Nella nostra cultura, a causa delle sue radici greco-romane, il nome Lucrezia per molti secoli ha fatto pensare a quella matrona che venne violentata da Sesto Tarquinio, figlio dell’ultimo re di Roma, e che, prima di suicidarsi per il disonore, denunciò a suo marito e suo padre cosa aveva subito, dando così il via agli eventi che dovevano portare all’avvento della repubblica. A lei senza dubbio pensava Machiavelli quando nel 1518 scrisse il capolavoro comico del Rinascimento italiano, La Mandragola.

Al centro c’è una beffa: il giovane Callimaco, bello e ricco, si è innamorato, secondo i parametri dell’amor cortese, di Lucrezia, bella, intelligente e onesta, sposata al vecchio e stupido Nicia, che è divorato dal desiderio di avere figli e non riesce ad ottenerli per la presunta sterilità della moglie. Gli viene fatto credere che tutto si risolverà grazie ad una pozione di mandragola, la quale però avrebbe un inconveniente: il primo uomo con cui Lucrezia giacerà, dopo aver preso il farmaco, è destinato a morire entro pochi giorni. Nicia si lascia quindi subito convincere, grazie ad un complotto di cui fanno parte un servo, un parassita intelligente e scroccone ed un frate, a sequestrare a tal fine un qualche giovinastro raccattato per strada, giovinastro che nella realtà sarà lo stesso Callimaco travestito.  Unico ostacolo a questo punto è proprio Lucrezia, che è trattenuta dalla sua ripugnanza per l’adulterio e anche dallo scrupolo per l’esigenza di sacrificare una vita umana al suo desiderio di maternità. Per convincerla occorrerà un’inattesa alleanza fra il marito, che le impone obbedienza, la madre, che è preoccupata dall’idea che un domani la figlia resti vedova senza prole e quindi senza mezzi di sostentamento, e il suo confessore, corrotto da Callimaco con una grossa somma di denaro. Obbedendo, non commetterà alcun peccato, le viene assicurato, perché darà alla luce un nuovo cristiano per Dio e perché farà ciò non per lussuria, ma per obbedire a suo marito; quanto allo sconosciuto, non è affatto detto, ma solo possibile, che debba davvero morire. Stremata e sopraffatta da questo attacco concentrico, Lucrezia cede, affranta: ma non credo mai essere viva domattina.

A quello che accade nella notte Machiavelli non ci fa assistere. La mattina dopo ce lo racconta invece Callimaco, personaggio ambiguo, spesso considerato un inetto (perché sono altri a progettare e poi a eseguire quasi tutto l’inganno) e che, nonostante la sua buona reputazione, non si può certo definire un giovane di specchiata moralità. Innanzitutto veniamo informati che per tutto il tempo del primo rapporto Callimaco ha provato, sì, molto piacere, ma si è sentito anche molto a disagio, perché stava ingannando Lucrezia. Quindi le ha rivelato tutto, le ha dichiarato il suo amore e le ha chiesto di portare avanti con lui, nella massima discrezione, una relazione segreta, con la promessa di sposarla appena possibile, cioè dopo la morte di Nicia, molto più vecchio di lei.

Cosa avrà mai provato la donna? Sappiamo che per un po’ non parla, ma sospira e alla fine dice:

Poiché l’astuzia tua, la sciocchezza del mio marito, la semplicità di mia madre e la tristizia del mio confessoro mi hanno condutto a fare quello che mai per me medesima arei fatto, io voglio iudicare che venga da una celeste disposizione, che abbi voluto così, e non sono sufficiente a recusare quello che ’l Cielo vuole che io accetti. Però, io ti prendo per signore, patrone, guida: tu mio padre, tu mio defensore, e tu voglio che sia ogni mio bene; e quel che ’l mio marito ha voluto per una sera, voglio ch’egli abbia sempre.

Queste sono le sue parole, riportate da Callimaco. Fedelmente? Con ogni probabilità sì: Callimaco è davvero felice e sembra nutrire un autentico amore per la sua donna. D’altra parte i sentimenti di Lucrezia si intravedono bene quando il personaggio ricompare in scena, perché il suo comportamento è davvero cambiato rispetto al giorno prima: è brusca e sarcastica, lasciando sconcertato Nicia. Fortuna che la madre Sostrata salva la situazione, convincendo il genero che si tratta solo di una reazione a quanto è stata indotta a fare.

Molte volte nei secoli passati la dignità e la felicità delle donne sono state sacrificate alle esigenze della famiglia: donde i matrimoni in giovane età con mariti molto più anziani, capaci poi magari di chiudere un occhio (o tutti e due) su relazioni adulterine con uomini potenti, grazie ai benefici che se ne potevano trarre. E purtroppo cose simili avvengono ancora soprattutto in altre culture e altre parti del mondo.

Perciò io sto con Lucrezia. Sto con tutte le donne che per esperienza hanno scoperto che di loro non importa niente alla maggior parte della società. E che è difficile vincere combattendo contro tutto il mondo. Molto controversa fra i critici la questione di quale fosse il punto di vista di Machiavelli. Però non per niente si è potuto sostenere che per lo scrittore Lucrezia fosse l’incarnazione dell’Italia in decadenza del Cinquecento: conquistata e depredata.

Capolavoro assoluto del teatro rinascimentale italiano, la “Mandragola” è anche un amaro e disilluso ritratto di Firenze e dell’Italia del primo Cinquecento, abitata da uomini mossi dagli istinti più primordiali e privi di ogni determinazione morale o ideale. Ossessionato dal desiderio di paternità, lo sciocco messer Nicia si affida al sedicente medico Callimaco che, innamorato della bella moglie di Nicia, gli promette di guarirne la sterilità con una pozione di mandragola dalla letale (quanto falsa) controindicazione: il primo che farà l’amore con Lucrezia morirà entro otto giorni. E il primo sarà naturalmente Callimaco travestito, che Nicia stesso, gongolante, condurrà al letto della moglie. Una commedia insieme vitalistica e pessimistica, che il commento di Rinaldo Rinaldi illustra in tutta la sua poliedrica complessità.