Il mio primo contatto con Lidia Calvano è avvenuto grazie a Le concubine del pianeta Zofar: mi spingeva il mio antico amore per la fantascienza e insieme la commistione con il genere erotico. Del resto solo in contesti simili riesco a sopportare le vicende incentrate sul rapporto dominante-sottomessa: il dominante sempre uomo, la sottomessa sempre donna, chissà perché. Be’, per la verità il perché si sa benissimo.

Nella fattispecie si trattava di una distopia: “Due pianeti contrapposti da un odio secolare, un popolo umiliato e asservito dopo una guerra totale. Un conquistatore diverso dagli altri sbarca su un mondo sconfitto e radioattivo, e sceglie una schiava dai capelli rossi per farne la sua concubina e portarla con sé su un eden lontano.”

Mi colpì subito il fatto che la protagonista si chiamasse Ester, che la donna fosse in posizione di totale soggezione rispetto al partner e che qua e là fossero distribuiti altri riferimenti biblici. Del resto, come si sa, la fantascienza finge soltanto di parlare d’altro. In realtà parla sempre di noi e della nostra storia. E difatti anche la Calvano riassumeva in questo breve romance la storia dell’umanità, insaziabile nel desiderio di conquista, che ha provocato tanti massacri e addirittura genocidi, per la criminale tendenza a distinguere sempre, con risibili pretesti, fra noi e loro.

E mi parve di individuare il messaggio fondamentale nella rivolta contro tutte le forme di violenza di qualunque provenienza, senza distinguere fra i nemici e i resistenti, e nell’aspirazione ad un mondo migliore di convivenza e tolleranza reciproca.

Da quel momento ho tenuto d’occhio l’autrice. Quindi sono andata a leggermi il precedente La lezione del porcospino, che certo non aveva la stessa genialità, ma era un racconto molto garbato e piacevole. Eppure il meglio doveva ancora venire.

Ed ecco uno strano romanzo, Un puzzle a due pezzi: al centro un giovane investigatore, dal comportamento un po’ inquietante, affetto com’è da dipendenza sessuale e da una miriade di tic, e una misteriosa quanto affascinante commerciante di pietre preziose più (fate attenzione!) “una passione struggente, un omicidio mai risolto, un socio bulimico e un hacker gay per un’indagine che non lascerà nulla uguale a prima”. Eh, sì, ovviamente io me ne sono accorta solo nella parte finale, ma si trattava di un romantic suspense. Certo uno quanto mai particolare: un puzzle appunto, di cui all’inizio a noi lettori mancano pezzi fondamentali.

RIP-Rest In Peace, invece, era dichiaratamente un paranormale. Ai miei occhi Blake, la protagonista, era una donna un po’ strana (e ancora non sapevo niente) se non altro per il lavoro che fa: quello di truccare i morti (pratica ai miei occhi rivoltante) in modo che il loro aspetto sia gradevole durante le ore di veglia funebre, prima che la bara sia chiusa. In questa occasione fa un incontro fondamentale che le darà quello che non ha da lungo tempo o forse non ha mai avuto: il grande amore. Ho paura di aggiungere anche solo una parola di più per non rovinare l’esperienza a chi volesse leggere questo meraviglioso romanzo breve.

D’altra parte non posso tacere sul fatto che nel frattempo la scrittrice ha pubblicato, insieme con Estelle Hunt, Rehab, un erotico choccante (almeno per me) che ha avuto uno straordinario successo.

Protagonisti un attore famoso e una specie di Cenerentola, per giunta con fratello molto malato da salvare. Il modo, lo immaginerete facilmente, è quello più antico del mondo. Solo che lui non è neanche lontanamente il principe azzurro dei nostri sogni, ma un uomo in preda ad una funesta dipendenza da alcool, sesso e droghe, come penso succeda veramente a molti nel mondo del cinema. Per me, che mi aspettavo un romance, è stata un’esperienza traumatizzante. È scritto benissimo, senza dubbio, per cui l’ho letto, sia pure salticchiando le scene per me insopportabili e contemporaneamente mandando accidenti a Daniel. Più leggeri per il mio puritanesimo femminista i tre spin-off.

La caratteristica migliore della Calvano, oltre alla capacità di sorprendere sempre chi legge con tematiche insolite o approcci nuovi, è uno stile asciutto senza fronzoli, sproloqui o bamboleggiamenti, sempre capace di andare al nocciolo dei problemi e mandare suggestioni intriganti e profonde. Dote difficile da acquisire se non la si possiede naturalmente.

E volete saperlo? Dal momento che viviamo entrambe a Roma, Lidia ed io ci siamo conosciute “dal vero” e, come immagino abbiate capito, ormai siamo pure diventate amiche.

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