Roberta Ciuffi dice la sua su “Il diario di una tata”, film del 2007.

Il diario di una tata,  tratto dall’omonimo romanzo chick lit di Emma McLaughlin e Nicola Kraus, è diretto da Shari Springer Berman e Robert Pulcini.

La trama, in breve (Wikipedia): Annie Braddock proviene dalla provincia del New Jersey e si è appena laureata in economia, anche se nutre una passione per l’antropologia. In cerca di un lavoro, passa da un colloquio all’altro senza ottenere fortuna: questo la deprime soprattutto per il fatto che non vuole deludere sua madre, che ha fatto tanti sacrifici per mantenerle gli studi con il suo solo lavoro da infermiera. Ma quando sembra ormai aver perso ogni speranza, ottiene un impiego come babysitter per una ricca famiglia dell’Upper East Side di Manhattan. Annie avrà molte difficoltà ad adattarsi alla nuova vita, dovendo fare i conti con il piccolo Grayer, che si dimostrerà una vera e propria peste, e con la madre di lui, la snob e gelida Signora X. Come se non bastasse, a complicarle la vita ci si metterà anche il bel Hayden, che la corteggerà fino a farla innamorare.

Sere fa ho visto Il diario di una tata, uno di quei film leggeri che rientrano nelle due mie categorie: ‘Film per cenare senza patemi d’animo’ e ‘Film buoni per stirare’. Insomma, direi che la recensione l’avete capita. Vorrei approfittare però per polemizzare su una scelta degli sceneggiatori di questo genere di film. Perché la ragazza o la donna devono sempre essere delle imbranate? Balbettano, spalancano la bocca, sgranano gli occhi, incespicano, non finiscono una frase, non si spiegano mai, non dicono mai quello che sarebbe necessario, si lasciando imbozzolare dagli equivoci… Capisco che siamo nella generica categoria dei film umoristici, ma queste ormai sono macchiette, non più personaggi, e mi danno tanto tanto fastidio.

Viviana Giorgi assegna quattro stelline (non una di più!) al romanzo “Non è un paese per single”, di Felicia Kingsley.

Belvedere in Chianti, piccolo borgo sulle colline toscane, dove abbondano ulivi e vigne ma di scapoli nemmeno l’ombra, è in fermento: Charles Bingley, nipote del defunto conte Ricasoli, sta arrivando dall’Inghilterra per prendere possesso dell’eredità, la tenuta Le Giuggiole. La notizia ha scatenato le potenziali suocere, disposte a tutto pur di sistemare le figlie con Charles o con il suo altrettanto affascinante, ricco e single amico Michael D’Arcy. A chi, invece, questa caccia al marito non interessa, è Elisa, amica d’infanzia di entrambi i giovani, con i quali passava tutte le estati alla tenuta, dove ora vive e si occupa con passione della vigna e della produzione del vino. Mentre tutte le ragazze di Belvedere si contendono i due appetitosi single, Elisa cerca di capire cosa ne sarà della tenuta, dato che Charles e Michael sembrano arrivati in Toscana con intenzioni poco chiare. Sono passati molti anni da quando lei e Michael erano compagni di giochi, la vita li ha cambiati e molti segreti si sono annidati tra le pieghe del tempo, che però sono sempre più difficili da nascondere. Possibile che due amici affiatati come loro possano ritrovarsi nemici? E se tra bicchieri di Chianti, scorpacciate di pappardelle e molti malintesi Elisa e Michael finissero a fare i conti con sentimenti tanto forti quanto imprevisti e forse impossibili da reprimere? A Belvedere, terra di pettegolezzi, tutti vogliono sapere…

Ecco un romanzo che è una via di mezzo tra un romance e un chik lit, anche se gli interpreti sono ormai trentenni. Elisa e Michael (che guarda caso di cognome fa D’Arcy) si ritrovano dopo molti anni nel podere in Toscana dove lei lavora, seguendo tutta la catena di produzione di vini. Peccato che il proprietario muoia, e il suo erede sia Charles, che ora vuole vendere tutto, consigliato dal suo amico e consulente Michael.
Il libro è ben articolato, tra passato e presente, con molte belle descrizioni del paesaggio toscano e del lavoro di lei. E della locale società dove le madri, per l’arrivo di Michael e Charles, si scatenano in una guerra all’ultimo sangue per sistemare le loro figlie zittelle.
Ma insieme all’ottimo vino, l’autrice ci offre una serie di titubanze, troppe davvero. Insomma, troppi “ma” e “se” prima dell’inevitabile (per fortuna) happy end.

Grazie a Roberta Ciuffi e Viviana Giorgi, di cui vi invitiamo a leggere i romance.

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