Mercoledì e si chiacchiera, nel Gruppo Facebook. Leggete un po’… e poi ditemi: quale libro avreste voluto scrivere? E perché?

Fra tutti coloro che avranno commentato l’articolo, sarà sorteggiata una copia (cartacea) di “L’amore che ti meriti”, di Daria Bignardi (Mondadori). Stiamo o non stiamo festeggiando il nostro primo compleanno?

FEDERICA D’ASCANI: Io sono una tipa molto prevedibile e pure ripetitiva. Se uno mi chiede che libro avrei voluto scrivere, ne ho solo uno in testa e si chiama “IT” di Stephen King. King, il re vero dell’horror, un mito d’uomo che ha scritto uno tra i romanzi più paurosi che abbia mai letto. Bellissimo per descrizioni (che apprezzo più ora che prima), intensità, allegorie, metafore, IT segna per davvero la chiusura della fanciullezza e l’inizio della vita adulta con tutto ciò che ne consegue. E il pagliaccio… Il pagliaccio è l’uomo nero di cui tutti abbiamo avuto paura, l’ignoto, qualcosa che ti mangia quando smetti di sognare, di credere in ciò che è tuo, della tua indole. IT è lo scheletro nell’armadio che non vorresti mai aprire, ma dentro al quale sei costretto a guardare. E poi la tartaruga, il bene superiore, quello che ti salverà dalla depressione, dal male di vivere, dalla luce dei morti…
Insomma, avrei voluto scrivere IT.

JENNY ANASTAN: uno dei libri migliori che abbia mai letto. Il film che mi ha portato ad amare il genere Horror… l’ho visto la prima volta a otto anni e l’ho letto a quindici… Ora non mi fa più paura ma, per parecchio tempo da bambina, è stato ospite sgradito dei miei sogni. LO VUOI UN PALLONCINO COLORATO?

FEDERICA D’ASCANI: Io stranamente non l’ho mai sognato, ma il libro lo lessi per la prima volta tra gli 11 e i 12 anni, di nascosto, ed è stato amore (lo lasciavo in cucina prima di andare a dormire perché non volevo averlo accanto, figurati!).

JENNY ANASTAN: Lo posso capire. Io festeggiai il compleanno poco dopo aver visto il film… Capisci? Compleanno… palloncini… DRAMMA!

EDY TASSI: Senza avere mai letto o visto IT, mia figlia Serena ha sempre avuto terrore dei pagliacci. King conosce molto bene la psicologia umana!

LIDIA CALVANO: Il libro che avrei voluto scrivere è “La mano sinistra delle tenebre“, della grandissima scrittrice di fantascienza Ursula K. Le Guin. La storia di un ambasciatore inviato su un pianeta ghiacciato per una delicata missione diplomatica, e delle trame politiche che si intessono intorno a lui. Ma anche la storia di come un’amicizia si possa trasformare in passione nella maniera più imprevedibile. Non c’è da spiegare un perché, si tratta di uno dei massimi capolavori della fantascienza, da leggere se possibile nel silenzio di una giornata di febbraio circondati da un panorama innevato, lontani da qualsiasi interruzione o rumore di fondo. Purtroppo, non l’ho scritto io.

FEDERICA SOPRANI: Un libro che avrei voluto scrivere io… Più di uno, lo ammetto. Non sono mai stata una persona invidiosa, fortunatamente, e anche in questo caso non credo si possa parlare di invidia, quanto di un’ammirazione così grande, un entusiasmo così dirompente da farti desiderare di aver creato questa ‘cosa’ che ti è piaciuta così tanto! Ne citerò solo uno: “Il segreto del millennio“, di Katherine Neville, per l’incredibile capacità di intrecciare vicende umane e storiche in un impianto narrativo che si estende nell’arco di mille anni, e per i personaggi spaventosamente affascinanti (e ambigui), che hanno determinato molte delle mie scelte come autrice negli ultimi vent’anni. Ecco la prima apparizione di uno dei miei personaggi preferiti, ‘padre’ di una schiera innumerevole di miei personaggi: “Sulla soglia era comparso un giovane alto e ben fatto, di una bellezza così incredibile da non sembrare di questo mondo. I capelli dorati, folti e ricchi, cadevano in riccioli, trattenuti sulla nuca da un semplice nastro. Una lunga tunica color porpora scivolava come acqua sul corpo aggraziato. Gli occhi, di un azzurro intenso, tempestoso, si posarono calmi sul pittore.” (solo qualche pagina più in là scoprirò che si tratta di un giovanissimo Charles Maurice de Talleyrand-Périgord)

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51J26vSQOfL._SX332_BO1,204,203,200_Come può l’amore essere insieme la forza più creatrice e più distruttrice? Cosa siamo disposti a perdere per l’amore, cosa siamo disposti a mettere in gioco? È possibile che la completa felicità si riveli solo nella assoluta infelicità? A Ferrara, Alma e Maio, due fratelli adolescenti, vivono in una reciproca, incantata dipendenza. La loro famiglia è molto unita. La scuola è finita, l’estate inizia. Alma e Maio non lo sanno, di essere felici. Per Alma è un gioco quando propone al fratello di provare l’eroina. Una sola volta, l’ultima sera di libertà prima di raggiungere i genitori per le vacanze. Ma mentre lei passa indenne attraverso il veleno, Maio resta segnato. E un giorno scompare. Bologna, trent’anni dopo. Antonia che tutti chiamano Toni, è l’unica figlia di Alma. Vive con Leo, commissario di polizia conosciuto durante un sopralluogo per i gialli che scrive. Ignora tutto di Maio, la madre non le ha mai raccontato nulla: forse per proteggerla o forse troppo grande è il senso di colpa. Quando Alma viene a sapere che Antonia aspetta il suo primo figlio, non riesce più a mantenere il silenzio di cui si è fatta scudo. Toni si misura con una vertigine improvvisa: che cosa può fare di fronte a un segreto che ha cancellato ogni traccia del passato di sua madre, e quindi anche del proprio? Toni torna a Ferrara per cercare Maio. E nell’inchiesta su Maio si riflette il gioco delle generazioni, la cifra degli anni bui a cavallo tra Settanta e Ottanta, fino al destino stesso di Antonia. Come si fa a meritarsi l’amore?