Giorgia Lepore, una Sabot-autrice alla corte di re Massimo Carlotto. I suoi due romanzi noir, I figli sono pezzi di cuore e Angelo che sei il mio custode, sono letture da non perdere. Parola di Cetta De Luca.

Ho incontrato, virtualmente e personalmente, Giorgia Lepore poco tempo fa. In autunno mi sono ritrovata a commentare il post di un’amica (reale), fine lettrice e scrittrice, che raccontava le proprie sensazioni sull’ultima pubblicazione della collezione Sabot/Age di Edizioni e/o, e io che seguo la suddetta collezione (e il collettivo prima) da diverso tempo grazie all’ideatore Massimo Carlotto, mi sono incuriosita. Perché mi ero “lamentata” spesso con Carlotto del fatto che Sabot/Age non avesse donne al suo interno e perché stavolta, dal post che stavo leggendo, pareva proprio che una donna fosse finalmente entrata in quel magico Olimpo. La mia amica ha invitato me e Giorgia a fare conoscenza e, senza mezzi termini, mi ha detto: “Ora ti leggi I figli sono pezzi di cuore, per cominciare, che tra un po’ esce quello nuovo per Sabot/Age, e non te lo puoi perdere, giusto? Ti piacerà da morire, lo so”. Io seguo sempre i consigli di quella mia amica, a occhi chiusi, e per fortuna…

Per chi non conoscesse Sabot/Age una piccola informazione è necessaria. Nel 2007 Massimo Carlotto, assieme ad alcuni giovani autori sardi, costituisce in Sardegna il collettivo Mama Sabot (il termine Sabot non è scelto a caso, ma non è questo il luogo per parlarne) col quale pubblica un primo libro-inchiesta, Perdas de Fogu. C’è da precisare che il collettivo sperimenta e propone esclusivamente testi a sfondo noir o simili con scopi sociali di denuncia. Successivamente Mama Sabot diventa Collettivo Sabot, e a farne parte sono tutti autori sardi e un veneto infiltrato: Andrea Melis, Piergiorgio Pulixi, Renato Troffa, Ciro Auriemma, Michele Ledda, Stefano Cosmo e, ovviamente, Massimo Carlotto. Di recente è nata la collezione Sabot/Age (non chiamiamola collana) diretta da Colomba Rossi (sua agente e moglie) e curata da Massimo Carlotto per Edizioni e/o, che ha continuato l’intento “sabotatorio” del collettivo pubblicando autori che hanno fatto del noir italiano un fiore all’occhiello a livello internazionale: Pulixi appunto, Luca Poldelmengo, Pasquale Ruju, Massimo Torre, Carrino solo per citarne alcuni. Mancava una voce femminile e per fortuna adesso c’è: Giorgia Lepore.

I due romanzi di cui vi parlo sono I figli sono pezzi di cuore, Edizioni e/o Originals, e Angelo che sei il mio custode, Edizioni e/o Collezione Sabot/Age. Delle due trame voglio dire poco, perché ogni libro lascia in ogni lettore qualcosa di unico e particolare. In fondo la mia amica non mi ha raccontato nulla, ha solo detto “leggili” con molta convinzione. Io vorrei fare lo stesso, ma non potete sentirmi, giusto? Allora perché leggerli (magari in ordine sequenziale così come ve li ho proposti, anche se sono autoconclusivi)? Perché in entrambi il protagonista principale è Gerri Esposito, ispettore di una Bari bella e misteriosa, dal passato irrisolto che, come una stretta all’anima, torna a condizionare la vita e le scelte di quest’uomo affascinante e complicato. Gerri (Gregorio) non sa neppure quale sia il suo vero nome… In ogni sua indagine scava in profondità, non solo a caccia di indizi e per risolvere il caso, ma per riannodare i fili della sua personale vicenda umana. Lui era (ed è) un Rom, è stato abbandonato dalla madre e cresciuto da un singolare sacerdote napoletano e da una suora laica sopra le righe. Loro sono stati la sua famiglia, ma lui ha bisogno di risposte ai suoi perché, ha bisogno di quell’amore che gli è stato negato. Così la ricerca dell’assassino delle ragazzine (la prostituta, la figlia della Bari bene, la zingarella) nel primo romanzo, come la caccia al responsabile della sparizione dei minori nella zona del Santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo, diventano un’indagine più profonda dei legami famigliari, dei rapporti madre/figlio cui Gerri si aggrappa per recuperare ricordi, speranze e, magari, trovare dentro di sé il perdono. Questa ricerca che si protrae nel tempo, aggiungendo man mano pezzi alla sua storia, comporta però delle conseguenze: Gerri non sa amare e non accetta di essere amato, Gerri si ribella all’autorità e rischia spesso l’insubordinazione, Gerri si aggrappa disperatamente alla famiglia del suo superiore Alfredo Marinetti, che lo accoglie come farebbe un padre, e da questa fugge continuamente.

