Un argomento dibattuto è stato quello proposto da Letizia Finato: Meglio avere uno stile personale di scrittura o, invece, per essere più appetibili, adeguarsi a un modo di scrivere al passo con la moda del momento?
Apre le danze, Eward C. Bröwa.
Se vendo sono felice, se vendo molto sono molto felice, ma non ho iniziato a scrivere con questo fine e non per questo continuo. Quindi, no, non mi uniformo a dettami stilistici del momento che si suppongono utili a raggiungere il pubblico.
Nel mio piccolo-piccolissimo, scrivo perché ho qualcosa da dire e lo esprimo nel modo che mi sembra più adatto a quella storia. Ascolto certamente i consigli altrui, ma non accetto di essere inscatolato in schemi e modi che non sono i miei. Se scrivere cessa d’essere “scrivere a modo proprio”, presto lo farà solo l’intelligenza artificiale.
Non sono nemmeno sicuro che adeguarsi a una moda – per definizione effimera – garantisca un risultato, come non so se tutti i presunti guru che ci dicono di seguire questa o quella modalità siano davvero in contatto con lettori e mercato (per non menzionare la letteratura), o non vivano, piuttosto, in un universo autoreferenziale.
Non ne faccio una comparazione con me stesso, ma osservo pure che gli autori sia molto celebrati sia campioni di vendite scrivono a modo proprio, semmai dettando una moda invece che seguirla.
“L’albero” è figlio dalle camminate nei boschi fatte fin da quando ero bambino, decenni in cui ho osservato gli alberi, capito di amarli, provato a percepirli come esseri viventi. Quando è nata l’esigenza di mettere in pagina le loro vite, ho potuto farlo solo rispettando quella che sentivo essere la loro voce. Lo trovate QUI.
Interviene Fernanda Romani.
Se segui una moda, prima o poi la moda ti sorpassa. Non so chi l’abbia detto, ma è uno dei tanti svantaggi di quel tipo di scrittura.
Detto questo, io seguo le mode solo per quanto riguarda l’abbigliamento e soltanto quelle che mi piacciono.
Ho iniziato a scrivere a 49 anni e, dato che in Endora tutti i protagonisti maschili sono prostituti o ex-prostituti, il primo consiglio che ho ricevuto è stato: segui la moda dell’erotico (eravamo in pieno boom delle 50 sfumature). Mi sono documentata, ho letto un po’ qua e un po’ là e mi sono chiesta: ma io ho voglia di scrivere così?
Risposta: per niente.
Ok, archiviate le mode.
Naturalmente, nel corso degli anni la mia scrittura è cambiata, fa parte della normale evoluzione di ognunə di noi. Nei miei primi romanzi usavo molto le frasi brevi e qualcuno mi fece notare che era uno stile non apprezzato da tuttə, ma non era un errore; quindi mi sono concessa il tempo di modificare la mia narrazione istintivamente, mentre cercavo di imparare il più possibile e migliorarmi.
Scrivo solo quello che ho voglia di scrivere. Non è di moda? Pazienza. Mi tengo la mia nicchia di lettrici e lettori e vado avanti così.
Oggi niente immagini di libri già pubblicati (ne abbiamo messa una noi. “I tre giorni di Atavanno” potete trovarlo QUI. N.D.R.), ma un’anticipazione che riguarda il futuro. Sono appena tornata in possesso dei diritti di un racconto pubblicato anni fa da una CE.
Caspita, dovrò imparare di nuovo come si pubblica!
L’articolo prosegue e si conclude domani.
Copertina realizzata con materiale free Canva.
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