Pensiamo di fare cosa gradita alle affezionate lettrici di Mariangela Camocardi, pubblicando il testo completo di questo lungo racconto comparso a puntate nel Blog.

Primavera, 1860

Nelly

Avere una sorella dotata di un fascino irresistibile poteva essere una vera maledizione. Odeana, del resto, era assolutamente incantevole, un surplus di avvenenza che irretiva gli uomini, attirandoli come falene impazzite verso lo splendore della fiamma. Benché non facesse nulla per sedurli, era quel tipo di donna che finiva per averli tutti o quasi ai suoi piedi. Nugoli di ammiratori l’assediavano ai ricevimenti cui partecipava, contendendosi un giro di valzer o una quadriglia per il piacere di tenerla tra braccia anche per un fuggevole giro di danza. L’oggetto di tanta galanteria ne era ovviamente lusingata: sembravano disposti a qualsiasi cosa per uno sguardo, un fugace sorriso, un battito di ciglia che lasciasse intuire, oltre il ventaglio, l’arma  con cui si divertiva a civettare con loro, un labile interesse per questo o quel gentiluomo. Nelly si soffermò a riflettere sulla sostanziale diversità che, sebbene gemelle, le caratterizzava. Odeana aveva emesso il primo vagito mezz’ora in anticipo rispetto a lei: in apparenza indistinguibili come gocce d’acqua, in realtà era dissimile dalla sorella come può esserlo la notte dal giorno. Oscurità contrapposta alla luce  e personalità agli antipodi. Una per indole preferiva passare inosservata, l’altra era viceversa l’emblema dell’esuberanza e dello charme. Perché Nelly, al contrario di Odeana, era schiva all’accesso e così incurante dell’aspetto da rasentare la goffaggine se si accorgeva che la fissavano per cogliere le differenze tra lei e la gemella.
Celata tra i tendaggi, distolse la mente dai pensieri inopportuni per riportare gli occhi sull’uomo e sulla donna che, tra le siepi del parco, erano avvinti nella perfetta icona dell’abbandono romantico. Nelly aveva sentito dire, chissà da chi, che un bacio poteva risultare un’esperienza più sconvolgente dell’amplesso stesso. Davanti agli occhi aveva la dimostrazione che ciò era inconfutabile: da come Arderico baciava Odeana era palese che l’attrazione era così intensa e incontrollabile che definire “intimità” le loro effusioni sarebbe stato più appropriato. Ne provò un’invincibile gelosia, e tuttavia fu incapace di smettere di fissare la coppia che, tra le ortensie, sembravano solo consapevoli della passione che condividevano. La luna quasi piena lasciava indovinare il profilo virile e incisivo di lui strappando riflessi bluastri ai suoi folti capelli bruni. Quelli lunghi e sciolti di Odeana apparivano di un biondo argenteo, rendendola simile a una creatura fatata. Ma Odeana era umana e carnale, pensò lei vedendola circondare la nuca di Arderico con le braccia e schiacciarsi impudica contro il suo corpo.
Nelly si  costrinse a quel punto a ritrarsi dalla finestra. Il risentimento verso la sorella era a un tratto sfociata in una sensazione di sgomento e vergogna. Spiare furtivamente quelle effusioni al limite della decenza era indegno di lei! Eppure era in effetti quanto stava facendo e ne fu così mortificata da arrossire per l’imbarazzo nonostante fosse sola nella stanza. Sospirando si diresse allo scrittoio per  riporre il suo diario in un cassetto segreto. Non ci aveva annotato nulla, quel giorno, troppo avvilita per avvertire la minima voglia di riordinare i pensieri e fermarli sulla pagina bianca. Cosa avrebbe potuto scriverci d’altronde? Che si era perdutamente, irrimediabilmente innamorata del conte Arderico Dalboni  Savini,  e che lui lo era di Odeana? Coglieva il ridicolo di una simile grottesca situazione, lo ammetteva.
Non era mai stata gelosa della sorella, cui voleva molto bene. Come poteva essere altrimenti? Già da piccola aveva intuito che Odeana aveva qualcosa di speciale, un quid che a lei era stato negato dal destino. Alla lunga si ci rende conto di non poter ambire al centro della scena, se gli adulti riservano la loro attenzione alla tua gemella. Lei adorava le luci della  ribalta puntate sulla propria persona, conscia di esercitare un carisma capace di relegare in secondo piano chiunque. Nelly si era ovviamente adeguata: primedonne si nasce e ormai le veniva spontaneo defilarsi, scevra da qualsiasi forma di animosità nel riguardi di Odeana. Insomma, si era trattato di accettare le rispettive peculiarità evitando di soffrirne se il  temperamento effervescente di lei incantava gli ospiti di casa Marzorati. Papà era comunque imparziale e amava entrambe senza predilezioni; mamma era più in sintonia con la più quieta delle figlie.  Nelly ebbe un soprassalto, colta alla sprovvista, quando la sua vulcanica sorella, l’espressione sognante, irruppe nella camera.
– Arderico è mio!- esclamò gongolante. – È così invaghito di me da avere le vertigini. Mi darebbe la luna, ma mi accontento di diventarne  moglie.
Nelly avvertì uno spasimo di dolore, ma si sforzò di non far trapelare dal viso quale tempestoso stato d’animo albergasse in lei. – Devo esprimerti le mie congratulazioni, allora,  perchè chiederà la tua mano, presumo.
– Sussistono dubbi in proposito?- Fece un’espressione eloquente e scostò un boccolo dalla fronte, manifestando il suo giubilo con una piroetta. – Ma ci pensi? Le mie saranno le nozze più clamorose dell’anno! Ordinerò un abito fantastico alla migliore sarta della città. Lui è uno scapolo che molte giovani da marito vorrebbero accaparrarsi ma sarò io ad averlo. Di certo sarò la sposa più invidiata della città.
– E Bartolomeo Montanari?
– Che c’entra lui?- Odeana parve contrariata dall’obiezione e un po’ della sua euforia si afflosciò come una vela durante una fase di bonaccia.
– Suppongo che l’addio al tuo amante sarà inevitabile, dovendo sposare un altro- le disse, stentando a intuire cosa mai frullasse nel cervellino della sua  frivola gemella. Odeana, forse per alleggerire una coscienza dalla morale elastica, era usa a rivelarle i suoi segreti, anche quelli scabrosi confidando sulla complicità e sui consigli della saggia e indulgente Nelly.
Appoggiandosi al comò di noce, un sorrisetto divertito e comprensivo  allo stesso tempo che le aleggiava sulle labbra rosate, questa replicò:– Cara, la tua insana propensione per la lettura e i libri, più che per altre attività, ti ha portata a distorcere l’obiettiva visione della vita reale. Pare infatti che tu abbia sviluppato una concezione piuttosto arcaica dei rapporti uomo-donna.
–  Devo darti atto che sei tu l’esperta in materia – ironizzò lei.
– Appunto, e ti rispondo: perché mai una cosa deve escludere l’altra?
– Da quel poco che conosco Arderico, credo sia quel genere di marito che non tollera affatto l’infedeltà. Non dalla donna che porta il suo nome.
Odeana scosse con noncuranza le spalle. Mieteva successi da che aveva memoria, e i privilegi li dava per scontati. In caso contrario se li concedeva da sé. – Userò la necessaria discrezione quando io e il mio bel cavalleggero in quel di Pinerolo avremo uno scambio di opinioni in privato.
– Se già ora ti prefiggi di barcamenarti tra marito e amante – interferì Nelly in tono di severa riprovazione – vorrei dissuaderti fin da ora dal fare affronti del genere a un uomo orgoglioso come Arderico Dalboni Savini.
– Guarda che le dame del bel mondo tradiscono abitualmente i mariti.
– Può darsi, ma è una mancanza di rispetto che non giustifico.
– Posso vivere anche senza la tua approvazione, mia cara.
– Lo so che mi consideri una rigida bacchettona destinata a restare zitella, ma ciò non mi impedirà di esprimerti la mia opinione in proposito e dirti che trovo disdicevole decidere di sposare un uomo che è all’oscuro dei tuoi altarini. Se sì è impegnati sentimentalmente con un altro, non è onesto!
– Quella con Bartolomeo è una relazione di lungo corso che così com’è va bene a tutti e due. Alludo al sesso che condividiamo, cioè qualcosa che non puoi comprendere, casta e pudica come sei. Lui ha le sue consuetudini, io le mie, non c’è altro da aggiungere. Inoltre ho chiarito fin dall’inizio che miravo a un buon matrimonio: si guarderà bene dall’osare intromettersi.
– Arderico dovrà quindi adattarsi suo malgrado a fare da terzo incomodo tra voi? Lo hai circuito soltanto per calcolo?
– Be’, non proprio…- tergiversò Odeana. – Fisicamente mi attrae.
– In effetti, escluso Bartolomeo, non ti eri mai incapricciata di qualcuno così in fretta! Quando un paio di mesi fa tu e Arderico vi siete conosciuti al veglione di Carnevale della baronessa Ebe Zandonai ho pensato, vedendovi insieme, a una specie di colpo di fulmine.
– Lo è, in certo qual modo – ammise Odeana. – Lui riesce a turbarmi… mi toglie il respiro solo a posarmi addosso quei penetranti occhi blu.
Nelly abbassò le ciglia a quelle parole, sollevata che la penombra avesse celato alla sorella il suo involontario moto di disappunto.- Sì, ho visto le signore bisbigliare eccitate allorché ha fatto il suo ingresso dalla Zandonai, inequivocabile dimostrazione che piace loro parecchio. Lui ne ha notata e corteggiata solo una: tu. Ero seduta alle tue spalle e dubito mi abbia vista. Il suo sguardo era inchiodata su di te. Perciò mi indigna che a mente fredda stabilisca di agire così male con entrambi: Bartolomeo è pazzo di te e non merita di essere il tuo giocattolo sessuale. Né Arderico l’adulterio.
Odeana sospirò. – Non hai torto, ma ti confido che non saprei a chi dei due rinunciare. Voglio diventare la moglie di uno e nel contempo è impensabile troncare con l’altro. La bassa estrazione sociale di Bartolomeo lo esclude però da  ogni possibilità in tal senso, temo? Il padre fa il guardiacaccia e ha nove bocche da sfamare, la madre incrementa il bilancio familiare come  lavandaia e lui, come modesto sottufficiale dell’esercito piemontese, non ha una luminosa carriera davanti, sprovvisto com’è di patrimonio. Io pretendo invece un marito facoltoso, Nelly: sono così da biasimare se ambisco allo status che il conte Arderico Dalboni  Savini mi garantisce?.
– Attenta ai passi falsi Odeana: corri il rischio che lui finisca per scoprire che hai una relazione, e saranno guai per te.
– E come potrà scoprirlo?- un lampo infastidito passò negli occhi neri di lei. Era insofferente alle regole e agli obblighi imposti dalle convenienze e non ne faceva mistero. – Mi tengo Bartolomeo e pure Arderico. Noi siamo più ricchi di molti spocchiosi blasonati che ostentano il loro rango, ma lui è l’unico che si è fatto avanti con intenzioni serie. Ora, benché la nostra sia una famiglia socialmente in vista, i Dalboni Savini erano aristocratici da prima ancora che Milano diventasse signoria dei Visconti.
– Papà non darà mai il suo consenso. Ha praticamente detto sì al cugino Aroldo, la cui proposta di matrimonio è stata presentata prima di quella di Arderico. Le terre del cugino sono limitrofe alle nostre e…
– Nessuno, nemmeno papà, può obbligarmi a sposare qualcuno che mi sta cordialmente antipatico!– tagliò corto Odeana, esacerbata.
– La parola è parola e papà è un galantuomo.
– Ebbene, visto che esiste una copia sputata alla sottoscritta – Odeana fece una pausa a effetto e la squadrò allusiva –  al limite mi rimpiazzi e te lo sposi tu il cugino Aroldo! Tanto per te un marito vale l’altro, no?
Voilà, ecco come la sua pratica sorella stabiliva egoisticamente e in modo sbrigativo chi tra loro due doveva assumersi certe responsabilità: per le sue esigenze, e ne aveva a iosa, era sempre pronta a rivendicarne la priorità, si disse Nelly, raggelata alla prospettiva che i genitori trovassero logico tale paradossale ragionamento. Oh, come avrebbe voluto che Arderico si fosse accorto della tranquilla Nelly, anziché farsi abbagliare da Odeana, farfalla variopinta che ammaliava tutti quanti. Erano gemelle ma chi mai sembrava avvedersene, pensò avvilita? Nella mente le sfilarono le immagini di quella sera di alcune settimane prima quando, alla festa di Ebe Zandonai, chissà mai perché lei si era a un tratto voltata verso l’ingresso del salone e il suo sguardo si era posato su Arderico, che vi era appena entrato.
Il frac gli squadrava le spalle, enfatizzando l’alta statura e il corpo atletico. Aveva folti capelli bruni lunghi sulla nuca e pettinati con la scriminatura da un lato; il naso aquilino e la piega imperiosa del mento erano stigmate che, con l’innata distinzione di una classe che non si inventa, gli  conferivano l’aura del nobile di razza. I modi impeccabili e il perfetto baciamano con cui aveva reso omaggia alla padrona di casa avevano incantato Nelly, quasi incapace di staccare l’attenzione dalla sua persona. Non era esattamente un Adone ma nessuno l’aveva attratta in precedenza nella misura in cui ci era riuscito Arderico. Non era l’unica: c’era stato un simultaneo convergere di sguardi su di lui da parte delle molte dame presenti. Sguardi che si erano soffermati oltre il lecito sull’ultimo arrivato. Ma era naturale che così fosse  con un uomo tanto virile da colpire d’impatto l’immaginario femminile.
Non che Nelly annoverasse stuoli di accaniti pretendenti, ben inteso: solo il maturo barone Garutti aveva avanzato una timida offerta di fidanzamento. Senza insistere quando aveva gentilmente rifiutato. Non avrebbe respinto Arderico. Ma lui, ovviamente, si era infatuato della gemella appariscente, limitandosi a gettare una fugace, superficiale occhiata a lei. Intimidita e paralizzata da una parossistica emozione, il cuore che pulsava impazzito, Nelly aveva distolto a precipizio gli occhi, intrecciando spasmodicamente le dita per vincerne il tremito. Odeana era invece già tutta sorrisi e sbattere di ciglia, calamitando tutta la sua l’attenzione su di sé. I due si incontravano alla chetichella, da allora, e quando erano venuti a trascorrere la Pasqua nella casa sul Lago Maggiore dove trascorrevano l’estate, Arderico li aveva seguiti prendendo alloggio in un albergo di Stresa, per non restare separato dall’amata durante tale periodo. Approfittando del mite clima primaverile, la permanenza si era protratta per quasi tutto aprile, ma ormai il rientro a Milano si approssimava e l’idillio, come aveva verificato osservandoli dalla finestra poc’anzi, si era fatto ancora più confidenziale. Prima di lasciare Milano per quel soggiorno lacustre Nelly era casualmente venuta a sapere che Arderico era un  patriota e un fervente sostenitore di Garibaldi, figura leggendaria per tutti coloro che anelavano l’Unità d’Italia, compresa lei. Si era sempre interessata di politica e ora finalmente qualcosa si muoveva. Vittorio Emanuele aveva tenuto un discorso in parlamento proclamando di non essere insensibile al grido di dolore che da più parti della Penisola si levava verso il Piemonte. Uno squillo di guerra, quello del sovrano. Anche i mazziniani confluiti nel Partito d’Azione si dicevano pronti ad azioni rivoluzionarie per abbattere governo Pontificio e  Borboni, così da ottenere rapidamente  l’Indipendenza e mettere l’Europa di fronte al fatto compiuto. La prudenza dell’azione diplomatica di Cavour faceva però mordere loro il freno, sebbene i tempi per un’insurrezione popolare fossero ormai maturi. Garibaldi, con il suo grande prestigio di condottiero, poteva trasformare in realtà la grande, legittima aspirazione degli italiani. Nelly aveva letto su un giornale lasciato in giro da suo padre che c’erano sottoscrizioni pubbliche per finanziare un’impresa che si stava organizzando per liberare il Regno delle due Sicilie. Erano in atto anche raccolte di fondi nate spontaneamente tra la gente, sempre straordinaria in iniziative come quelle. Avevano aperto l’arruolamento pubblico di volontari che volevano aggregarsi a Garibaldi.
– Mi hai sentita, sorellina?
Strappata bruscamente alle proprie considerazioni, lei annuì.  – Sì, certo, ma non credo di ambire alle nozze con il cugino Aroldo.
– Temo che volerlo o meno non rivesta alcuna importanza per papà, e tutto sommato, se valuti la cosa con l’indispensabile obiettività, converrai che rappresenta la soluzione ideale. Io detesto la campagna e a te è congeniale, invece. Per di più sei così accomodante di carattere che ti troverai bene con Aroldo. Lui sarà il classico consorte vecchio stampo e saprà prendersi cura di te, ergo, convincerò papà che come moglie sei  molto più adatta di me.
– Ma, Odeana, io non…
– Non appena gli avrai dato un erede – proseguì imperterrita, impedendole di proferire un qualsiasi parere in merito – potrai persino disertare il talamo,  se la faccenda non dovesse suscitare il tuo entusiasmo. – Ondeggiando i fianchi con la sensualità che madre natura le aveva elargito senza lesinare, lei si avviò all’uscio con l’incedere maestoso di chi si sente già contessa. Prima di congedarsi sistemò l’aderente giacchetta di velluto verde mela sul seno prosperoso e aggiunse:- Non puoi farmene una colpa se mi difetta il senso del dovere, mia cara, e d’altronde una di noi due deve assecondare le ambizioni espansionistiche di papà, non credi?
– E dovrei essere io a sacrificarmi per gli interessi familiari?
– Vuoi scommettere che non sarò io a scaldare il letto del cugino Aroldo?
Nelly, sconvolta dal cinismo della sorella, non trovò la prontezza di spirito per ribattere a tono. Attonita, fissò a lungo il battente di noce, dopo che la sorella si fu eclissata. Era consapevole che nessuno era imbattibile come Odeana a scavalcare qualsivoglia ostacolo si frapponesse tra lei e quanto si prefiggeva di arraffare. E se ne appropriava senza scrupoli, se reputava le spettasse di diritto, disarmandoti con il sorriso sfrontato di chi sa di avere in mano le carte migliori. Nelly, però, non era affatto disposta a cederle graziosamente il passo. Per la prima volta avvertiva un acuto senso di ribellione: Arderico Dalboni Savini era una posta troppo importante per tirarsi semplicemente da parte senza reagire. Perché avrebbe dovuto darla vinta a Odeana senza colpo ferire? Perché non provare almeno  mettersi in lizza? Probabilmente sarebbe stato inutile, ma lei voleva scrollarsi di dosso quell’inerzia. Non ne poteva più di quel ruolo di pedina passiva, divenuto ormai soffocante come un nodo scorsoio. Stavolta non poteva consentire a chicchessia di rubarle un sogno che aveva perfino paura di sfiorare. Sicché, aggrappandosi a una determinazione che stupì lei stessa, Nelly si ripromise di sfoderare le unghie e difendersi dall’egoismo altrui: improvvisamente erano i suoi desideri e le sue esigenze ad avere la priorità, ed era pronta a raccogliere la sfida che il destino le aveva lanciato.

