Vanna Alvaro è Psicologa Clinica, Progettista e Formatrice, ma dopo decenni passati a scrivere saggi e articoli scientifici, partecipa per gioco a un concorso letterario nazionale vincendo il primo premio con una poesia.
A seguito di tale riconoscimento, concretizza il suo desiderio di far conoscere i suoi versi e pubblica  le sue prime due sillogi poetiche: “Ti farò dono di una pietra, ti farò dono di una porta” e “Il Cerchio Scomposto”.
Al momento sta per pubblicare un libro di racconti, mentre lavora parallelamente alla stesura del suo primo romanzo.
Lo stile metaforico e onirico delle sue poesie evoca immagini e sensazioni, accompagnando i lettori al  riconoscimento e allʼaccettazione dei propri contrasti interiori.
Dalla sua prima raccolta, e utilizzando diversi linguaggi espressivi – recitazione, danza, musica – è stato arrangiato lʼatto unico “Parole e Silenzi, anime in viaggio” per la regia di Nicola Fabrizio.
Oggi,  oltre ai suoi progetti di scrittura, eroga Laboratori di scrittura creativa secondo un approccio emozionale  e si occupa di coaching letterario.

1.     Due righe per presentarsi?
Mi chiamo Vanna Alvaro, arrivo dal  profondo Sud, da un posto di mare. Un luogo a cui mi  sento legata per la prepotenza dei quattro elementi: vento, acqua, terra e fuoco.
Mi  sono trasferita a Roma dopo aver completato il Liceo Classico, del quale ricordo le pizzette unte della merenda, i lunghi temi per il lunedì, le interminabili versioni di latino e greco, lo studio della filosofia  che mi costringerà poi a pensare per tutta la vita.
Oggi faccio tante cose, avendo negli anni appreso due regole fondamentali: non lasciare inutili spazi vuoti e soprattutto concedersi avvincenti spazi vuoti, in un magico rituale per merito del quale credo di essere  ormai in grado di estraniarmi da tutte le attività, quando necessario.
E in questo tempo scrivo, inforno torte, aggrego persone e situazioni, viaggio nel mondo trovando su ogni spiaggia, immancabilmente, sassi a forma di cuore.

2.     Che genere scrive? Oppure, svolazza di genere in genere come una leggiadra farfalla?
Ho sempre pensato che le parole definiscano la realtà, e la mia realtà è spesso animata da personaggi contraddittori, complessi. Per questo motivo il linguaggio che sento più vicino alla mia narrazione è quello poetico: essenziale, pulito, onirico, dove una singola parola va scelta con cura. Ci metto pochi minuti per scrivere una poesia, e giorni e giorni, a volte, per cambiare una sola parola che non risuona perfettamente con quello che voglio esprimere. Ho pubblicato ad oggi due sillogi: “Ti farò dono di una pietra. Ti farò dono di una porta” e “Il Cerchio Scomposto”. L’uscita del primo libro è stato un parto, faticoso e doloroso. Attualmente sto lavorando ad una raccolta di racconti, ognuno dei quali presenta un mondo femminile, una donna-anima.  Parallelamente, quasi per sfida, sto sperimentando la stesura del mio primo romanzo.

3.     Come scrive? Penna e quaderno? Oppure, tecnologia a tutto spiano?
Ho iniziato a scrivere, come spesso succede, di notte, e avevo con me solo il cellulare. Per questo motivo credo di avere imparato ad utilizzare le note del telefono, ma poi dopo un po’ ho capito che questi versi sparsi andavano ordinati,  allora ho iniziato ad archiviare diligentemente su drive, e ho sempre una cartella sul PC dove appunto tutti gli inediti, che lascio riposare prima della stesura definitiva.

4.     Quando scrive? Allodola, o gufo?
Assolutamente gufo… sempre!

5.     Coinvolta sempre in quello che scrive, oppure distaccata?
Coinvolta. Non riuscirei a scrivere altrimenti! Credo che la scrittura sia innanzitutto catartica e che poi possa essere condivisa.

6.     Scaletta ferrea, o sturm und drang?
Ammiro gli autori che hanno una idea già precisa della struttura del loro scritto. Io non rientro in questa categoria… scrivendo soprattutto poesie parto spesso da un’immagine che poi diventa parola, suono, armonia.

7.     Metodica nella scrittura, oppure “quando-posso-non-so-se-posso”?
Più che quando posso direi quando sento, magari mentre sto ferma a un semaforo, magari di notte… in ogni caso appunto ogni verso, ogni suggestione, ogni parola appena arriva,  anche quando non è ancora un progetto finito o di senso compiuto. Diciamo che faccio un fermo immagine di un’emozione che poi a volte si dissolve, a volte si consolida.

8.     Legge molto? A noi piacciono i topi di biblioteca.
Ho letto tanto, tantissimo, sin da bambina. Credo che il mio periodo più fertile come lettrice sia stato quello del liceo e dell’università. Oggi leggo tanto ma molto è anche fatto per lavoro, devo essere sincera…

9.     I concorsi: nota dolente. Sì, o no?
Il mio primo libro ha visto la luce proprio perché avevo vinto il primo premio ad un concorso nazionale… mi ha dato certamente la spinta e la fiducia di osare. Oggi partecipo solo ai concorsi che mi attirano per il tema trattato, e devo dire che ho ricevuto finora degli ottimi riconoscimenti. Credo che un concorso serio sia comunque una buona vetrina, da un lato, e dall’altro un ottimo test valutativo della propria opera. Perché no, quindi?

10.  Progetti per il futuro?
Continuare a scrivere, sperimentare nuovi linguaggi espressivi, la prosa, e continuare a giocare con le parole.

Grazie per averci fatto compagnia.
Grazie a voi. Alla prossima.