Armando d’Amaro, nato a Genova nel 1956, vive a Calice Ligure. Dopo studi classici e laurea in giurisprudenza ha praticato attività forense ed accademica, abbandonate per dedicarsi alla scrittura noir.
Per Fratelli Frilli Editori ha pubblicato Delitto ai Parchi (2007), La Controbanda (2007; 2016 in Italia Noir per Repubblica-l’Espresso), La farfalla dalle ali rosse (2008), Liberaci dal male (2010, col criminologo Marco Lagazzi), Il testamento della Signora Gaetani (2014), La mesata (2016), Nero Dominante (2017), Boccadoro e il cappotto rosso (2018), Il maresciallo Corradi e l’evaso (2019), Boccadoro e la calda estate (2020), Commissario Boccadoro. Genova, i crimini negati (2021) e ha curato le antologie Incantevoli stronze (2008), Donne, storie al femminile (2009), Una finestra sul noir (2017), 44 gatti in noir (2018), Tutti i sapori del noir (2019), I luoghi del noir (2020), Odio e Amore in noir (2021); altri racconti sono usciti per altri editori o riviste; il monologo Atlassib è rappresentato con successo a teatro; numerosi i testi scritti per artisti, tradotti anche in inglese e russo.

Potete trovare i suoi libri QUI.

Quando e dove nasce il tuo protagonista seriale? In quanti romanzi compare?
Scelgo di presentarvi il commissario Francesco Boccadoro, che compare per la prima volta in “Nero Dominante”, pubblicato nel 2017. A lui ho dedicato finora diversi racconti e quattro romanzi, il più recente – “Commissario Boccadoro. Genova, i crimini negati” – è stato dato alle stampe nel 2021; a maggio, spero, uscirà il quinto.

Quando hai scritto il primo avevi già previsto che sarebbe ritornato in altri romanzi? In caso affermativo avevi predisposto la conclusione del primo per tenerti “la porta aperta” e hai annotato informazioni per non cadere in contraddizione? In caso negativo cosa ti ha spinto a riprendere il personaggio?
Fu l’amico Marco, già purtroppo malato, che mi chiese se fossi disponibile a creare un nuovo personaggio seriale che agisse quando l’ideologia fascista dominava mentalità, atmosfera e costume, così da far anche vivere (o rivivere) il periodo ai lettori. Mi misi dunque al lavoro – prevedendo più romanzi – studiando documenti (filmati e immagini dell’Istituto Luce, quotidiani in emeroteche, trascrizioni all’Archivio Centrale dello Stato e schede personali sul sito del Senato, solo per citare le fonti più utili), e ascoltando i ricordi di chi quegli anni li aveva vissuti; di conseguenza stilai, preliminarmente, centinaia di pagine di appunti contenenti quante più informazioni possibili per ricreare il ‘teatro’ dove far recitare, interagendo tra loro, personaggi reali e d’invenzione.

Il tuo personaggio “invecchia”? In caso affermativo, le tue storie sono state in sequenza cronologica o si muovono avanti e indietro nella vita del personaggio? Volendo, il lettore potrebbe individuare in quale anno è ambientata ogni singola storia, anche se tu non l’avessi indicata? Perché hai scelto quegli anni? Se non “invecchia”, come gestisci i legami, se ci sono, fra le varie vicende?
Sì, Boccadoro invecchia; i romanzi a lui dedicati si susseguono in ordine cronologico e, anche se non fossero indicate le date, sarebbe facile per il lettore – grazie ai riferimenti storici – capire quando si svolgono le vicende narrate.

Se il tuo personaggio si muove quasi sempre in un territorio ben definito, perché hai scelto quei luoghi? È forte il legame personaggio-luoghi o la storia potrebbe essere spostata senza perdere molto?
Le storie – che come detto si intersecano con la Storia – si svolgono in Liguria perché è un territorio che amo e ben conosco, ma ritengo che non perderebbero ‘forza’ e credibilità se ambientate in altri luoghi, certo sempre sul territorio nazionale. Perché noi tutti siamo figli del noir mediterraneo: non per nulla l’amico Marco (come adesso fa Carlo) chiedeva ai suoi autori di narrare non soltanto crimini, ma paesaggi, storia, società, tradizioni, aspetti sconosciuti, leggende e finanche cibi e vini legati al loro territorio di nascita o elezione.

