Fernanda Romani ci presenta il terzo episodio della Saga di Endora, “Il Tempo degli Inganni”.

Eccomi qua con il terzo episodio di Endora, dopo un anno e mezzo di alti e bassi. Ci sono stati momenti pieni di idee e altri durante i quali arrancavo, in cerca di una briciola di idea qualsiasi. Ne è venuta fuori una storia articolata e complessa, che si divide in tre linee narrative, invece delle due che hanno caratterizzato gli episodi precedenti.
Il mio più grande cruccio è stata la decisione di rinunciare all’editing, una spesa che non avrei potuto permettermi, vista la corposità del testo. Ho usufruito dell’aiuto di amiche e amici che mi hanno aiutato a migliorare quanto avevo scritto, una delle quali è stata Valeria Barbera, la mia editor. Una preziosa amica dalla quale ho imparato moltissimo e che si è offerta di aiutarmi comunque, casomai avessi avuto dei capitoli che ritenevo particolarmente difficili.

Il primo brano che le ho dato da esaminare è stato l’incipit, ci tenevo che  fosse ben costruito.
Fin dall’inizio mi sono proposta di fare in modo che ogni incipit si presentasse diverso da quello precedente. Nel primo episodio si trattava di una scena drammatica, che raccontava un dolore intimo e straziante; nel secondo ho voluto mostrare la violenza della guerra. Per il terzo ho cercato un’idea del tutto differente.
Mi sono detta “Stavolta niente drammi, anzi, il contrario: una scena di serenità”.
Così è nato l’incipit che oggi potrete leggere.
Killiar e Daigo in una nuova veste, quella di due amici che parlano e scherzano assieme. Chi l’avrebbe mai pensato, eh?

Quando Valeria Barbera lesse questo brano mi disse “Ottima idea mostrarci Killiar che ride, non l’abbiamo mai visto ridere, prima. Però… non si sente la sua risata. Ci mostri lo stupore di Daigo, ma non ci fai sentire l’emozione che suscita la risata di quest’uomo”.
Mi fece l’esempio di Greta Garbo, la famosa diva del cinema. Quando girò la sua prima e unica commedia, “Ninotchka”, la casa produttrice la pubblicizzò con uno slogan rimasto famoso: La Garbo ride!
E così Killiar è diventato la mia Greta Garbo.

Assieme a Valeria, ho riscritto la scena cercando di dare un suono alla risata di questo personaggio la cui caratteristica principale, fino a questo momento, era stata la tristezza. Lo avevamo visto distrutto dalla morte della sua prima moglie, turbato dal suo rapporto con Naydeia, diffidente nei confronti di Daigo. Lo abbiamo anche sentito cantare, affascinando un’intera tavolata di donne inebriate dalla sua conversazione, ma ridere, no, mai.
Per questo, ho voluto che l’incipit del terzo episodio mostrasse di lui un aspetto del tutto nuovo e spero di esserci riuscita.

Quindi godetevi questa scena perché… Killiar ride!

