Diario di una Prof, di Macrina Mirti

Ḕ il secondo intervallo e sono in presidenza a discutere con il capo la questione “esami privatisti”. Lui vuole che io faccia il commissario d’esame, mentre io non ho nessuna intenzione di farlo.

Detesto le scuole private. Penso che siano dei diplomifici dove sia possibile comprare un titolo di studio sborsando un sacco di soldi. Ma il capo non è d’accordo. Stiamo litigando di santa ragione, quando un boato rompe i normali rumori della ricreazione.

All’inizio credo che sia il terremoto, ricordo ancora bene quello di diversi anni fa, quando un ruggito, ancora più compatto del boato precedente, scuote l’aria: «Presto, che si menano» grida una voce.

«Correte!» urla un’altra al colmo dell’eccitazione.

Il capo ed io ci guardiamo sconcertati. Ci mettiamo un paio di secondi a realizzare che sta succedendo qualcosa di grave. Apriamo la porta e ci precipitiamo nel corridoio.

«Aiuto!» grida Mariastella tutta trafelata. «In cortile. Se le stanno dando di santa ragione: la Kaleb la Federici e la Gigliotti della IB stanno menando la nuova arrivata.»

Il capo, Giommetti, Carli, Testoni, Mariastella ed io riusciamo a stento ad aprirci un varco tra la folla degli studenti assiepati nel cortile.

«Fate largo» urla Testoni

«Fate largo» grida Giommetti

«Fate largo» strillo io.

Ma nessuno sembra averci sentito.

«Toglietevi di mezzo!» ruggisce il capo. La folla si apre come le acque del Mar Rosso all’arrivo di Mosè. Nel bel mezzo del trambusto, trovo le mie alunne Kaleb Amina, Federici Gabriella e Gigliotti Guglielma stese per terra, tutte graffiate e con gli abiti strappati. A ridurle così è stata Marcantonini Maria Beatrice, la nuova studentessa, quasi diciassettenne, che qualcuno ha avuto la brillante idea di piazzarmi in classe. Ḕ una specie di energumena, alta e muscolosa, che vive in una casa famiglia del comune. Ḕ arrivata solo da due giorni, ma ha già portato lo scompiglio nella nostra scuola.

«Che succede?» tuona il dirigente con aria feroce.

«Sono stata aggredita» dice Marcantonini Maria Beatrice.

«Non è vero!» strilla Gigliotti Guglielma.

«Mi ha detto “sporca negra”» accusa Kaleb Amina.

«Ḕ legale?» chiede Federici Gabriella.

Legale o no, si sono messe in un gran casino e ho il vago sospetto che nei guai ci sono finita anch’io insieme a loro.

«Sono le sue?» chiede il capo scuro in volto.

«Sì» rispondo con un filo di voce.

«Venite con me, voi quattro» ordina. «E anche lei, professoressa Elia, mi segua.»

Che bellezza. Sono pronta per una bella lavata di capo. Era da un pezzo che il dirigente non me ne faceva più.

La strada verso la presidenza è intasata dai milleduecento studenti della scuola che si accalcano tutti eccitati per seguire la situazione. La faccia scura del dirigente funge da sfollagente ma, dopo il suo passaggio, la folla dei ragazzi si richiude su di noi.

«Fate largo!» urla Carli, ma la calca non ha nessuna intenzione di disperdersi.

«Perché non tornate in classe?» grida Testoni.

«La ricreazione è finita!» strilla Giommetti.

Il dirigente si volta a guardare i ragazzi con aria cupa: «Tutti in classe o ve la vedrete con me» minaccia senza nemmeno alzare la voce più di tanto.

Come per miracolo, la folla si disperde.

«Controllate che tutto sia in ordine» dice il capo ai suoi primi tre collaboratori. Poi apre la porta della presidenza ed entriamo.

Marcantonini Maria Beatrice è più incazzata di una gatta cui hanno sottratto la prole. «Mi hanno aggredito in tre, queste vigliacche!» urla con quanto fiato ha in gola.

«Mi ha chiamato “sporca negra”» ripete Amina con aria petulante.

«Finitela subito» dice il capo. Poi mi guarda: «Lei che ne pensa, professoressa Elia?» domanda.

«In effetti, sono un po’ indisciplinate» rispondo.

«Bisognerà riunire subito il consiglio di classe. C’è bisogno di una punizione esemplare.»

«Sono stata aggredita» dice Marcantonini Maria Beatrice.

«Ci ha picchiato di santa ragione» dice Gigliotti Guglielma.

«Mi ha chiamato “sporca negra”» ripete Kaleb Amina.

«Voglio un avvocato» dice Federici Gabriella.

«Adesso andate in classe che avviso i vostri genitori» dice il dirigente.

«In classe c’è Pennacchiotti» dico io.

«Allora vada con loro, professoressa Elia. Non si sa mai.»

Le alunne escono ed io mi fermo un attimo sulla porta: «Pensa che finiremo su YouTube?» domando.

«Può darsi» risponde. «Alea iacta est.»

Ho capito: siamo, come sempre, in mezzo ai casini. Ma che cacchio ci è venuta a fare in questa scuola l’alunna Marcantonini Maria Beatrice, ad anno scolastico ormai inoltrato?

OoO

MACRINA MIRTI

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