Se da un lato è vero che il Crepuscolo rappresenta la dimensione per eccellenza dell’Arte, insieme alla Luna, ed esattamente del momento ispiratorio, dall’altro, senza alcun dubbio, tale stato ben statuisce lo spessore dell’opera di Davide Benincasa. Un intreccio lirico di fili d’ombra e di luce che non si stemperano in maniera semplice lungo la struttura poetica, e che, più che mai, scandisce le emozioni e i sentimenti del poeta con grande profondità.

Una sottile velatura romantica attraversa l’intera poetica di Benincasa e organizza il pensiero lirico in superbi microcosmi, ognuno con le proprie caratteristiche formali, stilistiche e metriche; un’opera che in virtù di tale definizione assurge a privilegiato spazio intimistico al pari di un diario, in cui la parola custodisce e cela, allo stesso tempo, un “dolce segreto” (Fogli di vita vissuta a formare / un consunto diario: un acre lamento, / lacera l’anima ed esplode; cruento, / s’annoda… e m’abbandono al suo avvinghiare.)

Il grigio crepuscolare, sopra citato, ammanta così l’intera opera di uno stato conteso fra la bellezza e l’infrangersi del sogno, tra il furor poetico e il tormento. Una bellezza, direi, a tratti classica che emerge dalla sapiente disposizione delle parole, soprattutto da una sensibilità estetica che si agita fra le pause e i silenzi disseminati quasi con preordinata crudeltà (Vago, solingo, in un altro universo, / alla ricerca di un lido migliore, / ove cullare mi lascio; disperso: / un giardino dove cogliere un fiore, per inspirarne la garbata aulenza, o un rupestre ruscello tra i monti / dove assaggiare la limpida essenza / di fresche acque, osservando altri orizzonti). Gli intervalli armonici tessono un profondo dettato musicale che gioca con il lettore, come in una melodia dalle poliedriche tinte tonali. Benincasa ben costruisce metricamente e ritmicamente il proprio spartito testuale, e su questo fa correre i propri accordi, ora carezzevoli ora drammatici, in cui la poesia esprime, palesa, mette a nudo i suoi intenti; ed ecco farsi avanti il senso di sgomento, di meraviglia, quello stupor che dapprima seduce il lettore per poi annichilirlo con il senso di inadeguatezza, la sospensione fra la realtà e la dimensione ideale, in cui le aspettative sembrano andare in frantumi (Seriche notti tra i filari / dove volpi hanno la tana / avvolti nel caldo silenzio / tenendoci stretti per mano // in lontananza focolari / il rumore di una fontana / e lo scrosciar in precipizio / di un ruscello – ti amavo, invano). In Benincasa si ravvisano tracce nette di pessimismo.

Quelle del poeta emiliano sono poesie potenti, dal gusto classico, che riprendono i canoni d’un modo di comporre appartenuto al passato. Mai banali, una ricercatezza direi necessaria e dovuta, che non  soverchia affatto il verso.

In sostanza una poesia “d’altri tempi”, pur sempre attuale e che riesce, puntualmente, a far vibrare l’animo del lettore, concupendolo all’interno di una gabbia versificatoria sì feroce ma caratterizzata da lampi di luce improvvisi, timidi barlumi di uno straordinario estro creativo.

Davide Benincasa, nato a Formigine (MO) nel 1975. Lavora come impiegato; tra un verso e l’altro coltiva la passione per il podismo e alleva gatti di razza Nebelung e Blu di Russia. Ha pubblicato nel 2011 la raccolta poetica Intrecci di Rime per la casa

editrice Occhi di Argo, con la quale ha fra l’altro collaborato ne Le 3000 Antologie. Nel 2014 per Edizioni della Sera ha pubblicato, insieme alla poetessa Eufemia Griffo L’Eredità di Dracula – Liriche gotiche sull’Amore oltre il tempo. Diverse le pubblicazioni in antologie.

Intrecci di Rime (pensieri dischiusi nel silenzio dell’Anima), Davide Benincasa, Gli Occhi di Argo Editore, Agropoli (Salerno), 2011. ISBN: 978-88-97421-03-0.

Contatti: occhidiargo@hotmail.it

 

Gli articoli di Fabrizio Corselli