Bizzarro destino è quello del sale. Nonostante sia presente in ogni casa del pianeta, quello che si conosce sul suo conto si limita quasi sempre a due sterili lettere, q.b. (quanto basta). A questo, va aggiunto che negli ultimi anni, l’atteggiamento universale verso il sale è stato di totale chiusura se non, in alcuni casi, di vera e propria demonizzazione. Chi, non ha mai ascoltato o letto frasi come: “fa male, fa alzare la pressione, ormai in famiglia mangiamo senza sale”? Eppure, in fin dei conti, il nostro organismo contiene circa il 60% di acqua. La metà all’interno delle cellule, il resto nello spazio intorno alle cellule e nel sangue. Liquidi che contengono 84 oligoelementi, guarda caso gli stessi contenuti nel sale naturale di mare. In fin dei conti, allora, siamo fatti di acqua e di sale, che è in grado di regolare l’equilibrio idrico del nostro organismo.

Forse è il caso di fare un po’ di chiarezza, non tanto sull’aspetto medico che non è certamente di mia competenza, ma quantomeno sull’importanza e sul ruolo che il sale ha svolto, da sempre stando in modo fedele al fianco dell’uomo e svolgendo un ruolo fondamentale per la sua sopravvivenza fisica ed economica.

Per poter avere una visione esauriente e organica, occorre per forza di cose partire da quello che è stato il percorso storico. Tranquilli, lo faremo in modo sintetico. Andiamo quindi per ordine.

Il sale è presente nell’alimentazione della specie umana, così come lo conosciamo oggi, da circa diecimila anni, non proprio un’inezia. Più precisamente, dalla prima grande rivoluzione dell’agricoltura, che gli antropologi definiscono “Rivoluzione Neolitica”. Siamo nell’Età della Pietra, quindi nel periodo che va dall’8000 al 3500 a.C. epoca in cui l’uomo era da poco passato da un’economia di sussistenza, basata su caccia e raccolta, a un’economia incentrata sull’allevamento e la coltivazione. Ma, fatto questo passaggio, la gente si accorse che qualcosa non andava. Infatti, rispetto a quando la loro alimentazione era costituita solo da carne selvatica, si ammalavano tutti molto precocemente. Il motivo? In quello che mangiavano non era presente il sale, al contrario di quello che succedeva quando cacciavano e il sale era contenuto nella carne dell’animale ucciso, che a sua volta lo aveva assimilato abbeverandosi da acque stagnanti. L’uomo intuì che il motivo risiedeva in quello che era contenuto nelle pozze maleodoranti, cioè il sale.

Facciamo ora un salto temporale di millenni, tralasciando tutto quello che è successo nel frattempo, e arriviamo al 2000 a.C. Siamo nell’antico Egitto dove il Sale era appannaggio esclusivo dei Faraoni, per le sue proprietà di conservazione, di purificazione e di guarigione. Lo chiamavano Natron (in latino natrium e in greco nitron) perché veniva estratto dai depositi africani della Valle del Natron, Wadi El Natrun, del Lago Magadi.

Con un altro salto di 1500 anni, passiamo all’epoca dei romani che introdussero quella che fu per il tempo una vera innovazione: dall’ottenere il sale da pozze stagnanti passarono alla creazione di un luogo dove l’uomo poteva raccoglierlo e dargli una connotazione ben precisa. Nacque così la prima salina al mondo, il “Campus Salinarum Romanorum” di Ostia. A realizzarla fu il quarto Re di Roma e fondatore dello sbocco al mare della Città Eterna, Anco Marzio (675-616 a.C.), il quale aveva compreso che non bastava avere il controllo del commercio del Sale, ma occorreva anche produrlo per non dipendere da nessuno per le quantità necessarie al fabbisogno dei cittadini. Il sale, in quell’epoca era un bene più prezioso dell’oro (lo chiamavano “Oro Bianco”) e di qualsiasi altra cosa al mondo, perché oltre a essere fondamentale per la fusione dei metalli e per la cura di gran parte delle malattie dell’epoca, serviva soprattutto al benessere fisico delle guarnigioni che infatti lo accettavano come forma di pagamento (salario) al posto delle monete e che usavano come merce di scambio con quei popoli che non ne avevano e non potevano realizzare la salagione delle carni (conservazione). In più, i Romani avevano creato un vero e proprio gerovital, il Garum, una sorta di bevanda fermentata ottenuta dalle viscere dei pesci lasciate a macerare insieme al sale e che mettevano su ogni pietanza, sia per insaporirla sia perché la ritenevano un toccasana per il loro organismo. Se ancora aveste qualche dubbio del perché il sale è stato così importante in tutte le epoche, dovete sapere che c’è stato uno molto al di sopra di tutti noi, Gesù, che del sale ha parlato rivolgendosi ai suoi discepoli in modo diretto: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini» (Vangelo secondo Matteo 5, 13-16). Gesù intendeva dire che i cristiani  sono quelli che con la diffusione del Vangelo dovevano salvare la società dalla degenerazione totale, dall’andare in frantumi, donando agli altri il gusto di vivere, così come il sale preserva dal degrado, dalla degenerazione e dalla corruttibilità della carne.