Arderico

Arderico spronò il cavallo a un trotto più sostenuto sulla strada sterrata che serpeggiando tra le alture sopra il borgo di Fondotoce conduceva a villa Amanda, la dimora lacustre dei Marzorati. Aveva promesso a Odeana di chiederne formalmente la mano a suo padre e si accingeva a farlo appena fosse giunto a destinazione. Non era certo di esserne proprio innamorato, ma nessuna prima aveva potuto indurlo a trasformare in un marito lo scapolo impenitente che finora era stato. Era inoltre tempo che mettesse su famiglia: trentasei anni erano un’età opportuna per porre fine al celibato. Odeana gli pareva la sposa ideale: bella da togliere il fiato e dotata di un erotismo spiazzante, dietro quel viso da signorina perbene. Oltretutto lui aborriva un matrimonio combinato, correndo il rischio di ritrovarsi legato a qualcuno incapace di ricambiare la passione che sapeva di poter offrire a una donna. Parecchi amici suoi si erano fatti delle amanti per consolarsi di  mogli pudiche e fredde che si adeguavano agli obblighi coniugali più per dovere che per condividere alla pari l’intimità, simulando l’appagamento perfino. Tradivano anche le mogli, naturalmente, e più di quanto si potesse immaginare. Arderico voleva quindi una donna che stesse con lui per scelta e non per costrizione, capace di amarlo nel senso più profondo  del termine e collaborativa durante l’atto fisico, anche esigente nel pretendere piacere, perché no? Deplorava sopra ogni cosa l’ipocrisia e la falsità, ma Odeana non fingeva affatto di trovare piacevoli le effusioni di cui la faceva oggetto. Seducente e spigliata, era una sorta di afrodisiaco in sottana, con la prerogativa di eccitarlo già coi baci… e si lasciava baciare senza ritrosie ogni volta che ci provava. La gemella, al contraria, appariva estremamente riservata. A dire il vero lui aveva notato prima Nelly – così si chiamava- dopo il genuino stupore di incontrare donne così identiche da non riuscire a distinguerle. Seria, quasi scostante ma altrettanto desiderabile malgrado l’abito più castigato, Nelly non lo aveva degnato di uno sguardo, opponendogli una tale indifferenza da indurlo a spostare subito l’attenzione su Odeana. Detestava forzare la mano a chiunque, né voleva imporsi a qualcuno che evidentemente non manifestava nessun interesse nei suoi confronti. Esuberante e spigliata, Odeana aveva invece gradito l’approccio e flirtato sfacciatamente con lui, quindi ripiegare sulla sorella disponibile al corteggiamento non significava accontentarsi: erano uguali, no? Però, per come era fatto, avrebbe preferito venire incoraggiato da Nelly. Era stato pervaso da una certa delusione, lo riconosceva, perché d’istinto aveva fissato chi poi non gli aveva dato corda. Ma come si può costringere una donna che neppure ti guarda a cambiare atteggiamento solo perchè sei attratto da lei? Odeana poteva magari essere un surrogato, ma sembrava provare dei sentimenti per lui, e nei suoi occhi neri scorgeva la promessa di una passione anche fisica capace di infuocare le loro notti, dopo le nozze. In effetti Arderico non stava rimpiangendo di aver optato per lei, che ovviamente ignorava di rappresentare l’alternativa. Traboccava di voglia di vivere, in contrapposizione a Nelly che preferiva chiaramente defilarsi, quasi la infastidisse essere osservata più del dovuto da estranei. Forse era solo così altezzosa da frapporre tra sé e gli altri una barriera che la rendeva inavvicinabile, se giudicava qualcuno non alla sua altezza… i Marzorati non erano di estrazione nobile ma erano ricchissimi e appartenevano all’alta borghesia. Dettagli che gli importavano assai poco: titolo e patrimonio non garantivano sempre un affiatamento coniugale così duraturo da sfidare le insidie del tempo. Il padre di Odeana era titolare di alcuni alberghi dislocati nel nord e in altri rinomati centri di villeggiatura, per cui la famiglia si inseriva tra quelle più agiate della Lombardia facendo delle figlie due appetibili ereditiere. Lui ambiva essenzialmente ad avere una sposa  innamorata e fedele, piuttosto che i suoi soldi.
Quanto al matrimonio, doveva essere rimandato a data da stabilirsi poiché Arderico contava di partire per Genova l’indomani stesso, ammesso e non concesso che Attilio Marzorati acconsentisse al fidanzamento. Avvertiva  una punta di rammarico all’idea di doversi separare da Odeana così presto, e di doverla trascurare forse per mesi, ma lei avrebbe certamente capito che non aveva scelta. Lui aveva scritto al suo amministratore per comunicargli la decisione di unirsi ai garibaldini, e per raccomandargli di continuare a occuparsi delle proprietà. Non che ci fosse bisogno: Camillo Pirovani era un dipendente integerrimo, e inoltre i possedimenti agricoli che Arderico aveva nel mantovano erano affidati a mezzadri che li coltivavano da intere generazioni. I campi e gli allevamenti di bestiame, grazie al loro sudore, contribuivano anzitutto al sostentamento dei coloni stessi, poi ovviamente alle migliorie cui provvedeva regolarmente il buon Pirovani. Naturalmente Arderico ne traeva un discreto profitto che, di anno in anno, consolidava il suo benessere economico. Trascorreva molti mesi nella casa di campagna costruita due secoli prima dai suoi predecessori, a stretto contatto con la scura, fertile terra alla quale era profondamente legato.
Sistemate le questioni pratiche, aveva inviato una seconda lettera al notaio Castoldi per le disposizioni testamentarie: se fosse caduto combattendo una parte dei suoi beni doveva essere donata in beneficenza agli orfanotrofi di cui allegava l’elenco, Per il resto nominava suo legittimo erede Umberto Guglielmi. Umberto era un fratellastro nato dall’illecita relazione della loro  madre Dora con l’individuo con cui era andata a convivere quando il marito aveva scoperto l’adulterio. Fino a quel giorno suo padre non aveva mai sospettato che Umberto – che all’epoca aveva tre anni – fosse figlio di un altro. Una lettera anonima, spedita probabilmente dallo stesso amante della moglie, aveva fatto venire a galla la verità. Davanti ai suoi occhi di adolescente si era consumato il dramma di genitori ormai ai ferri corti. Pietro Dalboni Savini aveva affidato a un legale il disconoscimento della paternità e Dora, fulcro di pettegolezzi e del biasimo del vicinato, se n’era andata con Umberto, senza però chiedere al primogenito se voleva seguirla,  anziché restare con il padre.
La madre gli aveva scritto in quegli anni per raccontandogli del fratello, che tutto sommato non aveva colpa di quanto era accaduto, ma Arderico non aveva mai risposto, né c’era stata frequentazione. Lei, Umberto e il suo amante e Umberto risiedevano in una località in Umbria, e lui non sentiva la necessità di riallacciare rapporti,  Il titolo non poteva essere trasmesso al diciottenne Umberto, ma non essendoci altri consanguinei di linea diretta il giovane, anche per la parentela, era l’unico cui destinare l’eredità.
Arderico distolse la mente da un passato con cui ancora non era disposto a  riconciliarsi e, come succedeva da un paio di settimane, si concentrò sulla spedizione garibaldina. Nessuna esitazione a ingrossare le fila delle camicie rosse, coi molti volontari che continuavano a convergere nella città ligure, animati dallo stesso ideale: l’Italia unita sotto un’unica bandiera! Era un obiettivo che suscitava grande entusiasmo tra chi aderiva a un’impresa che si prospettava risolutiva ai fini dell’Indipendenza. La lotta rappresentava la sola condizione possibile per emancipare la Patria e il popolo da un giogo straniero che teneva in umiliante schiavitù entrambi. Il tricolore, sacro simbolo di un sogno cui tanti patrioti avevano sacrificato la vita, doveva sventolare dal Piemonte alla Sicilia. Un sogno che era ormai così a portata di mano che il cuore esultava. Garibaldi, carismatico trascinatore di uomini, li avrebbe guidati sicuramente al raggiungimento di quel traguardo a lungo anelato. Coloro che rispondevano alla chiamata alle armi sarebbero riusciti a forgiare un destino diverso per un Paese ancora spaccato e occupato da borbonici e austriaci. Garibaldi era ossessionato dall’idea di unificare la penisola, anche perché il Sud era pronto a insorgere. Alla realizzazione di tale nobile causa aderivano, anche segretamente, i sostenitori più disparati: la fabbrica di armi Ansaldo sosteneva di nascosto la spedizione, incitando Garibaldi all’azione. Il colonnello Colt aveva inviato a quest’ultimo cento di quelle formidabili pistole da lui stesso inventate, e che nel Texas si erano dimostrate così efficaci. Contributi in denaro erano giunti da Lady Byron e dal Duca di Wellington, si facevano collette pro-Garibaldi ovunque e Pavia e Parma avevano offerto ragguardevoli somme al condottiero.
Cavour, che in apparenza non appoggiava il piano di Garibaldi, tramite il suo incaricato La Farina ne controllava col massimo scrupolo l’operato. Era stata proibita qualsiasi azione contro lo Stato della Chiesa, il che rendeva inattuabile un attacco al regno delle Due Sicilie passando dalle Marche, territorio pontificio. Arderico voleva essere personalmente partecipe alla costruzione di una nazione finalmente libera e più moderna, e la prospettiva di essere tra coloro che sarebbero sbarcati in Sicilia gli appariva esaltante. Lui aveva saputo, tramite un amico del Partito d’Azione già in viaggio per Genova, che Garibaldi era stanziato a villa Spinola, presso l’amico Candido Augusto Vecchi, un combattente della Repubblica Romana del 1849. Nella casa di Agostino Bertani si era  invece insediato il comitato organizzatore per la liberazione del regno delle Due Sicilie. Ne facevano parte tra gli altri Bixio e Crispi, e in quello che era diventato il quartier generale, secondo le informazioni pervenute, c’era un va e vieni ininterrotto di amici, compagni di lotta, di corrieri che portavano messaggi inviati con il prezioso telegrafo elettrico. La Masa e Carini affiancavano Garibaldi e, quasi tutti provenienti dalle regioni del Nord Italia, si raggruppavano a Genova lombardi, toscani e veneti di ogni ceto. Avvocati, farmacisti, medici intellettuali, artisti. Ma anche operai, artigiani e molti combattenti e reduci del 1848. Naturalmente c’erano i Cacciatori delle Alpi. Gli esuli siciliani erano riusciti a convincere Garibaldi a intervenire e ad appoggiare gli insorti di Sicilia, sempre più ostili al governo dei Borboni dopo la feroce repressione del 1848-49. La recente annessione al Piemonte delle regioni dell’Italia centrale aveva fatto scoppiare al sud dei focolai di rivolta, subito soffocati dalle autorità. Solo un esiguo manipolo di insorti, guidati dal mazziniano Rosolino Pilo, sfuggiti agli arresti, si erano rifugiati sulle montagne, dove già operavano  altri sparuti gruppi di patrioti pronti ad appoggiare Garibaldi, quando fosse approdato sulle coste siciliane.
