Rebecca Quasi è una signora di mezz’età che scrive per hobby.
Ha esordito come self nel 2017, nel 2019 ha collaborato con Dri Editore e More Stories.
Nella vita vera è una mamma, una moglie e un’insegnante… non sempre in quest’ordine.

Che genere scrive? Ce ne parla? Ci racconta come mai ha scelto questo genere per esprimersi?
Scrivo romance, per lo più contemporanei ambientati in Italia, e qualche storico.
Non so se posso affermare di avere scelto il genere, penso sia più corretto dire che il genere ha scelto me, visto che per il momento mi sono venute in mente solo storie d’amore. Magari mi passa…

Come scrive? Penna e carta, Moleskine sempre dietro e appunti al volo, oppure rigorosamente tutto a video, computer portatile, iPad, iPhone?
Scrivo direttamente al pc dopo aver pensato prima di addormentarmi alla scena, al capitolo, alla storia. Scrivo di getto, rileggo, cancello, riscrivo. Buona la prima o la seconda, dipende.
Quando devo iniziare una nuova storia parto da un dialogo e poi sviluppo il prima e il dopo.

C’è un momento particolare nella giornata in cui predilige scrivere i suoi romanzi e racconti?
Scrivo quando capita e dove capita.
Mi piacerebbe pianificare, organizzare, essere rigorosa e rispettare le tabelle, ma non ci sono mai riuscita.
Ho un tavolo in un bar e quando posso vado lì: cappuccino, brioche e parole.

Quando scrive, si diverte oppure soffre?
Per lo più mi diverto, se no avrei già smesso. Ma la scrittura scava e smuove per cui porta con sé, inevitabilmente, anche una buona dose di sofferenza.
Per anni ho scritto di me, poi ho smesso.

Nello scrivere un romanzo, “naviga a vista” come insegna Roberto Cotroneo, oppure usa la “scrittura architettonica”, metodica consigliata da Davide Bregola?
Sono sicuramente una seguace di Cotroneo.
Le scalette, i promemoria, le schede personaggi… zero proprio.
Tengo sempre in borsa un quadernino per le ‘folgorazioni’.
Perché talvolta la ‘folgorazione’ capita: una frase, un’idea, una svolta si affacciano al pensiero cosciente e occorre prenderne nota. Se non sto guidando, dormendo o spiegando come usare l’H in seconda elementare, piglio il quadernino e annoto.
Capita che a distanza di ore o giorni, ciò che aveva l’aria di una folgorazione perda molti watt e da faro da stadio passi a lume da comodino o cerino.

Quando scrive, lo fa con costanza, tutti i giorni, come faceva A. Trollope, oppure si lascia trascinare dall’incostanza dell’ispirazione?
Scrivo quasi tutti i giorni, senza rigore né metodo, però.
Capita che i giorni in cui avrei ore da dedicare alla scrittura non produca più di due frasi e giorni in cui ho i minuti contati i pensieri sgorghino a getto continuo in una sorta di Legge di Murphy letteraria.
Prendo quello che viene.

Ama quello che scrive, sempre, dopo che lo ha scritto?
Appena scritto mi sembra tutto da buttare, ma non lo faccio, altrimenti non mi rimarrebbe nulla.
Tengo ogni scritto per un paio di settimane; se dopo quel periodo è ancora brutto allora lo cancello.

Rilegge mai i suoi libri/racconti, dopo che sono stati pubblicati?
Sì, spesso.
Lo faccio perché mi interessa vedere cos’è cambiato nella mia scrittura e per non ripetermi.
Tendo a dimenticare e potrei utilizzare gli stessi espedienti, frasi o cliché.

C’è qualcosa di autobiografico nel suoi libri?
L’amore per i luoghi sicuramente.
Ambiento sempre le mie storie in città immaginarie che in realtà sono la mia.
Amo il luogo in cui vivo e i suoi dintorni, lo conosco e so che può avvalorare ciò che scrivo.
Sono profondamente convinta che una storia tragga gran parte del proprio fascino dall’atmosfera che le si crea intorno e un’atmosfera non la si può inventare (a meno che non si tratti di un fantasy, genere per il quale ho la massima ammirazione) o copiare.

Tutti dicono che per “scrivere” bisogna prima “leggere”: è un lettore assiduo? Legge tanto? Quanti libri all’anno?
Ho sempre letto tantissimo.
Leggo di tutto, a parte l’horror.
Attualmente leggo un libro a settimana.

Ha mai partecipato a un concorso? Se sì, ci racconta qualcosa della sua esperienza?
Ho partecipato a un solo concorso quando avevo 10 anni. Inviai una storia al giornalino per ragazzi “Candy Candy” e vinsi un cane di peluche.

A cosa sta lavorando ultimamente?
Sto finendo di scrivere una storia intitolata “Mercoledì”.
Lui è un editore e lei la preside del liceo di sua figlia.
È una storia di provincia, con i problemi delle città di provincia, il perbenismo e le apparenze.

I libri di Rebecca Quasi