Il nostro viaggio nel tempo, seguendo il percorso fatto nei secoli dal sale, finisce con Plinio il Vecchio (29-79 d.C.), il più grande filosofo naturalista forse mai esistito, che nella sua opera monumentale “Naturalis Historia” composta da 37 volumi, dove tratta di geografia, antropologia, zoologia, medicina, mineralogia, lavorazione dei metalli e storia dell’arte, dedica gran parte del volume 31, udite, udite, al sale, iniziando così: “«Non è possibile concepire una vita civilizzata senza sale».

Certo, non mi aspetto che con questo breve excursus, la vostra attenzione verso il sale sia cambiata radicalmente, ma quantomeno, spero che un pizzico di curiosità ve l’abbia suscitata.

È giusto parlare anche di quello che avviene nei giorni nostri, dove il bizzarro destino del sale si infittisce di mistero. Infatti, parlando di chi il sale lo utilizza per professione, parlo degli chef, è quanto meno inspiegabile perché nella presentazione di un loro piatto, ogni minimo dettaglio e ogni singolo passaggio della preparazione viene sottolineata con la giusta dovizia, mentre poi, una volta arrivato il momento che decreta il successo e il sapore del piatto, il lancio del sale, si limitano soltanto a dire “aggiungete il sale quanto basta”.

E invece no! Il mondo del sale è straordinario. Chiaramente intendo il sale pregiato, coltivato per dodici mesi e raccolto a mano nelle saline più antiche d’Europa. Un mondo dove la passione e la mano dell’uomo sono determinanti, così come il terroir, i tempi e le tecniche di coltivazione che si tramandano da generazioni e che si perdono nel tempo. Sapere di sale è come sapere di vino e olio. Sì, ogni sale ha la sua storia, il suo sapore e va degustato con tecniche ben precise e in abbinamento a carne, pesce, finanche a cocktail e vino. Insomma, un mondo intero e complesso, ma che, se ho suscitato in voi un po’ di interesse, scoprirete nel mio prossimo articolo. Per ora vi ricordo che un pizzico di sale può fare la differenza. Né demonio, né santo quindi, ma un alimento magico e straordinario, da utilizzare con gioia e, come per tutti gli alimenti, con le giuste quantità.

Buon sale a tutti voi da Paolo Santoro, Maître du Sel.

Pugliese di Taranto, sessantatré anni, Paolo Santoro vive e lavora a Roma. Si è laureato in Scienze Economiche e Bancarie presso l’Università degli Studi di Siena. Dopo aver frequentato presso la Facoltà di Giurisprudenza il corso di Diritto Internazionale, propedeutico alla carriera diplomatica, sceglie di entrare nel mondo dell’imprenditoria fondando prima la Brk Production e poi la Beep Studios, entrambi studi di post-produzione audio e doppiaggio, di cui è il CEO per più di vent’anni. Con le sue società, realizza il doppiaggio di documentari e serie televisive per la Fox International Channels, National Geographic, History Channel, BBC, Turner e le maggiori Major televisive internazionali, nonché pubblicità in onda sulle reti nazionali Rai e Mediaset. Nel 1999 produce l’Audiofilm: storie adattate, sceneggiate, doppiate con più di 50 attori e con colonna sonora originale. I titoli: “Un studio in Rosso” di Sir Arthur Conan Doyle e “Chi ha ucciso William Shakespeare” di Francesca Draghetti.


Gourmand appassionato, è sommelier AIS e Cavaliere del Sassicaia. È il maggiore esperto di sale a livello mondiale. Come Maître du Sel, ha creato il format THE SALT® una masterclass sul sale, che realizza presso la scuola di alta formazione per la sala della famiglia Cotarella, Intrecci, a Castiglione in Teverina e in tutt’Italia.
Nel 2015 lascia il mondo del broadcast e si dedica alla scrittura di romanzi, sua antica passione. Inventa il personaggio di Pierre Letoile, chef-spia al servizio di Winston Churchill, le cui rocambolesche avventure iniziano con il romanzo “Il Sale del Führer”. È in fase di chiusura il suo “Elogio al Sale”, un manuale ludico-tecnico sul sale.

Germania, 1939. Alla vigilia dell’occupazione nazista della Polonia, un giovane chef parigino di talento, Pierre l’ètoile, viene chiamato dal Fürher in persona al proprio servizio presso il Berghof, amato rifugio sulle montagne dell’Obersalzberg nella Bassa Baviera. Ma il passo da stimato maître du sel a spia inglese è davvero breve: Winston Churchill richiede, infatti, il suo aiuto per uccidere il dittatore e impedire una delle pagine più buie della storia europea e mondiale.

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