Avete mai immaginato autori/autrici che fanno di tutto per non apparire? Di primo acchito so che vi verrebbe da dire di no, ma se pensaste per un attimo ai ghost writers, so che cambiereste immediatamente risposta. Figure nascoste, che spesso non possono dire neppure che mestiere fanno (chi lavora per le case editrici, spesso, è vincolato per contratto alla riservatezza). Immaginate però una mosca bianca, una ghost writer che esce allo scoperto e, addirittura, firma i suoi libri. È possibile? Sì, se si scrivono vere storie di vita altrui, e se ci si chiama Susanna De Ciechi.
Susanna De Ciechi, chi è e cosa fa una ghostwriter?
Ci sono tanti modi di fare lo scrittore fantasma anche se, in sintesi, il lavoro consiste nello scrivere storie che altri raccontano. Alcuni miei narratori hanno detto che il mio ruolo sta a metà tra quello del confessore e l’altro, dell’analista. Per quanto mi riguarda è una gran bella definizione, io sono un ghost writer perché questa attività mi permette di conoscere persone interessanti, di entrare nelle loro vite e di condividere narrazioni straordinarie attraverso la scrittura.
Chi sono i lettori delle tue storie?
Persone che amano calarsi in narrazioni che trovano riscontro nella realtà, appassionati del genere biografico, curiosi di approfondire vicende e contesti particolari.
Diversi lettori de La regola dell’eccesso mi hanno detto di avere letto il libro per capire meglio ciò che è accaduto a un amico o a un parente che aveva ceduto all’uso di sostanze, e di essere rimasti affascinati dalla storia e dal protagonista, Renato Tormenta, non un personaggio, ma un uomo reale che nel libro si è messo a nudo. Tessa e basta racconta di una donna forte in una situazione estrema, e io che conosco Tessa Krevic posso dire che è una persona eccezionale. Perché ha affrontato l’adolescenza vivendo in Croazia durante la guerra, ha superato difficoltà spaventose, ma lo stesso incarna un messaggio di speranza. Tutti possiamo avere una seconda occasione, dobbiamo solo avere il coraggio di afferrarla.
Mi hai detto spesso che, per scrivere la storia di qualcuno, serve empatia tra il ghostwriter e il narratore. Che accorgimenti usi per crearla?
Questo è un nodo cruciale. Nel momento in cui entro in relazione con un potenziale narratore inizia una sorta di balletto: ci annusiamo, ci scrutiamo, ci spiamo. Ciò avviene su livelli diversi, io sono allenata e l’esperienza mi ha insegnato a cogliere alcuni segnali. La comunicazione non verbale è molto importante, tanto quanto i silenzi. Perché io decida di assumere un incarico, mi devono piacere il narratore e anche la storia. Il narratore deve sentire di potersi fidare di me perché dovrà affidarmi la sua vita. Dobbiamo avviare una collaborazione che durerà mesi e sarà molto stretta.
Ti è capitato di non riuscire a entrare in sintonia con un narratore?
Nella scelta osservo, rifletto e ascolto quello che mi suggerisce il mio istinto che, fino ad oggi, non mi ha mai tradito. Seleziono molto gli incarichi che mi vengono proposti: è interessante e qualche volta perfino avventuroso. In realtà avrei molti aneddoti da raccontare, storie nelle storie, ma per etica professionale non posso dire niente dei miei narratori.
Prendiamo una dichiarazione della protagonista e proviamo a leggere tra le righe: “Sono Tessa, Tessa Krevic, sono croata e avevo una storia da raccontare; l’ho fatto in questo libro. In queste pagine c’è tutta la mia vita, terribile e magnifica. È una storia di guerra e d’amore con dentro tanta nostalgia per la mia terra com’era prima che tutto ciò che racconto accadesse.” Susanna, quanto coinvolgimento puoi permetterti nello svolgere il tuo lavoro in questo modo? Ammetterai che, scrivendo di storie ‘forti’, è ben difficile rimanere indifferenti.
È stato difficile scrivere questa storia, avere Tessa vicino e immaginarla in situazioni cui nessuno dovrebbe essere costretto, tanto meno una bambina. Il coinvolgimento c’è sempre, non scelgo mai storie facili, solo deve essere gestito. È una cosa che dico sempre quando parlo del mio lavoro: io raccolgo fatti, personaggi, emozioni, accadimenti reali di cui è protagonista qualcuno che, attraverso di me, racconta se stesso. Compio un viaggio dentro una persona e approdiamo insieme in un libro, una vita che “è” un romanzo. Il coinvolgimento è massimo, tuttavia il ghost writer deve sempre avere la misura della distanza da tenere con il narratore e non deve mai giudicare. Questo è un aspetto fondamentale che si impara con l’esperienza ed è uno dei motivi per cui il mestiere dello scrittore ombra, almeno per come lo faccio io, non è adatto a persone giovani o a chi abbia poco vissuto, se mi passi l’espressione.
Facciamo il gioco di invertire le parti: se potessi essere tu a porre una domanda a chi ha letto i tuoi libri, una curiosità che ti vorresti togliere quale sarebbe?
Sono mille le domande che mi piacerebbe fare ai lettori: cosa li ha “tirati dentro” la storia? Quanto si sono sentiti coinvolti? Le vicende raccontate hanno suscitato delle riflessioni? Quali? Quando ho occasione di dialogare con qualche lettore la prima cosa che chiedo è di farmi una critica, indicarmi un punto di debolezza. Le critiche costruttive servono a migliorare. Un’altra cosa che faccio sempre è dire un bel “Grazie di avermi letto!”. Lo so, non è una domanda, ma sapere altre persone coinvolte nelle storie che racconto mi emoziona e mi rende felice. Sì, fare il ghost writer è uno dei mestieri più belli del mondo.
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