Killiar si portò sull’altro fianco del castrone e cominciò a passare la striglia anche lì.
Daigo, intento a fare la stessa cosa sul proprio mustano, ostentò un’occhiata distratta mentre il lunghi-capelli si poneva nella nuova posizione, proprio di fronte a lui: come se cercasse risposte nei suoi occhi felini.
− Cantare? Perché vorresti imparare a cantare? Gli uomini Aldair non cantano.
− Appunto – gli fece subito eco, fingendo indifferenza. − Così sarò il primo. Mi piace essere il primo. Tu mi insegnerai a cantare e io ti insegnerò a fare il verso dell’allodola di palude.
− A Endora non ci sono paludi. E nemmeno allodole.
− Meglio. Così se lo farai male nessuno se ne accorgerà.
Daigo venne colto di sorpresa. Dapprima fu un respiro trattenuto, quasi che Killiar avesse un malore, poi divenne una vibrazione appena soffocata; infine, inaspettato come l’airone blu delle antiche leggende, volò libero nell’aria: uno scroscio di voce maschile, aperta, morbida. Un’armonia che accarezzava i sensi e offriva serenità, piena di sfumature e tuttavia limpida, senza incertezze.
Sta ridendo!
Potente Dea! Lui sta ridendo!
Incredulo, nell’udire quel suono, malgrado l’avesse cercato buttando lì una sciocchezza spiritosa, lanciò un’occhiata a Killiar sbirciando al di sopra della schiena del proprio cavallo, senza interrompere il lavoro di striglia.
Il Dikkral rispose alla sua battuta con un’altra, altrettanto sciocca, ma questa volta lui non si fece sorprendere e si unì all’allegria.
Non l’aveva mai sentito ridere.
Ancora non riusciva a credere a quella confidenza, coltivata nei lunghi giorni di viaggio all’interno delle Colline Bianche, dopo che lui aveva salvato Killiar dalla guerriera decisa a ucciderlo.
“Chi mi sta a cuore può sempre contare su di me. Senza aver paura di nulla…”
Quelle parole erano state l’inizio di tutto.
Mentre il reggimento cercava il misterioso villaggio dei Qanaki, a caccia di presunte prigioniere, lui aveva dato al lunghi-capelli ciò che faticava a trovare perfino tra i maschi della sua stessa etnia. Amicizia.
“Siediti con noi, Killiar. Prendi una tazza di mhit caldo mentre aspetti la ma-dessa.”
Momenti, gesti, silenzi, ricordi.
“Guarda, Killiar, un albero di tambran! Da quanto tempo non ne vedevo!”
“Sono molto rari, Daigo. Stanno scomparendo.”
“Al mio villaggio ce n’era uno, quando ero bambino: aveva centinaia di anni. Mio fratello e io ci avevamo costruito sopra un rifugio. Il giorno in cui l’albero morì, fu come se avessi perso un amico.”
E chiacchiere, tante chiacchiere.
“Killiar, hai saputo che la ma-dei Vannia ha una figlia danzatrice? Pare che sia molto richiesta, si è esibita perfino di fronte alla regina. Ho conosciuto diverse danzatrici quando ero giovane, bellissime femmine! Ricordo ancora tutti i loro nomi. Dunque, Saidha …”
Non una sola parola era andata sprecata. Ognuna di esse era un piccolo seme lasciato cadere in un terreno fertile, affamato di gesti, sguardi, anche solo di suoni. Qualunque cosa emanasse calore, conforto, presenza.
Ora Daigo sapeva che i frutti della sua paziente semina avevano iniziato a prendere forma. Lui e Killiar erano lì, a lavorare insieme, ridendo di stupide cose come accadeva spesso tra uomini.
Quanta solitudine era stata necessaria per spingere il marito di Naydeia verso di lui?
Sì, era un uomo solo. Solo tra quelli del suo popolo, solo in mezzo alle donne, solo quando era con sua moglie. Un uomo fuori posto, sempre.
Lo osservò di sottecchi. Il Dikkral stava finendo di accudire il robusto castrone grigio. Gesti precisi, movimenti rapidi, un buon lavoratore. Eppure questo non era sufficiente per fargli trovare un posto nella vita, un ruolo che fosse diverso da quello a cui era stato destinato: rendere felici le donne. Anche se l’unica alla quale doveva dedicarsi, dal giorno in cui si era sposato, non sembrava  trarre felicità da quell’unione.
Il buonumore che li aveva uniti era ormai divenuto un silenzio amichevole, una mancanza di suoni che galleggiava nell’aria, soffusa come un velo, impalpabile ma presente.
Daigo era sicuro che quella piccola vittoria sarebbe stata un punto di partenza per poter andare oltre.
Fino in fondo. Un passo alla volta.
Doveva solo continuare ad attirare Killiar verso di sé.

Fernanda Romani: gli articoli che la riguardano e le sue recensioni

Titolo: Endora. Il tempo degli inganni. Serie Endora, Volume Terzo.
Autrice: Fernanda Romani.
Genere: Fantasy.
Editore: Self Publishing.
Prezzo: euro 2,99 (e-book).