L’Eurovision Song Contest gode del primato di concorso musicale trasmesso in televisione più longevo, con le sue 60 edizioni dal 1956 a oggi. Sì, in un impeto di campanilismo potremmo obiettare che il Festival di Sanremo viene trasmesso dal 1954, ma diamo per scontato che il successo e la diffusione dei due programmi non sia paragonabile.
Al di là dell’immane baraccone mediatico che questa manifestazione porta con sé, resta di grande interesse il suo valore come termometro dei gusti musicali in Europa (e non solo), e soprattutto dei controversi giochi politici che il concorso mette in evidenza.
Lo scorso anno le due cantanti russe furono fischiate non tanto per il valore (esiguo) della loro performance, quanto per la spiacevole bagarre scatenata da Putin contro gli atleti gay in occasione delle Olimpiadi invernali di Sochi. Pessima mossa, nemmeno da dire, le cui ripercussioni si avvertirono eccome pochi mesi dopo, in occasione dell’Eurovision. Non che Conchita Wurst non meritasse di vincere. La sua canzone Rise like a phoenix (link: https://www.youtube.com/watch?v=QRUIava4WRM) era sicuramente adatta al concorso, ma niente e nessuno ci toglierà dalla testa che la sua barba, esibita con nonchalance sull’abito a sirena in filato d’oro e lustrini abbia influito non poco sul voto. Il messaggio era chiaro, ed era rivolto alla Russia e a chiunque non riconoscesse la libertà di espressione umana prima ancora che artistica in Europa. Putin la prese malissimo. Soprassediamo sul fatto che avesse mandato due lolite in odore di pedofilia. La barba almeno non l’avevano. Dopo la vittoria di Conchita, minacciò non solo di non inviare più artisti russi alla competizione, ma addirittura di oscurare tutte le televisioni nazionali per impedire loro di trasmettere le serate del concorso.La minaccia spaventò (…) gli organizzatori dell’Eurovision abbastanza da cercare una soluzione diplomatica. O forse semplicemente il buon Vladimir si rese conto che bloccare l’Eurovision sarebbe stato come negare le partite di campionato la domenica in Italia.
Così, facciamo finta di niente. Si arriva all’Eurovision 2015, e la Russia schiera con orgoglio un suo tipico prodotto nazionale: Polina Gagarina (link: https://www.youtube.com/watch?v=jBVY7Glcd84).
Alta, bella, bionda (e non citeremo la discussa canzone del mai abbastanza compianto Francesco Nuti “Pupp’a pera”, trovate il link qui: https://www.youtube.com/watch?v=7eS5Yy42hTI), una Celine Dion di quelle che all’Eurovision piacciono tanto, anche se hanno la barba, e con tutte le carte in regola per vincere.
E avrebbe potuto vincere davvero, la Gagarina. Lei ce l’ha messa anche tutta, facendo foto diplomaticissime insieme a Conchita Wurst, e cantando con tutta la passione di chi sa che, se torna a casa da perdente, si ritrova con tutta la famiglia in un gulag. Minimo.
E invece ha perso.
Di poco. Si è classificata seconda, lasciando la gloria dell’oro a un ragazzotto svedese piacione, tale Måns Zelmerlöw (vi sfido a pronunciarlo…), a detta di tutti bello, bello, bello in modo assurdo (ok, ma è Eurovision, o Mister Europa 2015?), con una canzone senza infamia e senza lode, Heroes (link: https://www.youtube.com/watch?v=3avE4Zsp14g). Terzo posto per gli italiani Il volo e la loro Grande amore (link: https://www.youtube.com/watch?v=4TEpHTVWXnM), a mio modesto parere adattissima pure questa a vincere.
E niente, la Svezia si guadagna la sua sesta vittoria, mentre la Russia viene rimandata a casa con un contentino amaro come il fiele. Perché, come direbbero in Game of Thrones, il Nord non dimentica. Possiamo fare finta che abbiamo messo una pietra sopra alla faccenda di Sochi e in generale alla politica barbara voluta da Putin per gli omosessuali russi. Ma non è così, e la Svezia, nazione libera e libertaria da sempre, non a caso una di quelle che ha dato ieri sera meno voti alla Russia, stravince, sbeffeggiando quella che fino a metà votazione sembrava una vittoria annunciata per la Gagarina, che già piangeva per l’emozione affiancata da una sollecita (e barbuta) Conchita.
