Tre giorni a Torino per assistere alle finali del torneo Nitto ATP. Una follia, il biglietto: in quasi piccionaia, ho speso 273,08 euro. Però, “una volta nella vita -mi sono detta- si può”, facendo finta di non ricordare che ho già in tasca il biglietto per la finale degli Internazionali di Tennis a Roma (maggio 2023).
Ai primi di agosto, ho preso la decisione: treno, biglietto, prenotazione albergo. Tanto, con una gamba disastrata, non posso fare il solito viaggio in giro per l’Europa. Quindi, grande tennis e goduto con comodo.
Quasi cinque ore di treno. E tu pensi che, la prossima volta, prenderai l’aereo. Però il tempo passa, tra l’ultima parte del nuovo romance di Miss Black e i primi capitoli de L’Ampolla di Vetro, di Beatrice da Vela. Insomma, ho lavorato per il blog (adoro unire l’utile al dilettevole!).
Albergo, valigia in camera e subito fuori, a godermi la città. Il sole splende, il cielo è azzurro, la temperatura sembra di riportarmi alla primavera: mollo cappello-guanti-sciarpa e me ne vado a spasso. Stampella al seguito, ovviamente.
Cena al Bistrot Turin, ritorno in albergo e dormita colossale.
Al mattino, mi avvio al Pala Alpitour dove -finalmente!- gli organizzatori del torneo hanno deciso di portare anche l’Area Fan, l’anno scorso molto lontana.
Assalto allo stand Sport e Salute per accaparrarmi lo zainetto (regalato all’amica Paola); acquisto della pallina da tennis promozionale (tre euro senza scontrino); sorvolata dello stand Armani. Pranzo carissimo con un piattino di pasta e una bibita.
Finalmente, mi arrampico al settore 211-Nord, fila 5, posto 7. Si vede BENISSIMO! Attesa spasmodica, mentre socializzo con i vicini. Nella fila davanti, fa casino una coppia spaiata (lui abbondantemente settantenne, lei almeno vent’anni di meno) che ha saccheggiato lo stand Armani. Sono pieni di buste, che faticano a sistemare davanti ai piedi.
Il palazzetto si riempie, un po’ alla volta. Striscioni, gagliardetti, palle da tennis enormi per le firme degli eroi della giornata.
Ore 16.00: cerimonia di apertura: luci e suoni. Sembra di stare in discoteca, ma è centomila volte meglio. La folla urla e balla. Sì, anche io.
Doppio: la coppia anglo-americana Joe Salisbury-Rajeev Ram supera per 7-6 6-4 i croati Nikola Mektic e Mate Pavic, arrivati in finale con un filotto di vittorie. Un’ora e 27 minuti di gioco serrato, con i croati che chiedono in continuazione al giudice di sedia di controllare dove sia caduta quella benedetta-maledetta pallina. Ram e Salisbury sono riusciti a rifarsi della sconfitta subita l’anno scorso in finale.
Premiazione e nuova girandola di luci e suoni.
Esodo verso le toilette e i bar. Non mi muovo dal posto, tanto ho una bottiglietta di acqua (cui hanno tolto il tappo, perché c’è sempre il timore del tiro al bersaglio su qualche tennista antipatico). E non me la sento di scendere quei gradini ripidissimi che uno steward gentile mi ha aiutato a salire. Chiacchiere con i vicini: si commenta l’incontro, si ricordano le gare passate. Il doppio piace, però…
18:30, cerimonia di apertura per il singolare. E qui tutti prepariamo animi e striscioni per ciò che avverrà fra trenta minuti.
ECCOLI!
Ruud Casper avanza con la foga dei suoi 23 anni. È l’occasione della sua vita. Novak Djokovic (Nole per gli amici, cioè il 70% degli astanti) è salutato da un delirio di urla e battimani.
Arbitra la francese Aurelie Tourte, prima donna ad arbitrare la finale delle Nitto ATP Finals in 53 anni di storia della manifestazione.
Non vola una mosca.
La partita comincia. A ogni punto, il soffitto sembra doversi sollevare di una spanna.
Il campione non è al suo meglio: da tre giorni soffre di mal di testa, mi spiega l’enciclopedia a fianco. Ho portato il fido binocolo da teatro e posso vedere che, in molti dei momenti di sosta, Djokovic beve come un cammello. È sudato fradicio già dopo i primi scambi. A un certo punto, non riesce a prendere una palla sparata da Ruud e si inginocchia con la testa fra le mani. Si rialza zoppicando. Fiato sospeso: ce la farà?
Nonostante i problemi di Nole, la finale è a senso unico. Djokovic non concede nemmeno una palla breack al rivale, cui cede solo 11 punti in altrettanti turni di battuta (6 sulla prima e 5 sulla seconda). Alla fine, il norvegese perde la misura del campo e Djokovic conquista un primo set molto intenso (7-5).
Nel secondo set, Djokovic non fa prigionieri: un 6-3 decreta la vittoria del serbo. Dopo le congratulazioni di rito al rivale, Ruud si accascia sulla panchina: sembra imbambolato, stranito.
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Un’ora e 32 minuti di gioco e un assegno di 4.740.300 dollari americani per il vincitore.
La premiazione avviene in un’apoteosi di colori. Difficile restare fermi (e non per la seggiolina da tortura al sedere). Applaudono e ballano anche i sostenitori di Ruud, per il quale Djokovic ha bellissime parole di encomio e augurio.
Si sfolla piano piano verso l’uscita. Una gentile (e robusta) signora mi aiuta a scendere le scalette malefiche. Credo di aver perso una buona parte dell’udito. Mai sentito un baccano simile.
Un taxi e si torna in albergo. Sono così piena di emozioni che dimentico (dimentico!) di fermarmi a prendere qualcosa da mangiare.
Ci rivediamo a maggio 2023 con gli Internazionali di Tennis a Roma. Magari, con la macchina fotografica, anziché lo smartphone.
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