Scorgendo poco lontano il muro di cinta di villa Amanda, Arderico tirò le redini per trattenere il cavallo. Quando il custode gli aprì il cancello con un rispettoso inchino, imboccò il viale ombreggiato da tigli e siepi di azalee in fiore. Quel mattino il cielo era coperto da nuvole scure che rendevano il lago color antracite e lasciavano prevedere pioggia entro il pomeriggio. Lui  aveva precedentemente annunciato la visita al padre di Odeana e fu accolto con deferenza da un maggiordomo dai capelli canuti e l’aria compassata. La livrea nera con bottoni dorati faceva sembrare più imponente la figura  del domestico, che si mostrò poco loquace limitandosi a prendere soprabito e cappello per consegnarli a una cameriera che si era materializzata come d’incanto alle loro spalle. Poi questi lo pregò di seguirlo fino allo studio del padrone, e Arderico si scoprì ad ammirare l’interno della villa mentre gli teneva dietro, arredato con mobili di pregio che denotavano l’estremo buon gusto di chi ci abitava. Tutto, dai preziosi tappeti orientali che attutivano lo scalpiccio dei passi, ai quadri, agli specchi dalle cornici dorate appesi alle pareti tappezzate, rivelava la ricchezza dei Marzorati.
Il padre di Odeana gli si fece subito  incontro, la mano tesa in un cortese gesto di benvenuto. – Lieto di conoscervi, conte Dalboni Savini – esordì,  invitandolo ad accomodarsi  con un esplicito cenno del braccio.
– Buongiorno, signore – ricambiò la stretta e gli sorrise. – Odeana vi avrà sicuramente anticipato il motivo della mia presenza qui oggi.
– Certo. Devo tuttavia confessarvi che proprio per questo sono imbarazzato con voi – l’uomo attese che l’ospite prendesse posto prima di sedere a sua volta. Escluso il ritmico tic tac di una pendola di pregevole fattura, nessun  suono scalfì il silenzio caduto nello studio. Vi aleggiava l’aroma di tabacco da pipa e  l’impronta maschile di Marzorati predominava netta. Doveva ritirarsi spesso tra quegli scaffali colmi di volumi. – Gradite qualcosa?
– Nulla, grazie…- Arderico fece suo malgrado trapelare un’incertezza che non gli era solita. Che diavolo c’era che non andava?– Imbarazzato perché, se posso chiederlo?- soggiunse, fissando perplesso l’interlocutore. Il padre di Odeana era un uomo di bell’aspetto, sui sessanta. La chioma brizzolata faceva risaltare il volto scurito dal sole e la carnagione ancora liscia, con folti baffi che si univano ai basettoni. Aveva occhi neri, come la figlia, cui somigliava molto, era alto quasi come lui ed era di costituzione asciutta. Indossava con disinvolta eleganza la redingote blu e un gilé grigio tortora. Calzoni, camicia e cravatta erano impeccabili. Incongruamente Arderico si trovò a considerare che in pratica erano vestiti allo stesso modo, esclusi gli stivali. L’altro calzava infatti scarpe di morbido camoscio.
– So di deludervi, conte, ma mia figlia è già promessa a mio cugino Aroldo e sono un uomo che tiene fede alla parola data – lo ragguagliò Attilio con espressione affatto rammaricata. Vedendo Dalboni Savini irrigidirsi a tale sua dichiarazione sparata a bruciapelo, non gli diede il tempo di replicare e lo prevenne con un perentorio: -Lei avrebbe dovuto dirvelo!
–  Odeana in realtà me ne ha accennato, signore.
– Sul serio?- Marzorati fece una smorfia eloquente. – Se è così, non avreste neppure dovuto chiedermi di essere  ricevuto da me,
– Forse ai vostri occhi apparirà un demerito, ma in genere non rinuncio a priori a quanto mi preme senza neppure fare un tentativo. Se mi permettete  un’obiezione, credo di potermi azzardare a dire che vostra figlia abbia altre intenzioni circa l’uomo con cui desidera maritarsi. Mi ha onorato delle sue confidenze, dicendomi con palese angustia di non provare alcun trasporto per quello che dovrebbe essere lo sposo scelto da voi.
– Aroldo è  il marito che Odeana avrà al suo fianco in virtù delle nozze, che avverranno quanto prima – ribadì Attilio in tono privo di emozione. – Il condizionale non sussiste, temo. Mi spiace che vi siate dovuto scomodare inutilmente, conte. Vi avrei comunicato le motivazioni per lettera, ma non sono uno zotico ed era più corretto parlarvene  direttamente.
– Potrebbe smuovervi il ribattere che lei è innamorata di me?
Marzorati  scosse il capo. – È un dettaglio irrilevante e non cambierò idea: mia figlia obbedirà alla mia volontà, come sempre ha fatto.
– Scusate se insisto, ma ho come la sensazione che ci sia da parte vostra un preconcetto di base che non comprendo, e che non voglio classificare come antipatia nei mie confronti.  Non ci conosciamo, dunque cosa mai potrebbe  indurvi  a declinare la mia proposta?
L’uomo gli scoccò un lungo, penetrante sguardo, ponderando le parole più idonee con cui chiudere la questione. – Siete perspicace – ammise infine con riluttanza. – Sono affezionato alle mie figlie, quindi incline a esaudirne le richieste, se ragionevoli. Mi sono perciò premurato, quando Odeana mi ha detto di nutrire dei sentimenti per voi, e che le vostre intenzioni erano rispettabili, di raccogliere informazioni, come farebbe ogni padre.
– Avrei potuto darvene di esaurienti io stesso, signore – Arderico non batté ciglio. Non celava scheletri nell’armadio e la sua vita era specchiata
– Davvero?- Marzorati gli sorrise scettico. – Dubito che mi avreste anche solo accennato allo scandalo suscitato dalla condotta deprecabile di vostra madre. E nemmeno che vi siete battuto a duello almeno in due occasioni… nella seconda delle quali avete addirittura ucciso il vostro rivale.
– Il comportamento di mia madre, quale che sia, non fa necessariamente di me una persona disonesta – rimarcò Arderico con altera condiscendenza. Non gli garbavano i pregiudizi, in particolare se vertevano sull’assurda convinzione: “tale padre, tale figlio”. – Quanto ai duelli, ho agito secondo ciò che in coscienza ritenevo giusto fare.
– Devo dissentire, conte – obiettò Attilio. – Non è sparando e ammazzando gli altri che si dirimono le situazioni scabrose della vita.
– Talvolta le circostanze non ci concedono alternativa, dovreste saperlo. E credo che vi sareste comportato nell’identica maniera, se qualcuno avesse osato esprimere offensivi commenti su un membro della vostra famiglia.
– In verità, conte, non trascendo mai.
– Raccogliere una provocazione può essere inevitabile quando a soffrirne è un padre amato e assolutamente degno di stima che non merita le ingiurie altrui. Ho dovuto reagire di conseguenza. – La mascella indurita per essere stato costretto a ricordare l’episodio, Arderico non poté impedire alla sua memoria di far riaffiorare il viso arrogante e derisorio del barone Piermaria Zerbi Donati. Questi frequentava lo stesso club di Arderico, ritrovo di molti aristocratici milanesi, e dopo aver perduto una cifra considerevole giocando a carte con lui, conscio di non essere in grado di pagare, aveva fatto una deliberata e pesante battuta sulla reputazione di Dora e sul fatto che il figlio di una tale sgualdrina potesse avere la propensione a barare. L’intento era ovviamente spingere Arderico a esigere soddisfazione con un duello, e dato che Zerbi Donati era temuto per la sua micidiale mira con la pistola, probabilmente era stato persuaso di potersi sbarazzare con estrema facilità di un antagonista più giovane e meno esperto di armi da fuoco. Viceversa, era anche lui un discreto tiratore e non aveva esitato ad affrontare il barone.
La fortuna si era schierata dalla sua parte.
–  Siete ammutolito?- lo riscosse Attilio Marzorati.
– No, mi limitavo a valutare le mie azioni dalla vostra prospettiva, e pur   rispettando la vostra opinione, sono un gentiluomo e i gentiluomini danno più importanza all’onore che all’insolenza gratuita di cialtroni in cui spesso si imbattono, purtroppo. – Si strinse nelle spalle, alzandosi in piedi. A un tratto aveva fretta di congedarsi da Marzorati, la cui esiguità di vedute non offriva brecce finalizzate a un possibile accordo matrimoniale.
– Temo di non condividere la vostra troppo opportuna conclusione. Non si arriva mai a gesti deleteri, se ci si sforza di evitarlo. Non bastasse ciò, siete un ribelle rivoluzionario e ci mancherebbe altro di inculcare a Odeana idee balzane. Intrattengo proficui affari in Veneto e inorridisco al pensiero che possiate coinvolgere mia figlia, e noi di conseguenza, in una bega politica. È fin troppo scalmanata di suo e le serve un marito che ne sappia tenere a freno i focosi spiriti: ritengo Aroldo l’uomo più idoneo a tale ruolo.
– Più che ribelle, solo qualcuno che prova un grande amor di Patria, e ne vado fiero, signore. Mi rendo comunque conto di essere fuori causa come pretendente, e che insistere è  fiato sciupato: non tornerete sulla decisione di non concedermi la sua mano, vero?
– Odeana sposerà Aroldo, e questo è quanto!- sentenziò in tono risoluto.
– Allora non resta altro da aggiungere, a questo punto, salvo il sottolineare  che vostra figlia non ne sarà minimamente contenta.
– Vi dimenticherà – Marzorati non parve affatto impensierito di subire le rimostranze della giovane, mentre lo precedeva alla porta.