È vero che da anni l’Eurovision è contestato per la tendenza generale di votare i paesi confinanti o con i quali si intrattengono buoni rapporti, piuttosto che sulla base di una valutazione realistica e oggettiva dei brani. È anche vero che la partecipazione di nazioni extra-europee, oltre a creare non poca confusione nelle già traballanti certezze geografiche degli spettatori, complica non poco le cose. Resta evidente che una manifestazione che dovrebbe essere esclusivamente musicale e a suo modo culturale, viene influenzata da dibattiti sociali e politici. Accade continuamente, beninteso, perché qui dovrebbe essere diverso? Però un po’ lascia l’amaro in bocca constatare come artisti più che meritevoli siano stati svantaggiati dal fatto di essere nati di qua o di là da un confine che spesso e volentieri è più culturale che fisico, e in generale che si strumentalizzi una competizione canora per ‘dare una lezione’ a un capo di stato piuttosto che a un altro. L’arte, in tutte le sue forme, dovrebbe essere affrancata da questi giochi. Dovrebbe volare, come una fenice, più in alto di qualsiasi pregiudizio.
Posso tirare le orecchie a Federica Soprani? 🙂 Ha fatto un gran discorso sulla vittoria di Conchita nel 2014, sul boicottaggio della Russia omofoba e sul fatto che quest’anno abbia vinto la liberale Svezia, ma il caro Måns Zelmerlöw ha rilasciato diverse dichiarazioni omofobe in tv nei mesi scorsi (omosessualità descritta come anormalità, no ai matrimoni, no alle adozioni, etc.) ed è stato osteggiato dai giornali e dagli stessi svedesi. Non si è trattato proprio di un’altra vittoria ‘liberale’ (fra l’altro, al di là dell’ambaradan mediatico, Conchita canta bene e la sua ballad era evocativa e attuale). Certo, è un figo della Madonna, ma non date per scontato che il pop lirico nostrano sia apprezzato da tutti; per quanto il Volo abbia vinto al televoto popolare, è stato poi spinto più in basso dalle giurie dei critici che hanno preferito proposte per palati più fini, come la Lettonia, penalizzata a sua volta dal televoto. Inoltre, quello di Zelmerlöw è un pezzo da 90, perché è commerciale solo in superficie. Tutto nella canzone è strutturato ad arte per risultare accessibile al grande pubblico ma al contempo con accorgimenti particolari: gli arrangiamenti sono curati al dettaglio (es: la strofa con archi sintetici dal retrogusto folk è talmente amalgamata dal bridge al rit. dance che non te ne accorgi, avverti solo la marcia in più). Non è bello solo lui, ha anche una tessitura vocale interessante, sia nei bassi sia negli alti, sa muoversi sul palco grazie a esperienze nel musical (è Danny Zuko nel Grease svedese, ci vuol fiato e tonicità) e non sgarra una nota. Per non parlare delle coreografie con cui il brano è stato presentato. Insomma, la vittoria ci stava tutta, ma non certo per la tolleranza nei confronti dei gay. Poi si è scusato, si è profuso in smancerie con Conchita nel prendere il trofeo, ora addirittura non esclude di poter uscire con un uomo, ed è stato ‘perdonato.’ E’ emerso da un talent, e la ruffianeria lì sta di casa, ma perlomeno il nostro Mengoni specifica da sempre che non si pone il problema di ‘ndo coje.
Riporto qui quello che Federica ha scritto nel Gruppo Facebook, dove vi siete scambiate facezie e complimenti (giusto per far capire che NON vi siete picchiate di santa ragione): Runny ha assolutamente ragione. Infatti non sono entrata in merito all’orientamento dello svedese (che a me, personalmente, è stato sulle scatole fin da subito…). Il mio discorso era limitato alle politica della Giuria di Eurovision e ai suoi ‘giochini’ contro la Russia. Purtroppo siamo ancora lontani da un’autentica liberalità, anche se in certe nazioni hanno fatto notevoli progressi negli ultimi anni. Ma è chiaro che anche la vittoria di Conchita dello scorso anno è stato frutto di una strumentalizzazione politica che poco o nulla ha a che fare con il valore di Conchita come persona e artista. Se a ‘chi di dovere’ non fosse servita come simbolo, non avrebbero esitato a calpestarla peggio dei suoi detrattori.