Elizabeth E. Phillips, Odio quindi amo

All’epoca delle scuole superiori a Parrish, Mississippi, Sugar Beth Carey aveva il mondo in pugno. Era la ragazza più ricca e più popolare della scuola, era lei che decideva quali erano i tavoli più in della mensa, con quali ragazzi si poteva uscire e se l’imitazione di una borsa di Gucci era accettabile se non eri la figlia dell’imprenditore più ricco della città e non potevi permetterti l’originale. Bionda e divina, aveva regnato incontrastata. Quando aveva lasciato Parrish per andare all’università, aveva giurato di non farvi ritorno mai più. Solo che adesso, quindici anni e svariati mariti dopo, si ritrova senza soldi, senza speranze e senza alternative, e si vede costretta a tornare nella città che pensava di essersi lasciata alle spalle per sempre per cercare un quadro di enorme valore lasciatole in eredità da sua zia. Qui scopre che Winnie Davis, la sua nemica di più lunga data, adesso ha tutto il successo, i soldi e il prestigio che un tempo appartenevano a lei. E, peggio ancora, Colin Byrne ‒ l’uomo a cui Sugar Beth aveva distrutto la carriera ‒ è diventato uno scrittore ricco e famoso e ha acquistato la villa in cui Sugar Beth è cresciuta. Come se non bastasse, tutti gli abitanti di Parrish, primo fra tutti proprio Colin Byrne, sembrano intenzionati a vendicarsi di tutte le cattiverie che Sugar Beth ha compiuto durante gli anni della scuola. Tuttavia, nonostante la sua insolenza e il carattere apparentemente duro, Sugar Beth non è più la perfida ragazzina viziata che tutti ricordano. Adesso è una donna molto più saggia e più matura, e piano piano riuscirà a riconquistare l’affetto della città e a fare breccia nel cuore delle persone che avevano più motivi per odiarla. Troverà così delle amiche, una sorella e un nuovo amore che non si sarebbe mai aspettata.

Insomma ***

Romanzo almeno in parte diverso dai soliti della Phillips e anche un po’ sconcertante. Sugar Beth e Colin non sono per nulla credibili psicologicamente, senza dubbio più convincenti Winnie e Ryan. Ma in genere tutti si comportano come stupidi adolescenti, nonostante siano prossimi ai 40 anni. Assurdo il finale all’americana. Però non posso negare che qualche volta anch’io ho finito per commuovermi.

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Debra Holland, Sotto i cieli del Montana

Prima della serie Le spose per corrispondenza del West e del romanzo Wild Montana Sky, ecco in arrivo l’antefatto della fortunata serie I cieli del Montana, tenera storia d’amore in chiave western, ambientata nel 1882, nata dalla penna di Debra Holland, acclamata autrice di bestseller del NY Times e USA Today.

Nessuno meglio di Pamela Burke-Smythe sa cosa significhi fare da tappezzeria ai balli dell’alta società di Boston. Debuttante timida e insignificante, snobbata dai pretendenti di turno, ha visto le amiche accasarsi a giro ed è ormai rassegnata a una vita da zitella.

Ritrovatosi a fare da tutore al figlioccio orfano e incapace di lenirne il dolore, il ranchero John Carter si risolve a prendere moglie, ma la piccola cittadina di Sweetwater Springs, nel Montana, non brilla certo per presenze femminili. Meglio allargare le ricerche a Boston dove la cara prozia Hester potrà aiutarlo a selezionare una compagna di vita tenera e compassionevole, che sappia fare da madre a Nick e adattarsi alla dura vita del ranch.

Con Hester nel ruolo di paraninfa, John conosce Pamela e, conquistato dal suo gran cuore, crede di aver trovato l’altra metà del cielo. Lasciare la città per andare in moglie a un forestiero non rientra nei piani della fanciulla, tanto più che familiari e amici le remano contro. Ma lei dà fondo alle esigue riserve di coraggio e afferra al volo quell’unica possibilità di convolare a giuste nozze.

Giusto il tempo di un corteggiamento lampo e la coppia si unisce in matrimonio e approda nel west. Ad attenderla, Pamela trova una casa malridotta, un manipolo di riottosi vaccari, un ragazzino ombroso e uno stile di vita decisamente diverso. Riuscirà l’unione ad avere la meglio su tali prove?

Da Boston al Montana ****

È un romanzo breve (meno di 160 pagine), ma forse ha ragione la sinossi a definirlo una novella, che fa da prequel ad una (pare) lunga serie western. Difatti non succede praticamente niente, tranne l’innamoramento dei protagonisti: un amore castissimo, visto che non c’è neanche una scena di sesso. Però è una lettura molto piacevole, appartenente alla tipologia, frequente nel genere, sulla donna di città che arriva in un luogo sperduto e se la cava benissimo (anche se, come qui, con grande aiuto da parte di un sacco di gente).

La traduzione, a prima vista, è un po’ strana: trovare vocaboli come inanità, raffrescata, adusi, edentulo (che pare voler dire sdentato), spalmata (nel senso di estensione) e, dulcis in fundo, guaire riferito a Pamela (ma non pensate ad Acunzoli) lascia un po’ basiti. A meno che non rifletta arcaismi dell’autrice. Non mancano neanche vari refusi.

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Jeannie Ruesch, La ricerca di Lady Aria

Londra, 1840 – Cresciuta con il padre, un famoso archeologo, Aria Whitney non ha nulla in comune con le delicate debuttanti dell’aristocrazia londinese e soprattutto non ha intenzione di sposare uno dei vacui gentiluomini che frequentano l’alta società. Ma fingersi in cerca di un marito è la scusa ideale per indagare sulla misteriosa scomparsa del padre, e così l’intraprendente giovane si tuffa nella movimentata vita mondana della capitale, decisa a ottenere informazioni. Quella che all’inizio sembra una copertura perfetta si rivela però un’arma a doppio taglio… perché l’affascinante Adam Willoughby, Conte di Merewood, per svelarle ciò che sa pretende qualcosa in cambio. Una liason con quell’uomo, per quanto bellissimo e intrigante, susciterebbe uno scandalo senza precedenti, eppure accettare sembra il solo modo per scoprire la verità. E Aria non è il tipo che si tira indietro di fronte a una sfida.

Se vi piacciono i romanzi di fatti **

Romanzo gotico lungo e complicato, dove fra una folla di personaggi succede di tutto e di più: scomparse, inchieste sotterranee, rapimenti, impazzimenti, travagli anticipati, scazzottate e chi più ne ha più ne metta. Alla fine spesso noioso. Incongrua anche la copertina.