Il tuo personaggio ti somiglia? Gli hai affibbiato qualche tua abitudine o gusto particolare? Le sue opinioni sul mondo e la vita coincidono con le tue? Ti capita di pensare che tu stai diventando simile a lui? Che si stia impadronendo della tua vita?
Sì, Francesco mi somiglia, e non solo per il vizio di fumare. Essendo un personaggio non nato ‘per caso’, come è successo per il maresciallo Corradi, ho avuto modo di costruire lui e la sua famiglia ‘ricalcando’ con affetto i miei cari: per esempio, i suoi tre figli portano i nomi dei miei pur assomigliando di più, sia fisicamente che caratterialmente, a mia madre (appunto Irma nei romanzi, oggi fedele cronista ultranovantenne di tanti avvenimenti del nostro Paese) e ai suoi fratelli. Quando scrivo sono talmente immerso nelle vicende ‘criminali’ e ‘familiari’ da confondere realtà e fantasia.

Hai mai pensato e/o provato a uccidere il tuo personaggio seriale? Perché? Hai mai pensato e/o provato ad abbandonarlo e a far nascere un altro personaggio? Perché? Se porti avanti due serie con personaggi seriali, come ti senti passando da uno all’altro?
Ho provato a uccidere l’altro mio personaggio, il maresciallo Corradi, al secondo romanzo che lo vedeva protagonista… senza riuscirvi. Adesso, pur avendolo provvisoriamente accantonato, ‘sento’ che – vivo e vegeto – sta proseguendo nel suo cammino senza che io gli stia col fiato sul collo.

Programmi pensieri, gesti ed emozioni (in sostanza, la vita) del tuo personaggio li decidi tu o è lui (o lei) a prendere le redini e fare ciò che vuole? Se decide lui (o lei), questa inquietante situazione si è presentata in quale romanzo (indica il numero d’ordine)? Se decidi tu, per favore dammi la ricetta!
Secondo me anche gli autori che si illudono di dominare i propri personaggi in realtà sono in mano loro; nel mio caso fanno ciò che più li aggrada prendendo, talvolta, decisioni che li portano in situazioni dalle quali è poi difficile uscire. Questa sensazione mi accompagna dalle prime pagine di ogni nuova storia, che non sempre so come andrà a finire: che diamine, ci pensino un po’ anche Boccadoro & C.!

Chi crea un personaggio seriale popola un mondo di coprotagonisti seriali. Come scegli le “spalle”? Sono soltanto funzionali allo svolgimento dell’azione o li usi per dire qualcosa di più sul protagonista, approfondendo la sua vita privata?
Ogni comprimario ha un suo spessore: che favorisca le indagini o legga il giornale sul tram arricchisce le vicende, e spesso aiuta a svelare il carattere e la vita privata del protagonista: Boccadoro, senza la sua famiglia, il giovane brigadiere Beccacini e i criminali di turno… sarebbe ‘piatto’.

Dai importanza all’aspetto fisico del protagonista? Alla sua vita interiore? (speranze, delusioni, ideali, ricordi). Ha una vita affettiva? Sessuale? In caso affermativo, pensi che aiuti a dare profondità? In caso negativo, che distolga dall’indagine?
Mia intenzione, ancor prima di scrivere le prime righe di questa serie, era che fosse pervasa di umanità (non disgiunta dal suo opposto), che anzi ne diventasse elemento essenziale a iniziare dal personaggio principale, che non per nulla si esprime in prima persona. Almeno in parte credo di esserci riuscito, se Antonia Del Sambro mi ha voluto così benevolmente commentare: “…Tra metafore letterarie e squarci di vita familiare che ricordano Italo Svevo, Armando d’Amaro coglie alla perfezione l’humus della società italiana del Ventennio…”.

Se il tuo personaggio potesse parlare cosa direbbe di te?
Non saprei. Mi farebbe piacere che Boccadoro, come un nonno (anche se nei romanzi più giovane di me), mi dicesse comprensivo che, tutto sommato, sono un “bravo ragazzo”.

Per concludere, puoi scegliere poche righe di un tuo romanzo che userò come spot del personaggio, tre righe che lo rappresentino.
“Nello specchio osservo un viso affilato che alle volte quasi non riconosco, la chioma scura – domata dalla brillantina – che sulle tempie inizia a essere punteggiata da capelli bianchi, il fermacravatta d’oro donatomi da mio padre per la laurea, che serberò per sempre a suo ricordo. Poi mi fisso negli occhi, e vi ritrovo quelli di mia madre, e il pensiero corre a quando – da poco tornato dal fronte, provato dalle miserie della guerra – dovetti affrontare la sua disperata, quanto inutile, resistenza alla febbre spagnola…”.
“Boccadoro e la calda estate. Genova, 1940” (2020)

La fotografia di Armando d’Amaro appartiene a Savona News.