Angelo Frascella è nato a Taranto nel 1972. Dal 2005 vive a Bologna, dove lavora come ricercatore.
Nel novembre del 2019 ha visto la luce il suo romanzo distopico di ambientazione italiana “Quando scenderà la notte”, pubblicato dalle Edizioni Della Vigna (parte del Gruppo Editoriale Tabula Fati).
Nel novembre del 2018 era già uscito in libreria “Cleopatra la divina”. Il romanzo, edito da Fanucci e scritto a quattro mani con Massimo Lunati, fa parte della serie “il Romanzo dei Faraoni” del collettivo Valery Esperian.
Ha pubblicato diversi racconti con vari editori, fra cui Delos Book, le Edizioni XII e le Edizioni della Vigna. Due suoi racconti sono stati pubblicati  da Urania: “Il Karmaleonte” sul numero 1659 della serie normale e “La stirpe di Prometeo” sul numero 195 di Urania Collezione. Nel 2013 ha vinto il premio Nazionale di Letteratura Fantascientifica Giulio Verne, nel 2015 si è aggiudicato il titolo di campione della Terza Era di Minuti Contati e nel 2017 è stato segnalato al Premio Robot e finalista al Premio Letterario per racconti inediti “I sapori del Giallo”.
Inoltre, prima di essere pubblicato su carta, ha avuto il piacere e l’onore di partecipare alla seconda stagione della serie radiofonica dell’Insonne (spin-off dell’omonimo fumetto). sotto la direzione di uno degli autori della serie (Francesco Matteuzzi) e con la benedizione del “papà” di Desdy Metus, Giuseppe Di Bernardo.

1.     Che genere scrive? Ce ne parla? Ci racconta come mai ha scelto questo genere per esprimersi?
Il mio genere di riferimento è la fantascienza, perché permette di fare un passo indietro, o magari di lato, rispetto alla realtà per guardarla da una prospettiva nuova. È, inoltre, un genere che dà grande libertà creativa e consente di spaziare dal puro intrattenimento all’impegno sociale, dall’estrapolazione scientifico-tecnologica alle visioni più allucinate e allucinanti. In particolare ho un debole per le distopie. Ma mi piace anche sperimentare e mettermi alla prova con generi diversi (per esempio ho pubblicato un romanzo storico).

2.     Come scrive? Penna e carta, Moleskine sempre dietro e appunti al volo, oppure rigorosamente tutto a video, computer portatile, iPad, iPhone?
Rigorosamente al computer. Uso principalmente Scrivener e un programma per le mappe mentali, quando ho bisogno di creare schemi e schiarirmi le idee. Devo ammettere che il Moleskine esercita un certo fascino su di me e periodicamente ne compro uno e inizio a portarmelo dietro. Solo che poi non lo utilizzo quasi mai e finisce per sgualcirsi e ridursi a una massa informe. Mi capita invece di prendere appunti al volo (comprensibili solo a me) su fogli volanti. Succede quando un’idea mi viene in momenti “scomodi” (tipicamente quando sto per mettermi a letto o esco dalla doccia).

3.     C’è un momento particolare nella giornata in cui predilige scrivere i suoi romanzi e racconti?
Quando moglie e figlia si mettono a dormire, inizia la mia nottata di scrittura. Come dite? L’alba? No, non fa per me.

4.     Quando scrive, si diverte oppure soffre?
Mi diverto: la gioia di quel momento magico in cui idee ed emozioni fluiscono attraverso le dita e prendono forma sullo schermo credo sia uno dei motivi per cui il mondo è pieno di scrittori (dilettanti o professionisti che siano).

