“Tutti temono coloro che sono tornati” è un romanzo che ha avuto una gestazione piuttosto lunga. Ho sempre amato il paranormal, ma scrivere un romanzo che unisse in sé tre generi: l’horror, il rosa e il giallo è stato piuttosto complicato, anche perché in “Tutti temono” c’è molto del mio modo di vedere la vita.
L’idea della storia mi venne tanti anni fa. Ero una ragazzina alla mia prima supplenza in una scuola di campagna. Qualcuno mi raccontò che tanti anni prima, in quella stessa scuola, aveva vissuto e insegnato una maestra, morta giovanissima e in miseria, perché era stata cacciata a causa della sua relazione con un uomo sposato. Quella storia mi colpì molto, ed è rimasta a lungo sepolta nel mio subcosciente per venire a galla alcuni anni dopo, quando, passata di ruolo nella scuola superiore, mi sono trovata a insegnare in un IPSIA locato in un antico convento. Alcuni degli studenti erano grandi, grossi e cattivi. Qualcuno era addirittura più anziano di me. Mi facevano molta paura, perché qualcuno aveva storie di droga e di violenza alle spalle e temevo aggressioni fisiche. Tra l’altro, un paio di loro coltivavano il mito di Alice Cooper e si proclamavano satanisti. Inutile dire che c’era molto materiale per una storia. Nacque così il racconto “Il carme del Foscolo”, finalista al premio Tabula Fati del 2008. Il racconto mi piaceva, ma non ne ero soddisfatta. Sentivo che era poco rispetto a quello che avrei potuto scrivere. Così, l’ho chiuso in un cassetto e l’ho lasciato riposare in attesa che germogliasse.
Un pomeriggio, mentre ero in attesa del mio turno dal dottore, è arrivato un improvviso colpo di fortuna. Sfogliando distratta le pagine di un vecchio Espresso, sono incappata in un articolo sulle sette sataniche. Non solo si spiegava il fenomeno, ma si diceva anche che era così esteso che la Polizia di Stato aveva al suo interno un corpo segreto, la SAS (squadra anti sette) che si occupava esclusivamente di indagare sul fenomeno dei satanisti. Ḕ stato allora che ho commesso un’azione disdicevole: ho rubato il giornale e sono scappata via, saltando il controllo medico. Ho letto l’articolo una decina di volte, fino a convincermi che, se volevo rendere vera la storia, avevo bisogno di un agente della squadra anti sette sotto copertura che intrecciasse una storia d’amore con la mia protagonista: Anna Messeri.
Anna Messeri è una donna giovane, ma provata dalla vita. Ha perso figlio e marito in un incidente stradale in seguito al quale è rimasta in coma per molti mesi. Quando si è svegliata, non è stata più la stessa. Ḕ stata per troppo tempo nella valle oscura, il luogo dove vivono i demoni e le anime che si sono rifiutate di entrare nella luce accettando la morte. Con molta fatica è riuscita a controllare il fenomeno e a ritornare a una vita normale. Ma il destino, come al solito, è in agguato.
Non vi dico altro, altrimenti rischio di fare spoiler.
In quanto alla mia visione della vita, chi ha letto “I suicidi vanno all’inferno” la conosce già. Ho avuto una rigida educazione cattolica e sono cresciuta in un collegio di monache. Le suore appaiono spesso nei miei romanzi e non sono sempre delle figure simpatiche. Senza dubbio, questo è un retaggio della mia infanzia, che gli anni sereni venuti dopo non sono riusciti a cancellare. Nonostante non sia praticante, la religione cattolica e le sue credenze mi sono rimaste dentro. Non so se esiste una vita dopo la morte ma credo che qualcosa di noi sopravviva e che ci siano persone in grado di percepirlo. A volte, ho il terrore di essere una di loro.
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