Odeana

Appostata alla finestra, Odeana aveva visto Arderico sopraggiungere e per l’eccitazione non era riuscita a finire la colazione. Era impaziente che la convocassero nello studio del padre al termine di un colloquio cui  avrebbe tanto voluto assistere. Per ingannare l’attesa svuotò praticamente  l’armadio alla frenetica ricerca di un vestito confacente alla circostanza. Le parvero tutti orribili e scoppiò in lacrime di autocommiserazione. Doveva chiamare Nelly, si esortò tra un singhiozzo e l’altro. In quel momento, quasi intuendo  che c’era un’emergenza, quest’ultima entrò nella stanza. La sua espressione  tradì sconcerto davanti al parquet disseminato di abiti, biancheria, fisciù, mentre la sorella, ancora in desabillè, si torceva nervosamente le mani e percorreva agitatissima il perimetro della camera.
– Che ti prende, ora, Odeana?
– E hai pure l’indelicatezza di chiederlo?
– Per tua fortuna mamma è ancora a Messa, ma se dovesse rincasare ora e vedesse un tale caos povera te! Saresti redarguita a dovere, come minimo, poiché non tollera la sciatteria. – Nelly iniziò a raccattare gli indumenti per riporli al loro posto e ripristinare l’ordine. – Calmati, inoltre!
– Ho una serva pagata per occuparsi di queste detestabili incombenze, ma quella stupida inetta, con un tempismo atroce,  ha avuto il pessimo gusto di farsi venire la febbre proprio nel giorno più sbagliato.
– Mi rendo conto che adori essere servita e riverita, e che la povera Assunta  deve sollevarti da ogni oppressivo lavoro manuale, ma potrà sentirsi poco bene di tanto in tanto o deve stoicamente immolarsi per te?
– È una sfaticata, te lo dico io, perciò non affannarti a difenderla!
– Non è questione di difendere, ma piuttosto di esortarti a non sfogare il livore su chi non c’entra affatto – l’ammonì Nelly.
– Le piace poltrire a letto- strepitò, inviperita.- E mi calmerò appena avrò deciso cosa accidenti indossare!- Odeana si arrestò di fronte allo specchio della toeletta per studiare apprensiva la propria immagine riflessa. – Cielo, ma sono un mostro con queste occhiaie  e i capelli arruffati!
– Risparmiami le scene da tragedia greca, ti prego!
– Sei senza cuore!- l’accusa venne lanciata con la voce stridula di chi sente incompreso. – Ti sta sfuggendo che sposerò un conte? È un tale onore che lo potrei baciare sotto gli occhi di papà, se non temessi di apparire troppo sfrontata! Su, dammi una mano a rendermi presentabile anziché infierire con le critiche! Devo precipitarmi giù senza indugi…- parlava a raffica ora,  riesaminando i capi di vestiario tra quelli ancora sparsi al terra e scartandoli di nuovo a uno a uno con gesti stizziti e l’aria scontenta.
Nelly represse un sospiro esacerbato. Era reduce da una notte insonne passata a struggersi per Arderico, incapace di accettare che un uomo come lui se lo fosse accaparrato una donna frivola e volubile qual’era Odeana. La sorella non lo avrebbe mai amato quanto lei, su questo non sussistevano dubbi. All’alba, stanca di rigirarsi tra le lenzuola sgualcite, si era alzata e, infilati i comodi calzoni che usava per cavalcare, era uscita nella frizzante aria mattutina. Raggiunta la scuderia e sellata la cavalla Astrid, si era inoltrandosi tra i boschi limitrofi alla villa. Dopo la galoppata si era sentita decisamente meglio. La prolungata  immersione nell’acqua calda del bagno che si era concessa l’aveva rilassata ancora di più, poi si era vestita con una gonna marrone e una camicetta bianca con il colletto di pizzo che saliva ad   accarezzarle la gola. A dispetto dell’assoluta mancanza di vanità, le piaceva la sensazione della seta sulla pelle. Aveva raccolto infine i capelli biondo miele in una treccia che aveva fermato sulla nuca con le forcine. La camera era già stata riordinata e Nelly si era immersa nella lettura del Candido di Voltaire. Un autore di illuminata grandezza, la cui disincantata visione del mondo era esemplare. Malgrado avesse preso atto dell’esistenza del male, più che esaltare il pessimismo egli si limitava a stigmatizzare la sua pretesa di “vivere nel migliore dei modi”. Un saggio suggerimento che era decisa a porre in pratica. Rinunciare ad Arderico le costava più di quanto avesse immaginato, ma purtroppo non esisteva soluzione.
Transitando davanti alla stanza della sorella le erano giunti alle orecchie un adirato brontolio e lo sbattere delle ante dell’armadio, aperte e richiuse con rabbia. Nelly aveva esitato: le sfuriate di Odeana erano il non plus ultra dell’isteria femminile e facevano scaturire in lei l’irrefrenabile impulso di prenderla a ceffoni. Messi al bando gli indugi, aveva bussato ma l’altra era così fuori di sé da non sentire neppure il battere delle nocche sul battente. Allora si era introdotta, scoprendola sull’orlo di un’esplosione di nervi.
– Odeana, se continuo a ciondolare in camicia da notte – sottolineò Nelly con la pazienza ormai agli sgoccioli – non lo incontrerai mai.
– Hai dannatamente ragione – ammise Odeana. – Che te ne pare dell’abito albicocca?- aggiunse, estraendolo dal confuso mucchio di nuovo passato in rassegna. – È l’unico che rende giustizia al mio seno!
– Sembra che tu stia preparandoti ad annientare i sensi di Arderico.
– In effetti questa cosuccia discinta gli farà strabuzzare gli occhi!
– Posso anche capire la tua smania di fargli vedere che acquista merce di qualità, ma una soverchia spregiudicatezza non depone a favore della classe che dovresti invece esibire. Per di più la giornata annuncia pioggia e tira un vento abbastanza freddo da beccarti una polmonite – obiettò, osservando l’impalpabile tessuto di una delle mise preferite della gemella.
– Sciocca, mica uscirò a passeggiare con lui! Non oggi, temo – precisò con petulanza. – Lo attenderò al varco fuori dallo studio, trascinandolo poi nel salotto giallo, giusto per permettergli qualche avance celebrando come si deve il fidanzamento ufficiale!- Sorrise, sollevata che Nelly avesse desistito sull’opportunità di mettere qualcosa di più decente di quello scelto ad hoc per l’occasione. Nei minuti successivi, espletate rapidamente le abluzioni quotidiane, si infilò una delle migliori creazioni della sua sarta e si fece acconciare i ricci dalle abili dita della sorella, che li raccolse in un trionfo di boccoli lasciando libere a sfiorarle gli zigomi alcune ciocche inanellate. All’opposto di Nelly, che d’abitudine adottava fogge austere astenendosi anche da un lieve tocco di rosso sulle labbra, lei era un’inguaribile civetta. A che serviva essere belle se non si faceva risaltare la propria avvenenza? A Odeana piaceva pavoneggiarsi, esaltandosi per l’inequivocabile desiderio che scorgeva negli sguardi maschili quando le si posavano addosso.
– Grazie, sorellina – esclamò mentre aspergeva di profumo  lobi e polsi e si rimirava compiaciuta nello specchio. Esultò: era perfetta, finalmente!
– Ebbene, visto che è un giorno così speciale, rendermi utile era il minimo che potessi fare per contribuire alla tua felicità!- Nelly le schioccò un bacio sulla gota e le sorrise con tutto il calore che, esercitando un notevole sforzo di volontà,  riuscì a imporsi. Nell’anima era tutta una lacrima.
Una volta di sotto si divisero: Nelly si diresse verso la stanza dove sapeva avrebbe trovato la madre. Amanda, rientrata ormai dalla funzione religiosa, probabilmente stava impartendo disposizioni per la servitù al maggiordomo  e i menù settimanali per la cuoca Bianca. Odeana andò invece ad appostarsi vicino allo studio del padre, in fremente attesa di Arderico. Lui ne sortì un quarto d’ora dopo, tirandosi con cura la porta dietro.
– Arderico, psssst…- lui girò la testa di scatto e, scorgendola nell’ombra, le si avvicinò adagio. Sul suo volto lei scorse qualcosa di indecifrabile che la disorientò,  sgretolando all’istante il sorriso che gli aveva scoccato.
– Buongiorno, Odeana. State bene?- la salutò
– Sì, ora che vi vedo!- esclamò. – Siete qui e questo mi rende felice!
– Ne dubitavate, forse?- con un’espressione di aperto apprezzamento, i suoi occhi  percorsero con una lenta, intensa occhiata il suo corpo.
– Avete una strana espressione – l’attenzione Odeana vagò inquieta sulle linee indurite del viso di lui, sforzandosi di intuire cosa esattamente non andasse. – Arderico, ditemi, siamo ufficialmente fidanzati?
Abbozzò un brusco diniego. – Mi rincresce deludervi, ma vostro padre ha respinto la mia candidatura quale futuro genero- disse con sarcasmo.
Lo fissò attonita. – State scherzando, suppongo…?
– Affatto. Sposerete un cugino di cui non rammento il nome.
– Cosa?!- Ne fu così scioccata da stentare a capacitarsi che il padre avesse tutt’a un tratto reso definitiva un’evenienza che lei si era sempre rifiutata di considerare seriamente. Si rendeva inoltre perfettamente conto in quale misura il no di Attilio Marzorati feriva l’orgoglio di Arderico. Per ciò che la riguardava, piuttosto il convento che rinunciare a partito come lui. Non avrebbe sposato Aroldo, figuriamoci! Detestava visceralmente quel becero zappaterra che puzzava di aglio, aveva una disgustosa pancetta e perdeva anche i capelli! Rabbrividì di repulsione all’idea di essere toccata da quello sporcaccione che la fissava lascivo ogni volta che erano insieme in una stanza, pregustando quasi gli amplessi coniugali. Aroldo poteva barattare la terra che suo padre bramava con una moglie giovane e carina, ma che papà non facesse affidamento su di lei per metterci sopra le grinfie. A Odeana sembrava così strano che un uomo come Attilio Marzorati, capace cioè di costruirsi una fortuna grazie alle proprie forze  si fosse così intestardito su un possedimento di campagna… forse aspirava a diventare latifondista e a trascorrere la vecchiaia tra coltivazioni di frumento e granturco. Non che si potesse biasimarlo se inseguiva quel sogno, ma anche lei aveva dei sogni e Arderico era il mezzo per realizzarli, dato che le offriva un titolo e una prestanza fisica che non guastavano affatto. Papà poteva dunque andare anche all’inferno! Nessuno, neppure lui, l’avrebbe intralciata impedendole di sposare qualcuno così socialmente altolocato da suscitare l’invidia delle amiche! Lei si crogiolava già nella prospettiva di avere al fianco un marito come lui nei salotti della nobiltà che avrebbero frequentato dopo le nozze. La condizione di donna sposata le consentiva di emanciparsi dall’autorità paterna, oltretutto, per cui si sarebbe ben guardata dal troncare la relazione con il suo Bartolomeo. Era un amante instancabile, capace di fare l’amore per un intero pomeriggio: aveva la resistenza di uno stallone. Ma i genitori l’avrebbero diseredata se avesse osato imporre loro un genero così poco consono alle ambizioni che coltivavano in tal senso, e non avrebbe potuto eccepire. Il conte Dalboni Savini era un altro paio di maniche, si disse lei, interrompendo il filo di quelle riflessioni per spingere Arderico nel salotto adiacente, dove lo baciò con passione.
-Vi sposerò ugualmente – affermò quando si staccò dalla sua bocca.
– Che enfasi!- lui non parve affatto stupito da quella vibrante dichiarazione di indipendenza. – Vorreste ribellarvi alla volontà di vostro padre?
– Oh, a botta calda saranno fulmini e saette, ma poi tutto si aggiusterà
– Se posso dirlo, lui non mi sembra così facilmente malleabile.
-Solo apparenza, ve lo assicuro. Ha un debole per me, benché lo nasconda, e per ritorsione mi negherà la dote. Ma finirà per passare sopra alla mia refrattarietà all’obbedienza – gli ammiccò con seducente leziosità.- Certo, inizialmente mi taglierà i fondi, ma se a voi non importa accogliermi senza corredo e senza quattrini, è esattamente ciò che farò.
– Sapete che non è per denaro che vi ho chiesta in moglie, Odeana, ma mi dispiacerebbe originare una spaccatura tra voi e la vostra famiglia.
– Solo momentanea, Arderico, non dubitatene, anche se mai avrei supposto di dipendere economicamente da un marito. Ma, voi ve ne rendete conto, quell’ostinato individuo che mi ritrovo per padre non mi lascia alternativa. Me ne andrà da questa prigione domani stesso, cogliendo tutti di sorpresa perché se capisse che mi accingo a filarmela sarebbe capace di chiudermi a chiave nella mia stanza, sorvegliata per giunta dalla servitù. Gli scriverò una lettera spiegandogli che mi si spezzerebbe il cuore se fossi costretta a rinunciare all’uomo che amo, e verrò con voi a Milano. Dopotutto sono una donna di  diciotto anni, ossia consapevole di ciò che faccio.
– Una decisone impulsiva… non volete neppure ponderarla?
– Sono più che sicura della mia scelta. Piuttosto, dovremo cercare subito un prete che possa benedire la nostra unione senza vivere nel peccato e…
– Odeana, ascoltatemi – la interruppe. – Voglio sposarvi e lo sapete, temo però che dovremo rinviare le nozze fino al mio ritorno.
– Ritorno? Perché, dov’è che avreste intenzione di andare, se ve lo posso domandare?- lei  era trasecolata e lo guardava interdetta.
– Partirò domattina per raggiungere Garibaldi a Genova. Si sta preparando un’insurrezione con lo scopo di liberare le Due Sicilie dai Borboni, e voglio arruolarmi come volontario. Sicché, con una guerra imminente, ogni cosa che ci riguarda deve per forza essere procrastinata finché …
– Non potete dire davvero!- Interloquì lei, spiazzata dall’imprevista notizia. – Vorreste accantonare me in un frangente cruciale per le utopiche velleità indipendentiste di un fanatico dei suoi pezzenti in camicia rossa?
Arderico si accigliò maggiormente, contrariato dal disprezzo espresso da Odeana per i garibaldini. – Sarei fiero di indossare quella gloriosa divisa! Dimenticate che sono un italiano? Voi non lo siete altrettanto?
– Sono solo una donna che vi ama! Riuscite immaginare quanto mi fareste soffrire? Mi struggerei di nostalgia, se proprio ora mi abbandonaste!
– Ma non si tratta affatto di abbandono, essendo un distacco temporaneo, quanto di senso del dovere! Sono un patriota, come del resto lo era mio padre Pietro, caduto sulle barricate nelle Cinque Giornate di Milano. Perciò non tradirò i miei ideali per restare attaccato alle vostre sottane, e la Patria ha bisogno dei suoi figli! Se mi amate, dovrete attendere il mio ritorno.
– E che ne sarà di me se morirete in combattimento?
Lui abbozzò una smorfia. – Non ho alcuna intenzione di lasciarci la pelle, mia cara – obiettò. – Ma dovesse eventualmente accadere, vi consolerete con qualcun altro. Bella come siete, trovereste presto un degno sostituto.
Lei contrasse i pugni e lo fronteggiò con irritata impudenza. – Un sostituto non mi interessa, e se se siete così incosciente da voler fare l’eroe, verrò con voi. E vi avverto: non provatevi nemmeno a fermarmi!
– Sarebbe  una fuga che comprometterebbe la vostra reputazione.
– Pur di non perdervi, me ne infischio.
– Odeana, non so che dire…- lui la fissò dibattuto.
– Allora non dite niente e lasciatemi venire con voi.
– Non so se alle donne sarà permesso imbarcarsi, né mi attira esporvi ai pericoli che l’impresa comporta. Vorrei che rifletteste su questi dettagli.
– Le donne hanno sempre seguito i soldati, e in ogni caso escogiteremo un espediente affinché possa restarvi vicina – tagliò corto Odeana. – A che ora contate di partire, Arderico?
– Alle prime luci di domani.
Gli fece uno spiccio assenso. – Sarò puntuale. – gli indirizzò un sorriso che era la quint’essenza della fidanzata innamorata, ma in realtà era tutt’altro che tranquilla. Non la entusiasmava partire allo sbaraglio e doversi  privare delle comodità cui era abituata per assecondare Arderico in un’avventura sicuramente destinata a fallire. Lo faceva per due validi motivi: anzitutto Impartire una lezione a papà per aver anche solo concepito di affibbiare a lei un marito mediocre come Aroldo, quando avrebbe potuto riservarlo alla scialba Nelly. Il secondo era la possibilità di stare a stretto contatto con lui e conquistarlo del tutto. Si era impegnato a sposarla dopo quell’ennesima campagna militare, ma lei preferiva non correre rischi: tenere agganciata la sua attenzione era essenziale per non perderlo. Lui era uno che piaceva alle donne e in circolazione c’erano sgualdrine senza scrupoli. E appena fosse capitato un prete a tiro, avrebbe provveduto sedutastante a regolarizzare le cose! Per come era degenerata la situazione per colpa di papà, occorreva adattarsi all’emergenza e al lato pratico delle cose. Si conoscevano da poco più di un mese e per Arderico poteva anche trattarsi di un’infatuazione che la lontananza poteva anche ridimensionare. A quel punto non le importava più avere una sfarzosa cerimonia nuziale. Si poteva sempre ripeterla, no? Tanto sarebbero tornati a Milano entro breve, c’era da scommetterci. La politica l’annoiava ma il padre a volte ne accennava a tavola, e per il poco che ci capiva, Garibaldi e i suoi straccioni male in arnese nulla potevano contro l’esercito borbonico, imbattibile per uomini, addestramento e armi. Una scaramuccia più che una guerra, quella che si preparava, che si sarebbe conclusa con una scontata batosta per quegli illusi di patrioti.
– Siamo d’accordo, allora?- guardò Arderico speranzosa.
– So già che mi pentirò – finì per accondiscendere lui – ma purché vi asteniate dal portarvi fronzoli inutili, d’accordo. E vi do un avvertimento anch’io: vi rispedisco subito indietro caricandovi io stesso sulla prima diligenza di passaggio, se oserete lagnarvi che vi duole il fondoschiena!
Per tutta risposta Odeana gli circondò la nuca con le braccia, e premendosi al corpo di lui gli cercò di nuovo la bocca, baciandolo con tale sensuale ardore  da azzerare  la mente di Arderico da qualunque pensiero.

