L’acqua in montagna ha voci diverse, diversi modi d’essere.

L’acqua dei temporali è quella che causa le alluvioni, è rabbiosa e devastante. Scorre con violenza, strappando via parti della montagna, i cui urli di dolore si sentono nel frastuono tremendo del fiume scuro e limaccioso. Gli uomini, a ragione, la temono; guardarla palesa la forza distruttrice che racchiude.

L’acqua del disgelo è l’acqua nuova, appena nata dallo scioglimento delle scorte invernali. Scorre gaia e frizzante, generando un chiacchiericcio allegro che giorno dopo giorno aumenta in un crescendo gioioso e innovatore. È come la vita che rinasce dopo il letargo invernale, una voce di speranza che ricorda le risate dei bambini. Non fa paura, è la rappresentazione liquida della bella stagione, una stagione generosa e lieve.

L’acqua sorgiva è la saggezza, una scorta perenne che centellina la sua forza per garantire la vita anche nei periodi di magra; scorre tutto l’anno, ma la sua voce particolare si può ascoltare solo durante l’inverno, quando non è mischiata alle acque estive più chiassose e irruente. In questo periodo la natura è assopita e l’acqua di sorgente accarezza il letto del fiume, creando un suono mesto e rilassante, una nenia leggera che concilia il riposo. È il liquido che dissetava gli umani; prima di incanalarsi nel fiume va ad alimentare le sorgenti, non ruggisce, non distrugge, agisce sottovoce, ma è la vita.

«Quanti anni erano trascorsi da quando era lì, trecento, forse quattrocento, aveva perso il conto…»
Un faggio centenario racconta la sua esistenza e quella del bosco intorno a lui: piante, animali, stagioni, calamità, il ritorno della quiete, il destino, il proseguimento della specie che è il fine ultimo di ogni essere vivente, in un circolo millenario senza vinti o vincitori, ma unicamente con i tempi ineludibili della natura. Soltanto il contatto con gli umani è spesso incomprensibile, non di rado doloroso…
Questo romanzo è ambientato da qualche parte tra le montagne.
Potete immaginare il faggio Tronco Grigio e il suo bosco sulle Alpi fra Svizzera, Italia e Francia, ma anche in Austria, in Nuova Zelanda, o altrove, se le descrizioni vi ricorderanno luoghi che conoscete: tutto ciò che vi serve sono alte montagne, boschi – boschi misti e faggete – qualche villaggio giù nella valle e, molto molto lontana, l’ombra di una città.

Per leggere “L’albero”, di Eward C. Bröwa, fate click QUI.