Titolo: L’inedito di De André.
Autori: D. Grillo & V. Valentini.
Genere: Noir.
Editore: Fratelli Frilli.
Prezzo: euro 4,99 (eBook); euro 10,12 (copertina flessibile).
La valutazione di Macrina Mirti: tre stelline.
Genova, anni ’90. Un gruppo di universitari occupa il Roby Bar, il luogo dove, negli anno ’60 e ’70, si incontravano i cantautori della scuola genovese.
Gli studenti erano sette: Marina Calcagno, Arianna Santi, Sergio Andreani, Fanny Matera, Riccardo Valenti, Samuele Gamaleri Sara Marchetti, tutti fan sfegatati di Fabrizio De André.
Venti anni dopo, gli ex ragazzi, ormai quarantenni, ricevono una misteriosa mail da uno sconosciuto che li invita a giocare. Il gioco consiste nel risolvere degli indovinelli che hanno come tema i versi di alcune canzoni dell’amato cantautore. In palio, c’è l’INEDITO, un disco mai pubblicato che De André regalò ai ragazzi del Roby Bar in occasione della sua seconda visita al gruppo. L’inedito, però, sparì quasi subito e non fu mai più ritrovato. Quello che lo sconosciuto non dice, e che i giocatori non sanno, è che, per chi perde, il premio è la morte.
La polizia si accorge del caso quando due decessi sospetti mettono sul chi vive Beatrice Palazzesi, agente di polizia momentaneamente sospesa dal servizio. Partono così le indagini alle quali il titolare, l’ispettore Elia Marcenaro, in crisi profonda per la recente scomparsa della moglie, partecipa solo alla fine, per trovare la definitiva soluzione di un enigma che è solo in parte risolto.
Che dire? Ẻ stato il mio primo incontro con il commissario Marcenaro e in questa storia l’ho trovato piuttosto sfuggente e poco convincente. Anche il gruppo dei collaboratori (poliziotti e non) che lo affianca nel risolvere il caso non mi ha persuaso, come, del resto, tutta la storia. Gli autori mi perdonino, ma mentre leggevo mi sono tornati in mente alcuni famosi film americani che hanno come protagonisti efferati serial killer. Un genere che va molto di moda, ma che io non amo.
Come se non bastasse, mi sembra che gli autori a volte perdano un po’ di vista la vicenda principale, addentrandosi in storie collaterali che poco hanno a che fare con il reale casus belli. Ẻ vero che tutto serve a rimpolpare la storia, ma l’avventura di Lucca non l’ho capita. Elia torna in quella città, dopo venti anni di assenza, per fare sesso con la donna che aveva fatto arrestare? C’è qualcosa che non quadra. Così come non mi quadra l’atteggiamento di Beatrice Palazzesi al suo primo apparire (ma chi si comporterebbe in quel modo?) e neppure quando, a pag. 134, gli autori ci dicono che, per andare al funerale di Matera, la stessa Beatrice si traveste da uomo indossando i panni di un suo ex. Ma non era una donna minuta? Le donne minute indossano la quaranta, al massimo la quarantadue e non c’è abito maschile che possa calzare. Comunque…
Ho cominciato a provare un certo interesse per la vicenda intorno a pagina 130, ai funerali di Matera, e questo non credo sia un bene per un lettore di gialli. Un noir che si rispetti ti deve prendere fin dalla prima pagina e costringerti a proseguire fino alla fine. Se l’interesse scatta a metà del libro, qualcosa non ha funzionato. Forse, in questa vicenda, quelli che indagano e i punti di vista dei personaggi sono un po’ troppi e non sempre necessari. Forse, alcune parti eccessivamente didascaliche gli autori avrebbero potuto evitarle. Forse si è cercato di rimpolpare la storia a scapito dell’interesse che poteva suscitare nel lettore. Un vero lettore di noir si spazientisce. Almeno, a me è successo così.
P. S. Non voglio fare spoiler, ma è la seconda volta in meno di quindici giorni che il colpevole è uno che depista le indagini perché può farlo. E si tratta sempre di un autore genovese. Va bene che in Italia potere fa rima con corruzione, ma anche il finale non mi ha convinto. Aspetto il prossimo.
Tre stelline perché so quanto sia difficile scrivere un noir. Però, ragazzi, la prossima volta vi voglio più snelli, meno dispersivi e didascalici. Andate al sodo. Vi leggerò ancora.
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