Editore: Newton Compton
(Newton Narrativa, gennaio 2014).
Pagine: 282.
Prezzo: euro 9,90 (versione
cartacea); euro 4,99 (ebook).
Nishtha, giovane indiana, approda a New York: il
marito Madhur, in punto di morte, l’ha affidata all’amico Jordan Mathers, un
rampante avvocato americano. Nishtha, cresciuta nella fede induista, è fedele e
devota al suo uomo e l’abnegazione è la sua pratica di vita. Jordan è bello,
ricco e potente, ma anche intransigente ed egoista. Un vero pragmatico.
Tra i due l’incontro è freddo, troppo lontani i loro
mondi, estranei e sconosciuti i loro modi: uno spirituale, l’altro fisico e dal
forte senso pratico. Jordan inizia Nishtha al bondage. Per la giovane è un
viaggio senza ritorno nella filosofia occidentale, nel BDSM e nella venerazione
del maschio padrone. Un lento, eccitante e sofferto gioco delle parti in cui la
spiritualità dell’amore tantrico e la carnalità dell’universo sadomaso si
incontrano e si scontrano. Nell’erotismo velato, trattenuto, nella sospensione
del piacere che si protrae giorno dopo giorno, si compie la sottomissione dei
sensi, finché Jordan sente che Nishtha è finalmente sua, e non più di Madhur.
Nasce in lui, nonostante la brutalità delle sue pratiche e l’apparente
misoginia, un’inarrestabile attrazione. Un sentimento trascinante, che non
avrebbe mai potuto prevedere…
“Non è solo potere. È privilegio. È devozione. È amore.”

Gli ingredienti tipici del
romance erotico ci sono tutti: un ricco e potente avvocato di New York, l’attico
su Central Park, limousine, collari, contratti, club BDSM. Questa volta, però,
il protagonista maschile, Jordan Mathers è lontano dai soliti Dom incontrati
finora (e, lasciatemelo dire, alquanto all’acqua di rose…). Oltre ad essere un
Master, o Dominatore che dir si voglia, Jordan è un sadico che ricava il
proprio piacere non solo dalla sottomissione della sub di turno e dal senso di
possesso che gli deriva da ciò, ma anche dal dolore che le infligge. Si nega
qualsiasi coinvolgimento affettivo, convogliando la propria attenzione ed il
proprio interesse sulla sicurezza e l’indennità fisica della donna divenuta di
sua proprietà.
Jordan vive con angoscia la
sua condizione di sadico, perché si riconosce identico al padre che per anni
aveva abusato di una moglie dolcissima e innamorata.
Durante gli anni del college,
pur di reprimere questa parte di sé, aveva tentato il suicidio, salvato dall’amico
Madhur Singh. Ed è proprio il vecchio amico, tornato da oltre un decennio in
India, a chiamarlo. Con urgenza.
Sfinito da un viaggio durato
26 ore, Jordan si trova ad affrontare l’ultima, estrema richiesta di un uomo
morente. Madhur gli affida la moglie, la bellissima Nishtha Varma, con uno scopo
preciso: prendersi cura di lei e introdurla in quel mondo oscuro dove il
piacere e la sofferenza sono un binomio inscindibile.
Dopo un’iniziale ripulsa,
Jordan si piega alla richiesta del vecchio amico e, non appena questi muore,
porta con sé a New York la giovane vedova.
In questo modo, ha la
sicurezza che i parenti della donna non la obbligheranno alla pratica del “sati”,
mediante la quale la vedova si lascia bruciare viva sulla pira del marito
defunto.
Un contratto viene stipulato
e tutti, a questo punto, immaginiamo che parta subito una sequenza ininterrotta
di pratiche BDSM e di sesso selvaggio. Niente affatto. Nella parte più
coinvolgente del romanzo, non succede quasi nulla. Jordan lavora come un pazzo,
cercando di stare lontano da quella donna bellissima e fragile. Nishtha si
impone alla nostra attenzione con le parole, i gesti, le emozioni. Proviene da
una cultura dove la sottomissione della donna, specialmente nei villaggi delle
campagne, è vista come naturale predisposizione dell’animo, insieme alla serena
obbedienza nei confronti del proprio uomo. Nishtha ha provato piacere fra le
braccia del marito solo in un’occasione: quando lui, senza volerlo, le ha
inflitto un forte dolore. Madhur ha capito la sua necessità, pur non essendo in
grado, per indole, per carattere, di soddisfarla. Questo è il motivo che lo ha
spinto a chiamare il suo vecchio amico, l’unico che può dare piacere alla
moglie insoddisfatta.
In lei Jordan vede il proprio
naturale completamento: “Il dolore… Ne
abbiamo bisogno entrambi. Io di infliggerlo, tu di riceverlo. Siamo due facce
della stessa moneta.”
Ecco, il lavoro di introspezione psicologica che l’autrice
mette in atto allontana definitivamente questa vicenda dal classico romance
erotico e ne fa un piccolo capolavoro. Anisha Rai ci porta con pacatezza alla
scoperta dei meccanismi di due menti umane che si contrappongono, desiderose
solo di fondersi e trovare così, più che nell’estasi dei sensi, il vero
appagamento.
Da un lato, Nishtha si
incammina con passo esitante su una strada che non conosce, che agogna e che le
fa paura. Dall’altro, Jordan capisce che il legame che si sta instaurando è
diverso da tutti quelli, freddi e controllati, che lui ha fin qui coltivato.
Non aspettatevi un sadico
redento alle ultime pagine. Jordan rimane quello che è. E Nishtha lo accetta. Non
solo, Jordan accetta se stesso. Solo in questo modo è possibile un futuro
comune d’amore per questi due splendidi personaggi.
Piccoli nei: un finale non
all’altezza del romanzo, un po’ tirato via, ed un linguaggio a tratti non
proprio esemplare.

Quattro stelline.