Nelly

– Tua sorella si è calmata?- Amanda depose sul piattino del dolce la posata d’argento. Si era solo limitata ad assaggiare la creme caramel servita dalla domestica e dagli occhi celesti, chiari come un cielo d’inverno, traspariva l’apprensione. Odeana aveva fatto una terribile sfuriata al padre, quando il conte Dalboni Savini si era congedato, dopodichè, cedendo allo sconforto,   era esplosa in laceranti singhiozzi. Incurante dei costernati genitori, si era barricata in camera e, ovviamente, non era scesa a cenare con il resto della famiglia. Attilio, dal canto suo, aveva consumato il pasto in un silenzio torvo e scoraggiante ai fini di un qualsiasi tentativo di conversazione da parte delle sue commensali. Il cipiglio che inalberava aveva causato disagio a Nelly e Amanda, consapevoli che era prudente soprassedere allorché era di quell’umore. Infine, tra la prima e la seconda portata, l’uomo, scagliato il tovagliolo sulla tavola, si era eclissato a rapidi passi, senza una parola di scusa. Il tonfo di un uscio sbattuto con violenza in lontananza aveva dato alla moglie e a Nelly l’esatta misura della sua ira.
– Sì, mamma – la rassicurò, evitando di incrociare gli occhi di lei nel timore di tradirsi. Odeana, più che angustiarsi per il rifiuto del padre a lasciarle sposare Arderico, si preparava in realtà a fuggire con lo spasimante all’alba dell’indomani. Sembrava si fossero accordarti in tal senso.
– Disapprovo simili intemperanze e non può sempre averla vinta! – seguitò Amanda.- Aroldo non sarà magari il marito che sognava, ma deve sforzarsi di capire cosa significhi per il mio Attilio riavere quella terra. È questione di principio, insomma, cui non può transigere. Ammetto che è colpa nostra: forse l’abbiamo viziata troppo, ma proprio per questo dovrebbe mostrarsi riconoscente al padre e al suo acume per gli affari, grazie al quale ha creato un benessere che le consente di vivere negli agi e togliersi ogni capriccio.- Fece una pausa e sospirò.-  Tu invece non abusi mai della disponibilità altrui, Nelly. Comunque, a proposito di quella terra, ti ho raccontato che un tempo apparteneva a un avo Marzorati, e che gli venne carpita con la frode da un parente senza scrupoli. Era analfabeta e si fidò, firmando con una  semplice croce il documento che garantiva il rientro di un modesto prestito  fattogli da un tale Ugo. Il vecchio Zeno non sospettò di poter perdere metà tenuta, se non avesse restituito i soldi entro la data stabilita dall’accordo. Si alternarono grame stagioni e la grandine distrusse i raccolti.  Zeno si trovò nell’impossibilità di onorare il debito e chiese una proroga, che gli venne negata, naturalmente, e scoprì che Ugo si era disonestamente approfittato di lui, ma ormai il guaio era fatto. Anni fa un pronipote di costui che si era fatto prete, per riparare all’imbroglio inserì una clausola  nelle disposizioni testamentarie in cui destinava le biolche di terra sottratte alla successiva discendenza maschile Marzorati, cioè quella a partire da tuo padre…- la donna sospirò di nuovo.-  Se gli avessi dato un figlio maschio tutto sarebbe a posto. Ma dopo la vostra nascita non sono più riuscita a concepire figli, né sussiste la speranza di averne ora. Non alla mia età. La terra resta quindi al cugino Aroldo, definitivamente persa se sposerà un’altra donna e avrà un erede. Attilio credeva di risolvere le cose con un matrimonio, ma Odeana strepita perché lo trova ripugnante e papà pensava di accettare l’offerta di matrimonio di Dalboni Savini per lei, dando te in moglie ad Aroldo. Le informazioni raccolte sul conte hanno tuttavia allarmato Attilio, che lo ha reputato inadatto come marito di tua sorella: pare sia un reazionario, con una certa propensione a dirimere i  suoi  contenziosi con le armi da fuoco.
– Capisco.- Nelly nutriva una ben diversa opinione su di lui: bastava una sola occhiata per rendersi conto che era un uomo d’onore e un patriota.
– Odeana avrà appetito…– disse Amanda, cambiando di colpo argomento. L’incapacità di concepire un figlio maschio era motivo di grande afflizione per lei, e dipendeva anche dalla brutta faccenda della proprietà Marzorati strappata con l’inganno, se conviveva con quel senso di colpa da anni.
– Avrà una fame da lupi – convenne lei.
– Ma per puntiglio resterà dov’è. Cara, non è che  le porteresti una cuccuma di cioccolata e qualche biscottino, giusto per fermare lo stomaco?
– Ci avevo già pensato… – Nelly si alzò in un fruscio di sottane. Amanda non era conformista come si poteva desumere sentendola parlare. Era solo molto devota al marito, che non contraddiceva mai. Era una madre del suo tempo, ligia a regole abbastanza formali su come ci si comporta nella vita, esigendo che le sua figlie le applicassero. Era la sesta di nove tra fratelli e sorelle – anche coppie di gemelli – e ripeteva  che con la disciplina imposta dai nonni non si scherzava. Attilio era figlio unico e perciò avrebbe desiderato una prole numerosa. Il caso gli aveva negato perfino un erede.
– Allora sbrigati – la incitò Amanda, avviandosi con Nelly alla porta. – Se la conosco, sarà in procinto di divorare le rose che ha la cameriera le ha messo nel vaso stamani! Vorrei salire da lei, se non altro per rimproverarla per la tensione che ci ha procurato, ma sono esausta e mi ritiro. Cercherò di rabbonire vostro padre, non so con quale risultato. Buonanotte, cara.
– Buonanotte, mamma –  Nelly le sfiorò la guancia con un bacio ed ebbe voglia di abbracciarla. Amanda era però insofferente alla smancerie e se ne astenne per non scombussolarla oltre. La guardò sparire dietro l’angolo del corridoio, l’ampia gonna di taffettà blu cangiante che ondeggiava come la corolla di un fiore, la crocchia bionda appena sfatta sulla nuca. Era ancora una bella donna anche se la sua figura era appesantita da qualche chilo in eccesso. Notò con una stretta al cuore che  il passo era affaticato.
Mezz’ora dopo Nelly fece il suo ingresso nella camera di Odeana reggendo un vassoio su cui fumava la cioccolata, accompagnata da una montagnola di biscotti ancora caldi che Bianca, anche lei in ansia per quel forzato digiuno, aveva  sfornato da una ventina di minuti.
– Credevo che ti fossi scordata della tua amata sorella – l’accolse Odeana con voce risentita, prima di gettarsi sui viveri. Divorò senza quasi masticare le leccornie, anche le briciole, preparate dalla cuoca. Soddisfatta,  sorseggiò  la squisita cioccolata che Nelly aveva intanto versato in una tazza.
– Non mi ero affatto dimenticata – si giustificò lei.  – Mamma si è sfogata con me per via dei tuoi capricci, insistendo su fatto che papà ha anteposto solo il tuo interesse alle futili ragioni del cuore… era preoccupata per te.
– Qualcuno in questa casa ha dunque una coscienza?- mugugnò in risposta, leccandosi il labbro. – Ma se papà vuole guerra, l’avrà, mettendolo  davanti al fatto compiuto. Lascerò bene in vista una lettera in cui lo ragguaglio che me ne sono andata con Arderico, e che lo sposerò. Sono certa che per non provocare inutile scalpore sulla rispettabilità della nostra famiglia e tutelare te, terranno tutto quanto nascosto. Non solo: alla fine, smaltito il dispiacere, supposto che si possa definire così la felicità di una figlia, verrò riaccolta come il figliol prodigo. Cioè a braccia aperte.
– Sei proprio decisa ad attuare questo colpo di testa?
– Eccome se lo farò – l’altra, che era già pronta per coricarsi, le indicò la piccola borsa da viaggio ficcata sotto al letto. – Sai, pensavo che sarei stata così nervosa da non poter chiudere occhio, ma ho già sonno…
– Allora mi affretto a  lasciarti. – Nelly l’abbracciò. – Dormi bene.
– Ti scriverò appena posso – le promise Odeana, sbadigliando.
– Cerca anche di stare attenta… – si limitò a raccomandarle Nelly.

