“Lascia stare, stupida! Madame non gradisce che i suoi libri vengano toccati!”

Anna Weasley ritrasse bruscamente la mano dalla libreria e guardò l’anziano maggiordomo come se gli avesse dato di volta il cervello. Ma insomma, non era stata assunta per pulire? Era quello che stava cercando di fare. Se solo quella vecchia cornacchia le avesse lasciato fare in pace il suo lavoro! Invece, da quando era arrivata, quella mattina, era stato tutto un “non toccare qui, non toccare là…” da dietro le sue spalle. Quell’uomo aveva la capacità di apparire dal nulla come uno spettro. Proprio quello che le ci voleva, in quell’enorme casa già abbastanza tetra per i fatti suoi.

“Ma è pieno di polvere, sono sicura che Madame…” obiettò la ragazza con un filo di voce che non riusciva, tuttavia, a nascondere un tono battagliero. L’ometto strabuzzò gli occhi, afferrandola per un polso con forza sorprendente.

“Lavoro qui da quarant’anni, sgualdrinella. Pensi di sapere meglio di me che cosa desidera Madame? Ti ho detto che i libri non si toccano, e questo è quanto devi sapere. Spazza tappeti e pavimento, piuttosto, poi lucida l’argenteria. Tornerò a controllare, vedi di darti da fare!”

Massaggiandosi il polso indolenzito, Anna guardò l’uomo uscire dalla stanza, poi impugnò mesta i suoi attrezzi e si mise al lavoro, cercando di calmarsi e di ignorare la sensazione di disagio che l’aveva colta sin da quando aveva varcato l’imponente soglia della residenza degli Hiddlestone.

A un tratto, un tonfo proveniente dalle sue spalle la fece voltare di scatto e le strappò uno strillo soffocato. Un libro, un pesante tomo rilegato in pelle dall’aria vetusta e consunta, era precipitato da uno scaffale e giaceva sull’elegante tappeto persiano. Anna rimase immobile, il cuore che le martellava nel petto, a fissare il libro che sembrava ricambiare il suo sguardo grazie a un elaborato motivo di borchie metalliche impresso sulla copertina.

E adesso? si chiese Anna. Con la sua sfortuna, nel momento in cui avesse raccolto il libro per rimetterlo a posto il maggiordomo sarebbe entrato nella stanza e l’avrebbe colta sul fatto, accusandola di aver disobbedito. Allo stesso modo, se lo avesse lasciato per terra, quel vecchiaccio avrebbe potuto incolparla di un crimine persino peggiore. Il risultato sarebbe stato identico: lei di nuovo in strada a racimolare qualche penny per aver di che vivere assieme alla madre malata.

Decise di rischiare.

Trasse un profondo respiro e sollevò il libro, ma quasi lo lasciò cadere di nuovo, impreparata com’era al calore che esso emanava. Come se fosse… vivo. E avesse la febbre. Con un misto di ribrezzo e fascinazione, Anna se lo sistemò meglio sull’avambraccio, carezzandone la costa e ammirando il disegno metallico sulla copertina. L’effetto di un viso malevolo che pareva scrutarla si era attenuato con la vicinanza, che rendeva l’immagine più confusa, nondimeno la sensazione di essere osservata s’intensificò. Strano che non ci fosse un titolo. Chissà di cosa parlava. Anna non sapeva leggere molto bene, ma le sarebbe piaciuto imparare. Magari era un libro di fiabe! Lei adorava le fiabe. Le serate passate ad ascoltare la nonna che gliele raccontava prima di dormire erano uno dei ricordi più belli della sua infanzia. Peccato che il colera se la fosse portata via, assieme al suo papà. Da allora tutto era andato male e non c’era più stato tempo per le fiabe, nemmeno nella sua testa.

Che ci sarà di male, se gli do solo un’occhiata? Magari ci sono delle belle figure, ancora più belle di quelle del libro della nonna. Persino quello abbiamo dovuto vendere, per non morire di fame. E che cosa ci abbiamo ricavato? Un misero penny!

Anna mise da parte la ramazza e si sedette sul tappeto dai colori accesi. Si appoggiò il libro sulle ginocchia e, lanciando continue occhiate nervose alla porta, aprì la copertina.

C’era un’illustrazione, in effetti.

L’immagine di una ragazza seduta su un tappeto dalle tinte vivaci, con un grosso libro sulle gambe, curva in avanti per la concentrazione con cui esaminava le pagine. Anna fece appena in tempo a stupirsene e a notare le inquietanti analogie con la sua situazione, prima di sentirsi risucchiata inesorabilmente verso l’interno del volume. Tentò in ogni modo di resistere, mentre squittii sempre più terrorizzati le sfuggivano dalla gola, ma precipitò al suo interno con un ultimo grido di puro orrore, perché aveva intravisto quello che la attendeva nella seconda pagina. La copertina si richiuse con un tonfo e il silenzio riprese possesso della stanza.

Qualche ora dopo il maggiordomo rientrò nella biblioteca, raccolse il libro e lo ripose sullo scaffale, sorridendo soddisfatto. Madame sarebbe stata felice di sapere che, ancora una volta, i suoi amati libri avevano ricevuto il nutrimento che meritavano.