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Una ragazza si prepara per le nozze: l’abito bianco, le scarpe nuove, qualche dubbio sulla scelta dell’uomo con cui dividerà la vita da quel giorno in avanti. Ha fatto bene a seguire solo il suo cuore?

Osservo l’abito da sposa bianco appeso davanti al mio letto. Le scarpe nuove sono ancora nella loro scatola, pronte per essere utilizzate. Tutto è stato preparato alla perfezione, ma a un passo dal grande giorno i dubbi mi attanagliano. Starò facendo la scelta giusta?
Scendo in cucina. Mia madre posa una tazza di latte caldo sul tavolo.
«Nervosa?» mi chiede.
«Abbastanza.»
«Qual è il problema?»
Bevo un sorso di latte, riflettendo sulla domanda. Ma quando la poso non ho trovato una risposta.
«Non lo so» dico, pulendomi la bocca con un tovagliolo. «La sua famiglia è così conservatrice. Ho paura che non mi accettino.»
«Amanda, non devi vergognarti di quello che sei. È la tua ricchezza» sorride. Io, però, non ne sono convinta.
«Avrei tanto voluto che la nonna fosse qui per consigliarmi.»
«Lo so tesoro, manca anche a me. Ma lei è qui e ti ascolta.»
«Non ti sei mai chiesta cosa sarebbe successo se avessi fatto una scelta diversa? Se avessi ascoltato la testa, anziché il cuore; se avessi fatto un passo indietro, anziché lanciarmi nel vuoto?»
Mamma posa la sua mano sulla mia. «Forse dovresti leggere questa. Me la diede mia madre il giorno del mio matrimonio» dice, estraendo una lettera dalla tasca del grembiule. Me la passa e i suoi occhi seguono il pezzo di carta come se non volessero staccarsi da esso. Poi li solleva e mi sorride. Spiego il foglio sul tavolo e lo apro con cura. Riconosco subito la calligrafia minuziosa e delicata della nonna. La carta trattiene ancora il profumo della sua crema per le mani. Lo inspiro facendo finta che sia lei a parlarmi e inizio a leggere.

Milano, 30 giugno 1962.

Mia adorata,
mi sono chiesta mille volte se fosse il caso di raccontarti questa storia. In parte l’ho fatto. Alcune cose, però, le ho taciute, per paura che tu ne soffrissi. Ho cercato di proteggerti come meglio ho potuto dall’odio che ha caratterizzato la mia giovinezza e sono felice che tu non ne sia stata toccata quanto me.
Prima di spiegarti come questo abbia segnato la storia della nostra famiglia, vorrei raccontarti alcuni episodi della mia vita.
Era il 1926, il Diurno aveva appena aperto. Ti ricordi? Te ne ho parlato molte volte. Per quel tempo era una vera innovazione. Situato proprio sotto Piazza Oberdan (allora Piazza Venezia), era uno dei pochi luoghi, a Milano, dov’era possibile rilassarsi e usufruire dei maggiori comfort dell’epoca. Aveva qualcosa di particolare, tipicamente italiano. Non c’era niente di simile in giro. Credo che per te sia difficile comprendere a pieno il fascino di quel posto. Ma prova a immaginare. Venendo da corso Buenos Aires, in una calda giornata estiva, avresti potuto trovare refrigerio rifugiandoti all’ombra dell’ingresso principale, per poi scendere nell’imponente atrio. Il rumore dei tuoi passi si sarebbe confuso con quello di un centinaio di altre persone sul pavimento di marmo lucido e variopinto, mentre la tua immagine sarebbe stata riflessa dalle specchiere delle colonne ai lati. Da lì avresti potuto scegliere se avviarti verso il salone degli artigiani per dare un’occhiata agli oggetti esposti o fare una manicure, oppure proseguire verso le terme per un bagno. Per una bambina vivace come me, era un posto magico. Pieno di vita.
E fu proprio in mezzo a quel tramestio di visitatori e commercianti che lo vidi per la prima volta. Un bambino raccoglieva con una scopa le ciocche di capelli che ad ogni forbiciata esperta il barbiere lasciava cadere per terra. Aveva un aspetto particolare, esotico. La sua pelle era più scura della mia, leggermente ambrata.
«Mamma, guarda!» gridai.
Una colombina così ben intagliata da sembrare viva, posata come decorazione su uno dei ripiani di marmo, aveva attirato la mia attenzione. La indicai di nuovo, mentre la gente si voltava e mia madre mi tirava indietro per un braccio.
«Non si indicano le persone, Amanda!» mi redarguì. Ma io non avevo indicato il ragazzo, avevo solo additato la colombina!
Tuttavia, quando arrivammo a casa, le chiesi come mai quel bambino, che non doveva avere molti più anni di me, lavorasse in una bottega del Diurno, anziché andare a scuola. L’unica risposta che ottenni fu: «Lui è diverso da te.»
Di nuovo non compresi le sue parole, che però si scolpirono nella mia mente. Qualche anno più tardi ne scoprii il significato.
Le persone, quando passavano davanti alla sua bottega, giravano la testa. Nessuno lo salutava augurandogli il buongiorno, come invece facevano con me. Nessuno si curava della sua esistenza, anzi, la gente lo evitava. Mia madre aveva ragione. Quel bambino era davvero diverso, non solo per il colore della pelle. Io non ci feci caso il primo giorno che lo vidi e nemmeno quelli successivi. Forse fu proprio il mio spirito di ribellione che mi spinse a rivolgergli la parola.
Scoprii che aveva conservato quella colombina che mi piaceva tanto. Me la regalò per il mio tredicesimo compleanno.
Un giorno gli chiesi cosa significasse il suo nome.
Lui mi rispose «Significa sole».
Annuii. «Mi piace. Sta bene con quella» dissi scherzosamente, indicando la stella appuntata sulla sua giacca.
«Il tuo cosa significa?», mi chiese.
«Colei che dev’essere amata.»
Passarono gli anni e il nostro legame divenne sempre più forte. Mia madre mi supplicò di non sposarlo. Quando mi chiese dove avremmo vissuto, senza soldi, con il rischio che mio marito fosse catturato e deportato, le riposi: «Sotto un cielo di stelle.»
Nei periodi più difficili della mia vita, mi domandai spesso cosa sarebbe accaduto se avessi ascoltato mia madre. Forse mi sarei risparmiata il dolore più grande della mia vita, ma non mi pentii mai della scelta. Anche se causò molte sofferenze a me e alle persone che mi stavano vicino, mi fece il regalo più bello che potessi desiderare. Quel regalo eri tu. Come una stella, la tua luce illuminò il mio cammino.
Ci saranno momenti della tua vita in cui dovrai prendere decisioni difficili e non sempre sarò d’accordo con te. Ma non lasciare che il mio giudizio o quello di qualcun altro ti fermi. Sii sicura delle tue scelte, stellina mia.
Vivi con coscienza. Ama con coraggio.
Con amore,
la mamma.

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Valentina G. Bazzani, diplomata in psico-socio pedagogia, dopo la diagnosi di bipolarismo, si occupa a tempo pieno di scrittura. Ha pubblicato L’amore non si nega a nessuno per Butterfly Edizioni, Per tutto il tempo che ci resta (Rupe Mutevole), Guardati con i miei occhi (Arduino Sacco), il manuale self help sul disturbo bipolare Come una fenice (David and Matthaus edizioni), il romanzo per ragazzi Sei il mio respiro (Eremon edizoni) e il thriller Il lato oscuro dell’amore per Eve edizioni.

Potete trovare i romanzi di Valentina G. Bazzani QUI.