*                           *                          *

Chiuso in un pastrano di tessuto scuro, Arderico l’aspettava poco lontano dal cancello. Era smontato da cavallo e si teneva nella fascia di oscurità che si addensava a ridosso del  muro di cinta. Gli rivolse un incerto cenno di saluto con il braccio e gli si avvicinò, il cuore che batteva colpi sordi per la forte agitazione che si era impossessata di lei fin da quando, muovendosi furtivamente nella villa buia, si era preparata ad andarsene. Tirava ancora il vivace vento del giorno prima e la luna appariva e spariva dalle nuvole.
– Siete in ritardo, Odeana – esordì con quella sua voce pastosa e maschia, alzando lo sguardo su di lei. – Ho pensato che aveste cambiato idea.
– Non avrei mancato a questo appuntamento per nulla al mondo!- Nelly  era trasalita nel venire apostrofata col nome della gemella, ma a lui sfuggì, grazie alle tenebre che li avvolgevano. Si esortò a non compiere passi falsi e ad abituarsi a sentirsi chiamare così, finché Arderico non si fosse accorto della sostituzione. Il più tardi possibile, auspicò tra sé. Non era pentita di aver agito slealmente con sua sorella… a essere sincera provava un filino di rimorso, ma in amore tutto era lecito, si consolò, ripetendosi che l’altra non lo amava e lei invece sì! E poiché l’occasione rende ladri, la tentazione di osare il tutto per tutto e di giocare la sua chance era stata così alettante da non resistervi e assecondarla. Voleva dimostrargli di valere  quanto Odeana e poi in un secondo tempo gli avrebbe rivelato la verità: toccava poi a lui decidere chi preferiva tra loro due. A tale scopo aveva versato il sonnifero nella cioccolata dell’altra, la sera prima, che sicuramente avrebbe scatenato un putiferio al risveglio nel rendersi conto di ciò che era successo. Nelly si era comunque premunita affinché si svegliasse troppo tardi per precipitarsi alle loro calcagna, dato che ne era capace, per cui aveva abbondato con la dose. Fortunatamente lei e Arderico  sarebbero stati fuori dalla portata della sua rappresaglia: Odeana diventava parecchio aggressiva se le cose non si svolgevano come stabiliva a priori, abituata com’era a spuntarla sempre. Nelly si era infilata comodi pantaloni e si era portata la borsa da viaggio con gli abiti scelti dell’altra. Si era però rifiutata di  raccogliere i capelli in una delle sofisticate acconciature tipiche della gemella, del tutto inadatte all’estenuante  trasferta che si apprestavano a compiere. Lui non avrebbe trovato strano che avesse legato la lunga chioma in una semplice coda di cavallo. Odeana le aveva confidato corrucciata  che si era raccomandato di evitare fronzoli, trine, eccetera, e si era adeguata. L’unico problema era che  aveva la voce meno acuta dell’altra, ma dubitava che Arderico lo rilevasse. Nel caso, Nelly avrebbe giustificato la differenza di tono attribuendola a una repentina raucedine. Per il resto, erano indistinguibili. D’improvviso una raffica di vento le aprì il mantello mentre la luna emergeva dalle nubi, rischiarandola in pieno. Sentì il respiro bloccarsi nei polmoni avvertendo l’occhiata che lui le posò addosso, ma se fu stupito di vedere che sfoggiava un paio di calzoni maschili non lo fece trapelare.
– Preferisco cavalcare in una posizione meno disagevole che all’amazzone, pertanto ho optato per indumenti  pratici – gli spiegò sommessamente.
Arderico assentì e i suoi denti bianchi balenarono in un sorriso. – Sono uno di larghe vedute, mia cara, e  non mi formalizzo per così poco.- Lo sguardo indugiò sulle gambe slanciate che le brache aderenti delineavano senza lasciare nulla all’immaginazione. – Vi donano perfino, se posso dirlo.
Nelly non fece ulteriori commenti e si affrettò a riavvicinare i lembi del mantello. Fu allora che Arderico l’afferrò alla vita e bruscamente la tirò giù di sella. Prima che avesse il tempo di capire cosa diamine avesse in mente, la bocca calda di lui si impadronì della sua in un bacio che le rimescolò il sangue. Venne colta da un tremito e i sensi si acuirono in un bisogno fisico  immediato: una reazione emotiva e sensuale che la colse impreparata. A parte il goffo approccio di un tipo che una volta si era preso la libertà di baciarla approfittando di un provvidenziale paravento piazzato in un punto strategico del salone da ballo, era sprovvista di qualunque esperienza.
Un scialbo surrogato, se paragonato al bacio di Arderico!
C’era una traccia di caffè sulla sua lingua, e da come la esplorava la bocca  sembrava deciso a violare anche i confini della sua anima. La premeva a sé al punto che le dolevano i seni, mentre la muscolosa coscia si era infilata disinvoltamente tra le sue. Sentì il corpo inarcarsi d’istinto quasi disponesse una propria autonomia e cercasse di fondersi con quello di lui. Si sciolse quasi di piacere quando le bisbigliò qualcosa in un sospiro ardente, prima di catturarle di nuovo le labbra in un bacio così erotico da trascinarla  in un turbinio di eccitazione che le fece pulsare il ventre in profondità. Si chiese vagamente se lui notasse una qualche diversità tra il suo modo di baciare e quello di Odeana. Ebbe la rassicurante impressione che non sospettasse affatto di stare abbracciando un’altra donna. Quanto a lei, preferiva morire piuttosto che respingerlo e ritrarsi da una bocca capace di tanta passione. L’incanto fu tuttavia spezzato da un gufo che d’un tratto emise uno stridulo richiamo, infiltrandosi nel languido torpore che la sopraffaceva,  riluttante  a separarsi da lui. Il vento si rafforzò fino a diventare impetuoso, infierendo sul fogliame con un suono che  parve il flebile gemito di qualcuno. Pervasa da un piacere che anelava un’intimità meno superficiale di quella concessa dalle bocche, lei inclinò il capo all’indietro e fissò l’uomo che la stringeva così possessivamente da farla respirare con affanno. Fu attraversata da un ulteriore fremito incrociando gli occhi di lui: erano offuscati dal desiderio. Le sembrò dibattuto, quasi lottasse contro l’impulso di fare l’amore con lei lì e ora, come amanti clandestini che sono al di là di qualunque possibilità di controllare le pulsioni carnali. Ma non era né il luogo né il momento, e ingoiò la protesta che le era salita alla gola quando Arderico, sfiorandole le labbra con il pollice in un’ultima carezza, lasciò ricadere le braccia.
– Siete ancora in tempo a fare dietro front – le disse, tentando di ricomporsi con un cipiglio frustrato. – Chi saprà che vi siete allontanata dalla villa se  rientrate e riguadagnate la sicurezza della vostra stanza?
Lei scosse piano la testa.- Vengo con voi.
Arderico si limitò ad annuire. – Allora dobbiamo muoverci. Genova non è dietro l’angolo e abbiamo molta strada da percorrere.
– Sono pronta – fu tutto ciò che gli ripose.

*                   *                  *

Arrivarono a Genova nel pomeriggio del 6 maggio, dopo aver viaggiato a marce forzate per tre giorni, galoppando come forsennati per almeno 70 chilometri al giorno, forse anche di più. Nelly, sebbene distrutta,  non si era lasciata sfuggire un solo lamento che tradisse la fatica, né preteso soste più prolungate nei brevi bivacchi all’addiaccio imposti da lui. Per prudenza, dato che c’erano briganti dovunque, avevano persino evitato di accendere fuochi notturni che avrebbero segnalato la loro presenza a eventuali banditi. Si erano rifocillati con pane, formaggio e frutta, le provviste portate da Arderico, lavandosi nei ruscelli e dormendo sul duro terreno. Un cavaliere, se ben allenato, poteva procedere a oltre 20 chilometri l’ora, le aveva  detto lui, raccontandole altresì che il 5° Cavalleria USA solo l’anno precedente,  1859, ne aveva percorsi addirittura 150 in sole 36 ore. Uno stoico tour de force corredato da un combattimento con cariche alla sciabola. Nelly ne fu ovviamente impressionata, riflettendo con ironia  che loro stessi, se non avevano uguagliato tale record poco ci mancava, combattimento a parte! Lungo la strada si erano imbattuti in altri volontari che alla spicciolata e con le bandiere tricolore che sventolavano alla brezza, si dirigevano alla medesima destinazione, procedendo chi su ronzini pelle e ossa, chi su carri tirati da asini o muli. Molti addirittura a piedi, ma ciò che la colpì fu che quegli uomini manifestavano euforia e l’identica volontà di essere artefici nella nascita di una Patria, oltre che mostrarsi ansiosi di unirsi a Garibaldi. Nessuno pareva oppresso dalla prospettiva di morire sul campo di battaglia: lo consideravano un onore immolarsi per l’Italia. Neppure nutrivano  dubbi a proposito della vittoria che attendeva le Camicie Rosse laggiù in Sicilia. Non se a guidarli era il condottiero per eccellenza. Se esisteva qualcuno che potesse forgiare in realtà il sogno di un’identità nazionale, quello era l’eroe di Caprera, cui i patrioti erano talmente devoti da accorrere in massa al suo richiamo per contribuire alla realizzazione del grande ideale perseguito. Nelly conosceva le gesta e la stima per Garibaldi superava l’ammirazione per Mazzini. Era italiana fino al midollo e da indipendentista qual’era confidava con tutto il cuore che la spedizione verso il regno delle Due Sicilie avesse successo: quegli ardimentosi patrioti lo meritavano davvero.

