Dicono che i gemelli siano inseparabili, due corpi per un’anima sola. Pembe e Jamila sono nate a tre minuti di distanza, nel piccolo villaggio curdo della Casa dei quattro venti Pembe ha occhi verdi come l’edera, sogna di girare il mondo come i marinai e di svegliarsi ogni giorno in un porto diverso. Jamila è seria, posata, la sua risata è il rumore di due bicchieri che si toccano e le sue mani conoscono i segreti della vita e della morte. Da grande sarà una levatrice: quasi sacra, vivrà sospesa tra il mondo invisibile e quello visibile come la trama sottile di una ragnatela. E se Jamila resterà fino all’ultimo legata al villaggio e alla sua gente, Pembe andrà a Istanbul e poi a Londra, conoscerà l’amore e il tradimento, farà tre figli e troppi sbagli e alla fine tornerà nel luogo da cui era partita. Perché i destini di Pembe e Jamila si chiamano e si intrecciano fino a confondersi in quel disegno fragile e intricato che è la vita. Dopo “La bastarda di Istanbul”, Elif Shafak ritorna con un nuovo romanzo ricco di magia e di sentimenti, d storie e di personaggi in bilico fra tradizione e modernità, tra la paura e una fortissima voglia di libertà.

AUTORE: Elif Shafak.
GENERE: Romanzo storico.
EDITORE: Rizzoli – BUR.
PREZZO:  euro 11,80 (copertina rigida); euro 12,35 (copertina flessibile).
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La vicenda inizia dalla fine, quindi un senso di amarezza ci accompagna lungo tutta la storia, guidati da una sola domanda: perché?
È così che l’autrice ci porta in uno sperduto villaggio curdo dove nascono Pembe e Jamila, due gemelle le cui vite prenderanno strade molto diverse.
Nella prima parte del romanzo è piuttosto faticoso seguire la storia, che copre un arco di circa quarant’anni (dal 1945 al 1992), poiché l’autrice sceglie di fare lunghi balzi avanti e indietro nel tempo causando un effetto un po’ straniante, mentre cerchiamo di capire chi sono i personaggi che, di volta in volta, ci presenta.

Le vicende delle due gemelle nate sulle rive dell’Eufrate si intrecciano con quelle di figli, figlie e mariti, e ognuna di esse è un tassello nel complesso mosaico di una società patriarcale basata su tradizioni arcaiche.
Ogni personaggio è oppresso da usanze, mentalità, superstizioni di  impronta religiosa. In quello sperduto villaggio dove sono nate Pembe e Jamila tutto è immutato da secoli e, naturalmente, il prezzo più alto lo pagano le donne.
A loro, niente viene perdonato.
Il titolo originale del romanzo è “Onore” ed è proprio questa la base di tutta la storia. Un concetto di onore che distrugge la vita delle donne, ma anche quella degli uomini, costretti a compiere azioni ignobili perché questo è ciò che ci si aspetta da loro.
Una storia dove tutti soffrono, a causa del dolore inflitto alle donne in nome della loro sottomissione a regole costruite dagli uomini.

Sarà dura la vita di Pembe e Jamila, lontane l’una dall’altra, sopportando un destino che non ha voluto vederle felici. Ognuna delle due costruirà il proprio quotidiano con ciò che la sorte ha voluto concederle.
Ci scorrono davanti agli occhi matrimoni infelici, teneri amori, l’impatto tra civiltà diverse, percorsi di redenzione, discese agli inferi, vite solitarie in bilico tra un fucile sempre in mano e l’essenza della natura. Assistiamo all’educazione di figli e figlie attraverso i quali il patriarcato viene portato avanti, una perpetua oppressione che pretende di propagarsi all’infinito. Sono poche le crepe che arrivano a incrinare questa oscurità a cui tutto è dovuto, ma i giovani, entrando in contatto con la civiltà occidentale, ci danno qualche speranza.
Non tutti, però.
Esistono rabbie sotterranee che non possono essere sottovalutate, influenze maligne e bigotte che si nutrono di dolore.
Una storia che sotto certi aspetti fa venire i brividi, ma solo perché in alcuni atteggiamenti vediamo il nostro passato prossimo e magari anche il presente. Noi, che ci consideriamo una società “civile”, abbiamo ancora molta strada da fare per quanto riguarda la libertà e i diritti.

Nella seconda parte, il romanzo diventa più ordinato e scorrevole, e la sequenza dei flashback si concentra su un anno in particolare, quello che ha cambiato la vita di tutti i protagonisti.
E, quando scopriremo che il finale ci ha riservato un colpo di scena, avremo di fronte l’intero quadro che l’autrice ha voluto costruire. Un quadro dominato dalle passioni umane. Crudeltà, amore, disperata ricerca della felicità, rassegnazione, culto spasmodico dell’onore, aneliti di libertà; all’interno delle forti tinte di ciò che agita l’animo umano si insinua la compassione divina e una sottile sfumatura di eventi imponderabili.
Un romanzo intenso e toccante, dove l’autrice, con la sua narrazione efficace e realistica, ha il grande merito di averci raccontato una storia popolata di persone che sentiamo vere, talmente vere che avremmo voluto per loro una vita migliore.

Quattro stelline.
Copia acquistata.

Vi ricordiamo la Saga Fantasy di Endora. Potete leggerla facendo click sulla Pagina-Autore di Fernanda Romani.