Stefano Di Marino (Milano, 28 marzo 1961) è uno scrittore e traduttore italiano. Laureato in giurisprudenza, decide però di seguire la sua passione per la letteratura thriller, il noir metropolitano d’azione e l’horror. La sua bibliografia è sterminata. Scrive i suoi romanzi sia come Stefano (a volte Steve) Di Marino che usando vari pseudonimi: • Stephen Gunn • Xavier LeNormand • Frederick Kaman • Etienne Valmont • Jordan Wong Lee • Alex Krusemark • Gilbert Oury.

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Che genere scrive? Ce ne parla? Ci racconta come mai ha scelto questo genere per esprimersi?
Io scrivo un po’ tutti i generi della Narrativa popolare che è la mia passione e il mio lavoro da trenta anni. Salvo forse la SF che non mi interessa granché, credo di aver scritto di tutti i generi anche se il mio principale interesse è lo spionaggio avventuroso perché ha dei meccanismi che mi permettono di raccontare vicende intricate e coinvolgenti, dove tutti tradiscono tutti e nelle quali è la volontà dei protagonista a determinare gli eventi.

Come scrive? Penna e carta, Moleskine sempre dietro e appunti al volo, oppure rigorosamente tutto a video, computer portatile, iPad, iPhone?
Da ragazzino, una vita fa, scrivevo a mano su quadernini a quadretti, a diciotto anni mi regalarono una Olivetti e poi, quando iniziai a lavorare professionalmente, ho cominciato a scrivere con il computer.

C’è un momento particolare nella giornata in cui predilige scrivere i suoi romanzi e racconti?
Io faccio il narratore per professione e ho la fortuna di poter dedicare le ore migliori del giorno al mio lavoro (che poi è anche una passione). Di solito comincio a scrivere dalle 9 alle 12 e qui mi dedico principalmente alla narrativa. Nel pomeriggio tra le 15 e le 18 scrivo saggistica o, occasionalmente, lavoro alle traduzioni che sono sempre un’ottima scuola.

Quando scrive, si diverte oppure soffre?
Mi diverto un mondo! Io credo fermamente nella scrittura terapeutica che, al contrario della pubblicazione, è un diritto. Sono stato così fortunato da poter pubblicare le storie che mi appassionano. Ok, lo so che a non tutti gli editor piacciono e per questo mi hanno relegato nella narrativa economica. Ma va bene così. Il segreto per scrivere delle buone storie è divertirsi a raccontarle.

Nello scrivere un romanzo, “naviga a vista” come insegna Roberto Cotroneo, oppure usa la “scrittura architettonica”, metodica consigliata da Davide Bregola?
Considerato che scrivo storie a volte molto complesse devo avere un canovaccio e uno scalettone molto precisi. Che però elaboro in maniera erratica, magari andando a fare una passeggiata, per tempi lunghi, una volta che ho chiari tutti i meccanismi li metto su una pagina e poi…comincio a raccontare prendendomi tutte le libertà che ritengo opportune.

Quando scrive, lo fa con costanza, tutti i giorni, come faceva A. Trollope, oppure si lascia trascinare dall’incostanza dell’ispirazione?
Come dicevo, il mio è un lavoro. Lo faccio tutti i giorni, tutto il giorno. È una questione di autodisciplina. Come diceva Stephen King. “ Il dilettante si siede e pensa, il professionista si alza e comincia a lavorare”.

Ama quello che scrive, sempre, dopo che lo ha scritto?
Generalmente sì, ma a volte mi capita di lavorare a un libro, di quelli per cui non ho magari ancora l’editore, e arrivare a un punto che dico: “Questa storia non va”. Allora butto via tutto. Magari tengo qualche idea. Se consegno un libro deve convincermi.

Rilegge mai i suoi libri/racconti, dopo che sono stati pubblicati?
Generalmente no. Ma quando arrivo all’ultima bozza ho già letto il romanzo almeno cinque o sei volte, correggendolo sempre molto. Il momento più bello non è la pubblicazione, ma la lettura delle ultime bozze.

C’è qualcosa di autobiografico nei suoi libri?
Senza dubbio, ma il trucco sta nel trasformare e reinterpretare la vita. Tutti siamo convinti di essere protagonisti di un magnifico film, invece siamo solo comparse. Più le situazioni reali si trasfigurano, più efficace diventa la scrittura.

Tutti dicono che per “scrivere” bisogna prima “leggere”: è un lettore assiduo? Legge tanto? Quanti libri all’anno?
Sì, moltissimo e guardo anche tantissimo cinema (ne scrivo anche). In media un libro ogni quindici, venti giorni, considerato che alcuni sono molto lunghi e leggo quasi tutto in originale non c’è male.

Ha mai partecipato a un concorso? Se sì, ci racconta qualcosa della sua esperienza?
Non amo molto i concorsi e i premi. Un po’ perché conosco certe dinamiche… politiche. Partecipai trent’anni fa a un premio per un racconto… non ricordo come è andata. Io lavoro professionalmente.

A cosa sta lavorando ultimamente?
A un romanzo del Professionista, naturalmente. Devo scriverne sette all’anno ed è una bella routine. Ho cominciato un libro di storia divulgativa sulla Legione Straniera che è uno dei miei interessi principali. Poi diverse cose sul cinema popolare.