione sfrenata per Virginia Woolf e Vasco Rossi. Attualmente vive a Follonica, Maremma Toscana, dove gestisce un hotel con la sua famiglia. Vive un felice matrimonio ed è la mamma orgogliosa e perdutamente innamorata di Virginia.
Ho scritto la prima stesura di questo libro nel 2008.
In origine era ambientato sulla costa orientale degli Stati Uniti. Eva non era la secondogenita di immigrati in Toscana, ma di immigrati in America. In questo contesto, il suo conflitto interiore tra il gene italiano e l’essere nata in USA era molto più marcato e paradossalmente, da scrittrice, più facile da gestire. Questo è un aspetto che mi ha sempre affascinato molto: essere sempre un po’ nella terra di mezzo, quando si è figli di immigrati. Conosco molti italo-americani cresciuti in famiglie dove si parlava un strano slang di inglese mescolato a forme paradialettali italiane. Ho studiato lingue e forse per questo sento con particolare sensibilità l’argomento immigrati e lo switch sia linguistico che culturale dei figli. Bene, su scala ridotta è quello che accade ai figli di molti immigrati meridionali qui nel nostro paese e, in verità, è forse ancor più interessante osservare questo fenomeno a casa nostra.
Dopo aver sottoposto la prima stesura alla lettura di un’agenzia letteraria, mi è stata consegnata una scheda tecnica che a prima vista sembrava demolire su tutti i fronti il romanzo. Leggendo con maggiore attenzione invece, c’erano moltissimi spunti che hanno reso a mio parere la storia molto più interessante. Per prima cosa l’agente mi consigliò di migrare la storia nel nostro paese, perché anche se avevo fatto molte ricerche ed ero cresciuta a pane e “Gilmore girls”, è pur vero che non tutti sono Proust, che ha potuto scrivere “Alla ricerca del tempo perduto” senza mai uscire di casa.
Gli altri consigli sono stati: approfondire la presenza dell’espediente metaletterario del romanzo nel romanzo. Questo è stato un aspetto parecchio ostico del lavoro. In primo luogo non volevo rischiare di annoiare il lettore ideale del mio romanzo (che è un chick lit) con l’intrusione di una storia thriller e, in seconda istanza, non avevo mai provato a scrivere thriller in vita mia.
E dulcis in fundo, mi è stato consigliato, con particolare veemenza devo dire, di approfondire la figura di uno dei personaggi che per me non era all’inizio così centrale: il nonno.
Mi sono ritrovata così a dover riscrivere l’intero romanzo, per circa un anno e mezzo, forse due, considerando tutte le mie innumerevoli, storiche pause da “nonvoglioscriveremaipiùnonsonounascrittricecosavoletedame”. Ho deciso che era arrivato il momento per Eva di uscire dal mio computer quando ho capito che non sarei riuscita a scrivere più niente fino a quando non avessi lasciato andare lei. Da lì, la scelta del self publishing, dopo aver ricevuto svariate decine di proposte editoriali con contributo spese come qualsiasi scrittrice esordiente che si rispetti. Dopo la pubblicazione, sono arrivate le prime recensioni e poi i contatti con i blogger che mi hanno lasciata entrare e che non potrò mai ringraziare abbastanza. Porte in faccia pochissime, per ora.
Il primo personaggio a venir fuori è stato Eva, poi subito dopo, ho pensato a Gabriele, Veronica, Christian e al nonno. Per tutti gli altri, invece, il processo è stato più tecnico, più tipo a questo punto della storia chi serve? Chi può aiutare Eva a far emergere questa cosa? Chi quest’altra? Mi è stato chiesto da tutti se il romanzo fosse autobiografico. È una domanda di rito, lo capisco. Per quel che mi riguarda, non lo è. O meglio, diciamo che nel profondo comprendo (per il gioco degli specchi) diversi aspetti di ognuno di loro, ma non esistono nella mia vita reale corrispettivi a tutto tondo dei personaggi. Veronica per esempio, la migliore amica di Eva, nasce dal confluire della personalità di tre donne reali che io amo particolarmente in un unico personaggio.
Analogamente Christian e Gabriele, i due personaggi maschili, sono la somma totale di tutto l’universo maschile che mi ha circondata fino ad oggi. Nel bene e nel male. Nel particolare i due protagonisti maschili rivestono l’ideale universale, o quasi, di perfetto prototipo maschile. Uno per il suo carisma, l’altro per la sua genuinità e la sua capacità di restare. Sembrano essere entrambi la scelta perfetta per la nostra amica Eva. Chi l’avrà vinta?
Per concludere, mi piace pensare che “Eva e l’Assoluto” sia una piccola novella picaresca perché, in definitiva, è un libro di scoperta di sé. Incontriamo la protagonista in un momento preciso della sua vita. Appena poco dopo la laurea, alle prese col suo primo lavoro che, come il nostro paese ci ha abituati, gravita intorno a ciò che Eva sogna, ma non è ciò che lei sogna. La incontriamo e scopriamo piena di mille interrogativi in quel momento della vita in cui ancora ci si può permettere di avere un’unica grande certezza: non esistono compromessi. La lettura si snoda quindi tutta intorno a un unico interrogativo principale, che permea però ogni aspetto della storia: riuscirà la nostra Eva a concludere la sua ricerca dell’assoluto?
Mi auguro che qualcuno di voi lo voglia scoprire con me.
Buona lettura.
Michela
Eva, dolce e scorbutica, fragile e determinata, piena di casini e contraddizioni fino all’inverosimile. La sua sconclusionata vita ruota intorno ad una serie di certezze assolute: un grande amore impossibile, la sfida di un’amicizia viscerale con un uomo, che prova come sia possibile essere amici nonostante il sesso, una sorella sempre più perfetta di lei, un padre totalmente insoddisfatto di sua figlia, un lavoro che sembra scelto per accrescere la sua depressione, una passione sfrenata ma non corrisposta per la letteratura, la grande ambizione o piuttosto il desiderio legittimo di realizzare se stessa e i suoi sogni.
Insomma il mondo regolarmente incasinato di una ragazza di oggi. Tranne scoprire che niente è come sembra: la vita non è fatta di bianchi o neri, né di situazioni o sentimenti immutabili. Al contrario, tutto è un continuo divenire e lei dovrà confrontarsi con delusioni e sorprese, con prove di forza e prese di coscienza delle proprie debolezze mentre procede nella ricerca della sua strada.
L’unica, assoluta certezza è che non ci sono certezze! Non può sapere cosa le riserva il futuro, può solo andargli incontro con la consapevolezza di aver seguito il suo cuore.
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