*                    *                  *

Provò la stessa costernazione di Arderico quando al porto appresero che i piroscafi con a bordo i garibaldini erano salpati da Quarto poche ore prima. La sera del 5 maggio Nino Bixio si era impossessato, con una quarantina di uomini, di due navi  della Compagnia di navigazione Rubattino. Nella notte entrambi i piroscafi  avevano imbarcato i volontari per la liberazione della Sicilia: 300 sul Piemonte, al comando di Salvatore Castiglia, e più di 800 sul Lombardo, capitanato da Bixio. Si trattava quindi di oltre 1000 uomini, in maggioranza Cacciatori delle Alpi, il corpo che Garibaldi aveva guidato nella II guerra di Indipendenza, e disinvoltamente abbandonati da Cavour, pochi mesi prima,  alle spalle delle linee austriache, e ai quali, nonostante l’ordine del re, non aveva voluto inviare alcun rinforzo.
Sul molo c’erano altri uomini dispiaciuti di essere arrivati in ritardo. Tra le notizie che circolavano qualcuno raccontò che per un disguido non erano state caricate le munizioni. Altri dissero che erano stati i contrabbandieri a impadronirsene. Sembrava che più della metà dei volontari, la maggior parte idealisti e patrioti, avesse meno di vent’anni. Menotti Garibaldi aveva seguito il padre, e anche lo scrittore Ippolito Nievo. I meglio organizzati e armati, tra i mille e spiccioli diretti in Sicilia, era un gruppo di Carabinieri genovesi dotati di  carabine ultimo modello e agli ordini di Antonio Mosto. Tralasciando lo smacco di aver perso l’imbarco per un pelo, si percepiva un entusiasmo incontenibile per l’impresa: il tempo della prudenza era ormai finito per lasciare il posto alla stagione dell’orgoglio italico. Per cui,  lungi dal rassegnarsi a tornare sui propri passi, Arderico rimuginava sul da farsi quando si avvicinò un uomo dalla faccia cotta dal sole che si presentò come  Giacomo Sciaccaluga, proprietario e capitano di un piccolo vapore a pale. Il suo Libertà, dichiarò, poteva accogliere fino a cinquanta passeggeri e per un compenso onesto era disposto a far salire a bordo chi ambisse a ricongiungersi a Garibaldi in quel di Talamone. Aveva sentito infatti Bixio dire che in tale porto avrebbero fatto scalo il Piemonte e il Lombardo. A quelle parole altri uomini gli chiesero un passaggio. Venne così deciso che il vapore di Sciaccaluga sarebbe stato pronto a salpare entro poche ore. A quel punto, recuperato il buonumore, Arderico propose a Nelly di cercare una locanda nelle immediate vicinanze per consumare un pasto decente e ritemprare le forze con un po’ di riposo. Lei acconsentì con gratitudine e sollievo: era a pezzi e le faceva male ogni singola giuntura. Il fondoschiena doveva essere maciullato! Trovarono subito un locale decoroso e Arderico chiese due camere. Con disappunto di entrambi, gli fu risposto che erano tutte occupate, tranne  una matrimoniale.
– Nelly, so che siete sfinita ma dovremo reperire alloggio altrove…
– Temo che sarà inutile – obiettò l’oste. – Molti volontari sono accorsi a Genova, e quelli rimasti a terra hanno cercato una sistemazione in città.
– Arderico, non importa- interloquì lei. – Siamo entrambi esausti e salpiamo tra qualche ora, non si può sprecare tempo prezioso cercando una stanza più consona. Né mi pare il caso di fare la schizzinosa. Datemi solo l’agio di tuffarmi in una tinozza d’acqua calda per togliermi la polvere di dosso, poi vi cederò la stanza e vi darete una ripulita voi. Che ne dite?
– Che siete una donna impagabile, mia cara.
Un’ora dopo, sfoggiando un vestito abbastanza castigato per i gusti osé di Odeana, gli lasciò campo libero sollecitandolo a sbrigarsi: aveva fame. Una  cameriera l’accompagnò in una saletta appartata dove il baccano degli avventori giungeva smorzato, e in cui era stato apparecchiato un tavolo per due. Vista l’efficienza di costei, Arderico doveva aver pagato lautamente l’oste e impartito precisi ordini sulla deferenza che si aspettava. Prima di eclissarsi la ragazza le comunicò che avrebbe servito la cena  appena il conte fosse sceso. Nelly stava sorseggiando il fresco vino bianco quando Arderico si stagliò sulla soglia.  Le si mozzò il respiro: si era rasato e lavato e i capelli erano ancora umidi. Si era messo una camicia pulita e gli occhi sembravano perfino più blu, spiccando sul volto abbronzato. Fu una cena rilassante, quasi senza dialogo. Erano troppo intenti a guardarsi per aver voglia di conversare. Ma, per quanto restio a porre  fine al romantico tête-à-tête, Arderico dovette sollecitarla a ritirarsi. Era così stremata da avere gli occhi lucidi. – Andate a coricarvi, mia cara. Io bevo il bicchiere della staffa e vi seguo. Dormirò sul pavimento, s’intende – puntualizzò.
Lei gli oppose una smorfia contrariata. – Sarebbe ingiusto! Il letto è ampio quanto basta da ospitare entrambi e avete diritto di risposare decentemente. Inoltre,  come voi, non mi formalizzo per così poco.
– Be’, accetto volentieri, grazie!– le rivolse un sorriso che le fece palpitare il cuore. – Su, filate o crollerete davanti a me come un sacco vuoto!
Lei non poté che obbedire. Poco dopo era accoccolata sotto le coperte. Si era premurata di lasciare sul comò un moccolo di candela e la fiammella creava una gradevole penombra. Chiuse gli occhi udendolo aprire la porta, fingendo di dormire. Lo intese muoversi con cautela mentre si spogliava, attento a non svegliarla, poi le si allungò vicino  con un sospiro. Lei avvertì il calore del corpo di lui, il buon profumo della pelle detersa con il sapone alla buona fornito dalla locanda, ma non per questo sgradevole, e senza che potesse evitarlo, i sensi si acuirono e un violento desiderio la invase.
– Siete sveglia?- il rauco mormorio di Arderico aleggiò nella semioscurità della stanza. Coricandosi lui aveva spento la candela, ma il chiarore lunare filtrava ugualmente attraverso i vetri e addolciva il buio.
– Sì – gli rispose con voce rotta dall’emozione. Aveva avuto sonno fino a un momento prima. Adesso era eccitata e cosciente.
– Sapete, stavo pensando che questa potrebbe essere l’ultima volta che divido il letto con una donna.
– Vi prego, non dite così – Nelly fu afferrata dall’angoscia. Le probabilità che morisse in uno scontro a fuoco non erano così remote. Era un rischio concreto, quindi chi poteva escludere che un proiettile ponesse fine alla vita di lui, insieme a quella di molto altri combattenti?
-Ciascuno di noi deve accettare l’idea che la fine possa arrivare in qualsiasi istante, non necessariamente in guerra: sono pronto, se così deve essere.
Lei sentì la gola chiudersi in un grumo di paura. Deglutì. – Se vi chiedessi di fare l’amore con me, mi giudichereste una sfrontata?- Avvampò nel buio dopo aver pronunciato quelle parole, ma aveva immediatamente deciso che negare una parentesi di passione a un uomo che si preparava a sacrificare anche la vita, sarebbe stato crudele. Lo amava più di se stessa, inoltre.
Arderico non si curò neppure di replicare: si girò semplicemente verso di lei e si allungò a cercarle la bocca. Nelly non si sottrasse. Ferme e calde, le labbra maschili  lambirono le sue con una sensualità che abbatté ogni sua  residua esitazione. L’ondata di desiderio la indusse a rispondere a un bacio più profondo, il busto teso contro la mano callosa di lui, quando le si chiuse sul seno. Indossava solo una sottile camiciola, giusto per salvare il decoro, ma il pudore diventò l’ultimo dei pensieri e il piacere si dilatò a dismisura con l’incalzare delle carezze. Impossibile non reagire a come la toccava, l’assaporava, metteva a nudo la sua pelle…  finì per perdere ogni contatto con la realtà: era in sua balia, succube della sua bocca e del piacere che le sue dita suscitavano. Si aggrappò ai muscoli irrigiditi delle spalle, premuta allo spasimo a lui, incitandolo come una poco di buono a non fermarsi. Lo voleva dentro di sé e non provava un barlume di vergogna! Mai aveva immaginato che sarebbe stato così, come un fuoco nelle vene che si espande e tutto incendia. Né sapeva quanto fosse sfrenata la sua natura. Bramava essere parte di lui, e farlo parte di sé. Quando la prese fu trafitta da uno spasimo rapido e acuto, che svanì quasi subito mentre l’eccitazione  veniva di nuovo alimentata  dalle spinte di lui, così profonde e voluttuose da non poter far altro che assecondarle. Le bocche incollate in un furore di baci, lo sentì fremere con un liberatorio suono di gola, a cui fece eco il suo nello stupore dell’estasi che sopravvenne al culminare perfetto dell’amore. Per lei non ci fu altro che l’uomo e l’istante, avvinti in un’esultanza carnale così folgorante da avere un sottofondo di sofferenza.
Mentre emozioni e sensazioni defluivano come il lento ritrarsi della marea, lei ebbe la conferma che amare significava sentirsi completi fissando il viso dell’altro, in un impeto di felicità senza eguali. Era in uno stato di grazia che la rendeva immemore di ogni cosa, Esiste soltanto chi il nostro cuore ha riconosciuto come l’altra metà di noi, pensò, null’altro!
– Ho cercato di non farti male – le braccia di Arderico la circondarono.
– È stato così bello…- il capo sul torace e le gambe ancora intrecciate alle sue, gli sfiorò il collo con la punta delle dita. Il caldo odore maschio di lui le sembrò già familiare. Con un sospiro, si arrese infine al sonno.
Più tardi, molto prima che l’alba si annunciasse, Arderico la risvegliò con un lieve bacio. – Dobbiamo prepararci – la esortò a bassa voce.
– Di già?- protestò lei, che avrebbe voluto continuare a dormire.
– Sciaccaluga salperà senza di noi, altrimenti – fece una pausa, ammirando la silhouette di lei quando con un lamento soffocato sgusciò di malavoglia dal groviglio delle lenzuola. – Ci faremo sposare dal capitano, a bordo del Lombardo o del Piemonte – proseguì, distogliendo a fatica lo sguardo dalla donna che, versata l’acqua nella bacinella, si stava lavando.
Lei tremò. Il momento della verità incombeva e temeva di confessargli che era l’altra gemella. L’avrebbe disprezzata per quel raggiro, se non fosse riuscita a convincerlo che era stato per amore.
–  Chiederò a Garibaldi e Bixio l’onore di essere testimoni di nozze. – Le scoccò un sorriso, gli occhi blu che indugiavano su di lei. – Ci sposeremo poi con rito religioso appena l’Italia sarà fatta e torneremo a Milano.
– Date per certa la vittoria dei garibaldini?- Rossa d’imbarazzo, si avvolse nell’asciugamano con gesti convulsi: nonostante la passione condivisa  con lui, essere così discinta davanti ai suoi occhi e mantenere nel contempo la disinvoltura risultava abbastanza difficile come esercizio di volontà.  Sulla pelle indugiava la sensazione delle sue mani e sulla bocca quella dei baci.
– Certissimo. A proposito, sul vapore di Sciaccaluga saranno tutti uomini e forse sarebbe opportuno che indossaste quei vostri calzoni e il mantello. Dovreste anche nascondere la chioma sotto un cappello o vostro malgrado sarete fulcro dell’attenzione di ogni sguardo maschile.
– Sì, avete ragione – convenne. Desiderò baciarlo, nell’accingersi a lasciare la stanza che era stata testimone della sua prima notte d’amore. Arderico   l’aveva resa indimenticabile, ma ora sembrava impaziente di scendere al porto e così, senza farsi scorgere, estrasse un margherita dal mazzo di fiori di campo che faceva bella mostra di sé sul tavolino e la infilò tra le pagine del diario. Se lo era portato, ovviamente, approfittando di ogni momento di solitudine per annotare qualche impressione circa quell’avventura.