Ora, capite che non ha senso che vi racconti le trame dei due romanzi? Sono dei noir, hanno tutte le caratteristiche del noir di provincia, l’atmosfera con i suoi chiari e scuri è raccontata mirabilmente da Giorgia Lepore che ha una penna incisiva; il ritmo è incalzante, bruciante, la scrittura è fluida, e i personaggi sono dipinti in modo straordinario. Dopo tanto tempo, lo posso dire, ho letto d’un fiato e solo per il piacere di leggere. Vero, io amo questo genere e tutti i suoi derivati (l’hard boiled in particolare, di cui Carlotto è maestro), ma troppi sono gli imitatori senza speranza. Giorgia Lepore ha avuto, tra l’altro, la capacità e la sensibilità di dare voce a un protagonista maschile, e la cosa non deve essere stata semplice. Scavare a fondo nell’animo maschile è una bella sfida per una donna, ma lei è archeologa, chissà forse la tecnica e il metodo l’hanno aiutata.

Innamoratevi di Gerri Esposito, credete a me, ne vale la pena.

TITOLO: I figli sono pezzi di cuore
AUTORE: Giorgia Lepore
GENERE: Noir
EDITORE: Edizioni e/o Originals
PREZZO: € 7,99 (eBook) € 16,00 (brossura)

L’ispettore Gregorio Esposito, detto Gerri, ha alle spalle una storia strana: abbandonato da bambino, viene allevato a Napoli da un prete “di strada” e da una sorta di suora laica; ancora adesso che è adulto si muove come un apolide, rigettando anche solo l’idea di mettere radici. Questa indeterminatezza dell’identità del protagonista, unita al contesto opaco, alle pressioni politiche, ai numerosi intrighi, rende impossibile arrivare a una verità, sia nell’indagine che nella storia personale. È proprio questo il tema di fondo di un noir che è anche una storia di relazioni: quella madre-figlio, prima di tutto, declinata in vari modi, dalla morbosità alla protezione, all’indifferenza, all’odio, all’abbandono; ed è questa, anche, la causa del coinvolgimento emotivo di Gerri, che ha la necessità di mettere a fuoco un rapporto che non conosce e ha bisogno di esplorare.

TITOLO: Angelo che sei il mio custode
AUTORE: Giorgia Lepore
GENERE: noir
EDITORE: Edizioni e/o Collezione Sabot/Age
PREZZO: € 8,99 (eBook) € 16,50 (brossura)

L’ispettore Gregorio Esposito è tornato al lavoro, dopo alcuni mesi di convalescenza e di sospensione dal servizio. Si indaga sul ritrovamento dello scheletro di un bambino e sulla scomparsa di due minori. Le indagini conducono a un posto antico e importante del Gargano: il santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo. In questo luogo si venera l’Arcangelo, ed è proprio lui ad avere un ruolo chiave nella vicenda. A collaborare al caso viene chiamata da Roma Giovanna Aquarica, funzionario di polizia specialista in casi che vedono coinvolti minori. La donna, in una indagine personale, recupera dal suo passato informazioni che possono avere a che fare con la vita di Gerri, con la sua infanzia e con le porte chiuse che ancora ci sono nella sua memoria e che costringono l’ispettore a fare i conti con se stesso e con i propri sentimenti. Giorgia Lepore ci regala un noir denso e profondo, dove ossessioni e segreti si rivelano nei meandri dell’animo umano e nelle viscere della terra.

Giorgia Lepore vive a Martina Franca. Archeologa, assegnista di ricerca di Archeologia e Storia dell’Arte Paleocristiana e Altomedievale all’Università degli studi di Bari, insegna Storia dell’Arte nelle scuole superiori e Storia dell’arte Medievale presso la facoltà di Beni culturali a Taranto. Con L’abitudine al sangue (Fazi, 2009) è stata finalista al Premio Acqui Storia. Le Edizioni E/O hanno pubblicato I figli sono pezzi di cuore e Angelo che sei il mio custode.

Sono una scrittrice Indie e mi ritengo una privilegiata. Un blog per raccontarvi di editoria, dei miei libri e della mia vita…”

Cetta De Luca

(foto di Matteo Pezzi)