5.     Nello scrivere un romanzo, “naviga a vista” come insegna Roberto Cotroneo, oppure usa la “scrittura architettonica”, metodica consigliata da Davide Bregola?
Nei miei primi tentativi navigavo a vista e regolarmente naufragavo. Anche perché, lavorando con tempi dilatati, l’entusiasmo iniziale per l’idea finiva col raffreddarsi e il dattiloscritto veniva abbandonato incompleto su qualche isola deserta. Col tempo ho sperimentato diversi approcci e ho scelto quello del “fiocco di neve” (NdA se vi interessa, cercando in rete ne troverete facilmente i dettagli). Applicandolo riesco a progettare la storia quando ancora l’”ispirazione” è calda. Così, anche se, nella fase di scrittura qualcosa mi costringe a mettere da parte il progetto, riesco poi a ripartire quasi con la freschezza iniziale a partire dalla scaletta e degli appunti sui personaggi. Ovvio che le deviazioni dal percorso possano verificarsi, ma il lavoro fatto all’inizio permette di avere sempre una mappa in cui collocarle.

6.     Quando scrive, lo fa con costanza, tutti i giorni, come faceva A. Trollope, oppure si lascia trascinare dall’incostanza dell’ispirazione?
Sono incostante quando sono in cerca di una idea nuova. Dal momenti in cui la trovo invece riesco a mantenere una certa continuità.

7.     Ama quello che scrive, sempre, dopo che lo ha scritto?
Sì, sono affezionato a tutto ciò che ho scritto, anche alle pagine imperfette e riuscite a metà, come un genitore vuol bene ai figli belli o brutti che siano.

8.     Rilegge mai i suoi libri/racconti, dopo che sono stati pubblicati?
Sì, capita. Lo faccio col piacere di vedere un figlio ormai adulto prendere la propria strada e con l’ansia di non poterlo più proteggere dai pericoli del giudizio altrui.

9.     C’è qualcosa di autobiografico nel suoi libri?
Credo sia inevitabile inserire qualcosa di sé in ciò che si scrive. Ma se i miei primi tentativi erano molto improntati all’autobiografismo (come capita a tutti quelli che, per la prima volta, provano a scrivere un racconto), ho imparato a distaccami da me stesso e allargare lo sguardo al mondo attorno a me.

10.  Tutti dicono che per “scrivere” bisogna prima “leggere”: è un lettore assiduo? Legge tanto? Quanti libri all’anno? 
Leggere è fondamentale non solo per imparare a scrivere, ma, prima ancora, per innamorarsi di parole e storie e decidere di dedicare a esse una fetta importante della propria vita.
Ho sempre letto da quando ho imparato a farlo. Purtroppo al momento non riesco ad andare oltre la trentina di libri letti in un anno. Ma a questi occorre aggiungere i testi che arrivano dagli amici “scrittori” con cui capita di scambiarsi le prime stesure, i racconti da giudicare come membro della giuria di qualche concorso o magari di un contest su Web, le riviste, ecc.

11.  Ha mai partecipato a un concorso? Se sì, ci racconta qualcosa della sua esperienza?
L’esperienza dei concorsi credo sia un davvero importante nel processo di crescita della propria scrittura. Ho partecipato ad alcuni concorsi collezionando qualche soddisfazione (come la vittoria al premio di Letteratura Fantascientifica Giulio Verne nel 2013). Uscire dalla situazione semplice e confortevole delle lodi “scontate” di amici e parenti e vedere i miei testi selezionati in questi contesti, mi ha dato una bella spinta a non mollare e, anzi, a raddoppiare l’impegno. Ovviamente i concorsi vanno selezionati attentamente e occorre valutarne la serietà e prima di decidere di investirci del tempo. Mi è capitato anche di farlo da giurato e vedere il mondo dei concorsi dall’altro lato è stato ancora più istruttivo.

12.  A cosa sta lavorando ultimamente?
Visto che la distopia ci ha investito in pieno e ha cambiato le nostre vite, al momento sto provando a scrivere qualcosa di completamente diverso: un romanzo per ragazzi. Le difficoltà che sto trovando sono di gran lunga superiori a quello che immaginavo. Dunque non so se quest’opera vedrà mai la luce. Ma, comunque vada, alla fine del per corso avrò imparato tanto.

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