*                      *                      *

La notte era stellata e il mare calmo. Il Libertà, rotta Talamone, procedeva  speditamente verso la meta. Alla barra lo stesso Sciaccaluga. “Il Piemonte e il Lombardo erano più lenti del suo vapore, che stessero tranquilli perchè lui era uno di parola e sarebbero arrivati per tempo!” aveva garantito ai suoi passeggeri. Appariva soddisfatto di avere tanta gente a bordo, ricavandone un buon guadagno. Arderico, generoso e altruista, aveva pagato di tasca sua il passaggio di alcuni giovani volontari squattrinati. Nella cabina che si era fatto assegnare c’erano un paio di cuccette, un tavolo fermato al pavimento di legno da robuste viti e una sedie. L’oblò era bloccato dalla salsedine ma Nelly non soffriva il mal di mare. Depositati i bagagli, di comune accordo erano risaliti sul ponte. Il sonno era svanito e la salubre aria salmastra era preferibile all’odore di chiuso che ristagnava dentro la cabina. Infine l’alba spennellò di rosa la superficie del mare e, seduti in silenzio, ammirarono lo spuntare del sole sulla linea dell’orizzonte, le mani che si sfioravano in una carezza. Più tardi spartirono una colazione a base di carne fredda e focaccia ordinati all’oste. A quest’ultimo erano anche stati lasciati i loro cavalli.
Nelly aveva però la strana impressione di essere fissata con insistenza da qualcuno, senza che riuscisse a individuare chi tra gli sconosciuti assiepati sul Libertà avesse motivo di interessasi a lei. Si era rimessa le braghe e nascosto i riccioli sotto il largo cappello sformato di cui si era già servita per giungere a Genova. Suo malgrado una sottile inquietudine la invase, e benché si esortasse a non dare corpo alle ombre l’apprensione aumentò. La innervosiva anche la prospettiva di rivelare a Arderico che non era Odeana, e continuava a rinviare in attesa dell’occasione più propizia. Così, tentando di stornare la mente dagli assilli, cercò di instaurare un dialogo con l’uomo che le stava accanto, e tra le cui braccia avrebbe voluto rifugiarsi.
– Arderico, pensate che la popolazione siciliana insorgerà?
– Ne dubitate, forse? È il popolo il vero protagonista della Storia, e noi, gli italiani, ci prepariamo a scrivere una pagina indimenticabile.
– Avete già combattuto, vero?
–  Sì,  la prima volta durante le Cinque Giornate di Milano.
– Un battesimo del fuoco straordinario. Papà temeva per la nostra sicurezza e ci trasferimmo già da Natale nella villa sul lago.
– Avreste dovuto vedere cosa non furono quei giorni, anche se purtroppo mio padre cadde sulle barricate. Su, non fate quella faccia… era conscio dei rischi. Fu il vecchio Radetzky in definitiva a provocare la rivolta che indusse i milanesi a scendere nelle piazze e nelle strade: la gente era stufa di subire e reagì in massa. Perfino i piccoli orfanelli, i Martinit, offrirono il contributo alla lotta come staffette portaordini, sfrecciando da una barricata all’altra incuranti del pericolo. Il cielo era solcato da piccole mongolfiere con cui gli insorti inviavano direttive ai contadini. Anche le donne milanesi fecero la loro parte portando cibo ai combattenti, assistendo i feriti, cucendo le bandiere tricolori. Il feldmaresciallo disponeva però di un nutrito esercito e si riprese il potere, epurando poi le amministrazioni del Lombardo-Veneto da coloro che si erano compromessi con la sollevazione. La rappresaglia colpì anche la nobiltà, cui confiscò e saccheggiò i palazzi,  trasformati in alloggiamenti militari, di aristocratici quali Borromee, Casati, Litta e altri. Radetzky intensificò la caccia ai patrioti, con vittime celebri come Sciesa, fucilato nel 1851 per possesso di un manifesto mazziniano, e i Martiri di Belfiore, impiccati a Mantova. Sottopose inoltre alla  bastonatura pubblica molti arrestati, facendo eseguire quasi mille condanne capitali con l’accusa di insurrezione e altri delitti politici. Alcuni destinati alla forca ebbero la pena commutata in anni di durissimo carcere ai ferri, e forse avrebbero preferito la morte alla disumana detenzione inflitta loro. Tutto ciò falcidiò un’intera generazione di professionisti, medici, sacerdoti, senza contare il dramma personale degli esuli i cui beni vennero loro sequestrati lasciando le famiglie senza mezzi di sostentamento. Insomma, l’egemonia imperiale era stata ripristinata dalla violenza e dalle baionette austriache.
–  La repressione non ha però spento la Fede patriottica che animava quegli uomini – commentò Nelly quietamente.
– No, e lungi dal piegarci, non ci siamo dati per vinti e abbiamo strappato agli austriaci la Lombardia. Non si direbbe, ma gli italiani, racchiudono in sé una grande umanità, e la fierezza della propria identità viene fuori nei frangenti più drammatici. Metternich ci definì un’espressione geografica, dopo il Congresso di Vienna, ma renderemo l’Italia una nazione moderna, sforzandoci di essere degni delle tradizioni e dell’inestimabile patrimonio artistico e culturale che i nostri predecessori ci lasciarono in eredità. È il Paese in cui siamo nati, e che ora esige dai suoi figli  una passione civile totale! –  Balzò in piedi con scioltezza. –  Devo sgranchirmi le gambe e ne approfitto per scambiare una parola con Sciaccaluga. Venite con me?
Nelly abbozzò un rifiuto.- Il sole inizia a dare fastidio e la solitudine della cabina mi attira di più. Mi raggiungerete?- Arderico le lanciò un sorriso di esplicito assenso mentre si allontanava. Lei si avviò nella direzione opposta ma, fatti pochi passi, d’improvviso un giovanotto dalla corporatura atletica e i capelli neri le tagliò la strada. Paralizzata dallo shock, riconobbe in lui l’amante di Odeana. Cielo, che diamine ci faceva lì?, si chiese sgomenta, cercando una qualunque via di fuga. Non ce n’erano.
– Confesso che dubitavo perfino dei miei occhi quando ti ho vista, amore mio! – esordì Bartolomeo, che invece della tradizionale uniforme turchina dei Cavalleggeri di Pinerolo portava quella nera da campagna. La squadrò da capo a piedi. – Com’è che ti sei camuffata a quel modo? Che ci fai qui? E chi accidenti è il tizio in tua compagnia?- L’espressione interrogativa, sparò a raffica le domande, poi, anziché darle l’agio di rispondere, la baciò con tutto l’ardore di cui era capace, senza permetterle di spiegargli  che si era sbagliato, e che la donna che aveva davanti non era Odeana.
– Togliete le mani da lei…- sibilò in quell’istante una voce gelida.
Recuperata la presenza di spirito Nelly si divincolò e respinse Bartolomeo, la cui espressione disorientata risultò quasi comica. Fece saettare gli occhi chiari da lei ad Arderico, comparso frattanto alle loro spalle.
– Chi siete per rivendicare tale diritto?- replicò Montanari.
– Sono l’uomo che diventerà suo marito – ritorse il conte. – E voi?
– Marito?- farfugliò l’altro, preso alla sprovvista. – Ma non potete! Lei  è… – tacque di botto, astenendosi, in un rigurgito di tardiva cavalleria, dal rivelare che Odeana era la sua amante da parecchio tempo.
– Sì? Lei è…?- lo sollecitò Arderico. – Sembrate in confidenza con la mia fidanzata -scandì con minacciosa calma, diffidandolo con un’occhiata truce dal riavvicinarsi anche di un passo alla donna che era con lui. – Vorrei un chiarimento in proposito, se non è pretendere troppo da voi.
– Per favore, andatevene –  Nelly, pallidissima, si era rivolta a Bartolomeo e lo fissava spaventata. – Temo che siate caduto in un equivoco.
A quelle parole Bartolomeo si irrigidì e, sbigottito, la passò in rassegna per alcuni attimi, prima di maledire la sua deleteria impulsività: aveva cacciato in un inferno di guai Nelly, la gemella di Odeana! Era infatti bastato che lei aprisse bocca per rendersi conto che doveva trattarsi dell’altra. Dannazione, era la copia sputata della donna di cui era pazzo! Ricomponendosi, si piegò in un galante inchino, cosa che la fece arrossire anche di più, e con una smorfia contrita all’indirizzo di Arderico disse:– Chiedo scusa  a entrambi. Evidentemente mi sono confuso con una persona che le somiglia in modo stupefacente. – Non scese in ulteriori dettagli per evitare di  compromettere la reputazione di Odeana spiattellando all’estraneo la loro relazione. – Sono Bartolomeo Montanari, sottufficiale dell’esercito, e non era mia intenzione mancare di rispetto né a voi né alla signora in vostra compagnia.
Nelly temette di svenire per il sollievo, mentre Arderico scrutava con occhi sospettosi l’aitante giovanotto. Ma quando quest’ultimo allungò la mano in un gesto conciliante accompagnato da sorriso simpaticamente impudente, si ammorbidì. Su quel vapore c’erano uomini animati da uno scopo comune, non per fare a pugni. – Scuse accettate. Sono Arderico Dalboni Savini e presumo che vogliate unirvi alla spedizione di Garibaldi.
– Potete scommetterci!
– Be’, ora dobbiamo salutarvi – si congedò spiccio dall’altro, afferrando il braccio di lei con  decisione. – Venite, cara, rientriamo in cabina.
Un cipiglio tutt’altro che rassicurante sul volto, lo sguardo fosco, l’affrontò appena furono soli. – Quello squallido cascamorto si è comportato  come se foste la sua amante, vista la confidenza. E vi ha baciata!
– Non ho potuto impedirlo! Ha ammesso egli stesso di avermi confusa con  qualcuno che mi somiglia, ovviamente si riferiva alla mia gemella. – Nelly si umetto le labbra e, il cuore che batteva disordinatamente sotto le costole, disse con voce incrinata dalla paura che non le credesse:– Non più tardi della notte scorsa vi ho dato la prova che di amanti non ne mai avuti.
– Questo è vero – concesse lui, i cui occhi parevano inchiodati sul viso di lei, spiandone attento le reazioni. – È comunque curioso, se mi concedete l’obiezione, che una creatura schiva qual’è vostra sorella, per quel poco che ho potuto osservare di lei, abbia una tresca con quel farfallone.
Nelly trasse un sospiro: alla resa dei conti non sfuggiva nessuno.
– Non avete nulla da dire?- inquisì impietosamente Arderico.
– Sì, e devo anzitutto confessare che non sono Odeana, bensì l’altra sorella   – balbettò, tenendo le ciglia abbassate per non incontrare il suo sguardo.
Il silenzio che seguì parve crepitare tra loro come un annuncio di tempesta. –  Mi avete mentito – replicò, gli occhi che scintillavano come acciaio. – Vi siete divertita a prendervi gioco di me, magari d’accordo con Odeana.
– No!- negò lei con accalorato fervore, respingendo le lacrime. – Vi amo, Arderico. Vi ho subito amato e non saprei dirvi cosa mi abbia preso quando Odeana mi confidò che sarebbe fuggita con voi… forse  la mia mente ha smesso di funzionare pensando di potermi sostituire a lei e di non scontarne le conseguenze! Vi prego di credermi se affermo che in definitiva è stato lo sgomento di perdervi a infondermi il coraggio di tentare di conquistarvi.
-Che ne avete fatto di vostra sorella?
– L’ho neutralizzata col sonnifero. – Nelly sedette sul bordo della cuccetta e chinò il capo. – Sarà furibonda e mi ucciderà quando avrà l’opportunità di mettere le sue mani intorno al mio collo. E non avanzo giustificazioni con voi, salvo ripetere che in amore ciascuno lotta a modo suo, e che non avevo alternativa. Lei è innamorata di Bartolomeo e io… io di voi, invece.
– Davvero?
– Potete dubitarne?- Sollevò bruscamente lo sguardo per sostenere quello indagatore dell’uomo che le stava di fronte. – Perdonatemi, se potete.
– Supponendo che accetti per vera questa versione dei fatti – rispose lui in tono duro – adesso cosa dovrei farne di voi?
– So di avervi deluso, e so anche che volete mia sorella, non me. Quel che c’è stato tra noi… insomma, me ne assumo interamente la responsabilità. Eravate persuaso fossi Odeana, stanotte, e non rivendico nulla. Sbarcherò a Talamone e vi risparmierò oltre il disturbo della mia presenza. Non sarà difficile trovare una diligenza che mi riporti indietro.
– Potrei avervi messa incinta, Nelly.
– Sapete il mio nome? Ah, certo, ve lo ha detto Odeana, presumo…?
– Assolutamente no – Arderico,  le braccia conserte, increspò la bocca in un pigro sorriso. – Ma  sul serio eri persuasa che non mi sarei accorto che la donna che era con me non era la stessa frequentata per settimane?
– In che modo mi sono tradita?- lo sondò stupita.
– Oh, hai recitato in maniera impeccabile – ammise lui – ma fu il vento, quando partimmo, a portarmi la fragranza del tuo profumo, non del suo. E la voce, naturalmente, era diversa. Il sospetto che fossi l’altra mi attraversò all’istante e ti baciai: ne ebbi così la conferma. A prescindere dal sapore, ogni donna ha il suo modo di baciare e Odeana è decisamente più esperta in questo genere di cose. A quel punto molte ipotesi mi  passarono per la testa, la più insistente delle quali verteva sul fatto che tua sorella si fosse tirata indietro per chissà quale motivo, non ultimo sottrarsi alle scomode peripezie insite nell’avventura che ci attendeva al varco.
– Cosa vi ha indotto a non smascherarmi immediatamente?
– Be’, la curiosità è stata più forte del risentimento, superando lo sconcerto iniziale. Risentimento scaturito dall’idea di essere oggetto di uno scherzo di cattivo gusto organizzato tra voi. Immagino che per i gemelli sia spassoso scambiarsi di ruolo, divertendosi a spese di chi ci casca. E perché mai, in tal caso, non avrei dovuto divertirmi anch’io ai vostri danni?
– Così vi siete preso la vostra vendetta, giustamente.
– Nessuna ritorsione: volevo solo capire lo scopo dell’inganno…- fece una pausa e ripensò alla ridda di interrogativi affiorati in lui scoprendo che la donna vestita con quei provocanti calzoni era l’altra gemella, quella che al ballo della Zandonai aveva agganciato per prima la sua attenzione. Averla come compagna di viaggio era per lui una sorpresa degna d’essere definita tale. Dopo che si era  fatta avanti l’esuberante Odeana, Arderico aveva finito per rinunciare a Nelly, benché a malincuore. Invece eccola di fronte a lui dannatamente determinata a bruciarsi i ponti alle spalle, per chissà quale ragione. Per alcuni minuti si era sentito in colpa all’idea di  esporla ai rischi che l’impresa garibaldina comportava. Pur tentato di portarla con sé per conoscerla a fondo, il senso di responsabilità era prevalso: le aveva detto di tornare indietro, anche per non uscirne compromessa. Lei si era impuntata per seguirlo: lui aveva prontamente accondisceso, ripromettendosi però di venire a capo di quel mistero. Ne era valsa la pena.
– Quando nei bivacchi vi eclissavate per espletare… ehm, certe esigenze, io ne approfittavo per leggere quel vostro istruttivo diario.
– Oh, mio Dio…- si fece sfuggire Nelly, rifiutandosi di guardarlo. Su ogni pagina, nero su bianco, aveva scritto in quale misura lo amava, riversando sulla carta ogni segreta emozione e tutto ciò che mai avrebbe avuto l’ardire di rivelargli a voce prima di impazzire decidendo di andare con lui, nonché i sogni audaci che giorno per giorno aveva intessuto su loro due.
– Una donna può sconvolgere profondamente un uomo- riprese lui – e tu più di ogni altra, indubbiamente. Non puoi saperlo, ma sono stato attratto da te, non da Odeana. Riconosco anche di essere un fortunato mortale.
– Odeana ha il suo carattere, Arderico, ma era disposta a venire con voi e alla fine sarà una buona moglie – la difese lei con sincerità e affetto.
– Non lo credo affatto: stare con te mi ha permesso di aprire gli occhi sulla vostra abissale diversità – la contraddisse con un’esplicita alzata di spalle che rendeva superfluo scendere in dettagli. – Era allettata dal titolo, essendo il tramite per la scalata sociale che si proponeva di attuare.
– Avere delle ambizioni non è così deprecabile!
–  Preferisco una moglie che nutra dei sentimenti per me.
– Tra le due sono la peggiore!
– Ne sei certa?
– Diamine, ho agito fin troppo vigliaccamente con lei, privilegiando il mio egoismo a discapito dei suoi diritti, pur di carpirle l’uomo che…
– Sii indulgente con te stessa –  la interruppe sbrigativo. – Dopotutto è solo grazie alla tua iniziativa che qualcosa di imprevedibile è potuto accadere, almeno per me. Nei giorni scorsi ho apprezzato la tua forza d’animo. Ti sei  adeguata alla situazione sfoderando un temperamento che difetta a Odeana e che ti fa onore. L’hai neutralizzata per amor mio, incurante di perdere la reputazione per costringere il destino a darti ciò che volevi dalla vita.
– Lo avete letto tutto quel diario?
– Tutto, Nelly, e il merito va sempre premiato: averti vista all’opera mi ha fatto capire che sei esattamente la moglie che voglio.
– E Odeana? Io ero sicura che tu volessi lei, non me…
Arderico la costrinse a alzarsi dalla cuccetta e l’attirò a sé. – Sciocca, non hai ancora capito che mi ha stregato la sera stessa del ballo? Ma non mi hai degnato di uno sguardo e, credendo di esserti indifferente, ho ripiegato su Odeana. È più decorativa, va detto con onestà, ma tu sei di tutt’altra pasta e ai miei occhi sei assolutamente la migliore.
– Hai davvero notato me dalla Zandonai?
– Te lo giuro. Come me, ti sarai resa conto che si provano impulsi che solo il cuore conosce. Una persona ci attraversa l’esistenza e, senza un perché razionale, resta impressa in noi in modo indelebile. Ti sei insinuata dentro di me e ci sei restata, malgrado i miei inutili sforzi di convogliare altrove i miei sentimenti: era impossibile rimuovere ciò che mi avevi suscitato.
– Ma io sono così scialba in confronto a mia sorella…
– Scialba?!- ripeté. – Scordi di avermi dimostrato il contrario? Odeana è spigliata ma infedele e opportunista. Tu oltre la riservatezza sei tutta slanci, un concentrato di contraddizioni irresistibile. Mi affascina la spavalderia che si annida oltre l’ingannevole calma che offri allo sguardo del prossimo. Certo, lei stordisce come una sbornia che non riesci a smaltire, ma tu entri nel cuore di un uomo e ci rimani  per sempre. – Le fissò intensamente la bocca. – Ora però basta con questo assurdo tormentarti per Odeana, Nelly. Bartolomeo Montanari mi pare abbastanza infatuato di quella sfacciata da riuscire a consolarla in fretta per la mia perdita.
– Allora non mi mandi via?
– Ti sposerò prima di quanto pensi, amore! – Poi sigillò la promessa con un bacio che fece dimenticare a entrambi tutto ciò che li circondava.