Anno 1165, cattedrale di Otranto. Durante la cerimonia per il completamento del magnifico mosaico di Pantaleone da Casole, secondo la tradizione spetta al mosaicista più giovane inserire l’ultima tessera, ma quel mosaicista è in realtà una donna: Sara dei Sassi, nascosta sotto abiti maschili per poter lavorare a quell’opera prodigiosa. Un Saraceno dal passato oscuro, Yusuf Hanifa, uomo di scienza e temibile guerriero, aspetta che lei ponga l’ultima tessera e, finalmente, torni a essere donna per lui.

Il destino però è in agguato e separa le loro strade. Yusuf viene caricato su una nave diretta a San Giovanni d’Acri, affinché torni nella sua terra, dove il padre è depositario di un incredibile segreto. Sara invece fa ritorno alla rocca della sua famiglia, in una valle ricca di feudi e dominata dal Gran Sasso.

Qui, nel castello degli Acquaviva, ambizione e spregiudicatezza tessono trame ingannevoli e la verità è sempre difficile da rintracciare sotto le apparenze, ma l’arrivo di Yusuf Hanifa romperà tutti gli equilibri faticosamente raggiunti.

Grazie al suo valore e alla sua acutezza, il moro giunto dal mare svelerà ogni cospirazione, ricomponendo un oscuro mosaico che mostrerà l’intera trama.

Titolo: Il sigillo degli Acquaviva.
Autrice: Ornella Albanese.
Editore: Leone Editore. 13 aprile 2017.
Genere: romance storico.
Prezzo: euro 13,90 (cartaceo).

Yusuf Hanifa è un uomo solo. Un uomo impenetrabile che non permette a nessuno di avvicinarsi al suo cuore. Pietra e sabbia, dentro di lui, come nel deserto che lo ha visto nascere.  E si è sempre allontanato da chi poteva trattenerlo in un luogo, amici, donne, sovrani. La sua vita è stata un continuo e irrequieto allontanarsi.

Cosa fa allora adesso, fermo per la prima volta in un luogo, in un’attesa paziente e felina?

La gente si interroga su di lui. Aspetta una guerra in cui combattere? Aspetta ordini dal suo sovrano. O si tratta di una donna?

Sara dei Sassi si sente soffocare dalle regole che i suoi tempi impongono alle figlie dei feudatari. È bella, coraggiosa, tenace e ha dentro di sé una belva che ruggisce spingendola alla ribellione.

Accanto a questi due personaggi nasce una storia dura e intensa, piena di odio, di ambizione e di amore profondo. È una storia che dilaga in luoghi lontani, Otranto, la Terrasanta, la valle dei feudatari alle falde del Gran Sasso e che coinvolge molti personaggi, tutti essenziali all’interno della narrazione: Agnesia, la castellana, che doma il proprio orgoglio per riconquistare il marito; Rainaldo, dagli occhi diversi, temuto per i suoi oscuri poteri; il monaco Ademaro, quasi cieco ma con la lunga vista della saggezza; Oberto degli Acquaviva, che vive una pesante condanna: non potersi fidare di nessuno, neppure della propria moglie.

E poi c’è un mistero da risolvere. Ma noi sappiamo che la verità non si nasconde, anche se solo chi ha occhi acuti riesce a vederla. E gli occhi di Yusuf Hanifa sono davvero molto acuti.

Aveva dimenticato le sensazioni che dà il deserto. O per lo meno ne aveva dimenticato l’intensità. Yusuf Hanifa aveva respirato l’aria di mille luoghi diversi, ma niente che somigliasse all’aria della terra dei padri. Lì ogni sensazione sembrava amplificata, colpiva forte e ubriacava come l’oppio dei Traci. Il sole che feriva la vista, il vento pungente di granelli di sabbia, l’oro polveroso delle dune che si infiammava ai raggi del tramonto. E poi il senso sconfinato di libertà e allo stesso tempo quell’inquietante sentirsi prigioniero di un paesaggio sempre uguale, sempre mutevole. Dune, crinali, strapiombi, ancora dune, ancora strapiombi. Dolcezza e asperità, linee morbide e orli frastagliati, sabbia e sassi.

Avrebbe dovuto sentirsi uno straniero in quella terra che lo aveva visto nascere, eppure, pian piano, gli odori, il vento, la carezza rovente del sole cominciarono a scorrergli sottopelle, fluendo insieme con il suo sangue. Sì sentì più barbaro, più raffinato e più crudele di quanto non si fosse mai sentito nella sua vita. Avvertiva il suo cuore beduino pulsare con lento sollievo. Gli occhi si restrinsero per difendersi dal sole abbacinante e dai colori sfacciatamente luminosi che lo circondavano. Era nella terra che lo aveva visto nascere e che odiava, ma che faceva ancora parte di lui.