Sara non vuole esistere. Il suo dono è l’invisibilità, il talento di rubare i segreti delle persone. Capelli grigi, di una bellezza trattenuta solo dall’anonimato in cui si è chiusa, per amore ha lasciato tutto seguendo l’unico uomo capace di farla sentire viva. Ma non si è mai pentita di nulla e rivendica ogni scelta. Poliziotta in pensione, ha lavorato in un’unità legata ai Servizi, impegnata in intercettazioni non autorizzate. Il tempo le è scivolato tra le dita mentre ascoltava le storie degli altri. E adesso che Viola, la compagna del figlio morto, la sta per rendere nonna, il destino le presenta un nuovo caso.
Anche se è fuori dal giro, una vecchia collega che ben conosce la sua abilità nel leggere le labbra – fin quasi i pensieri – della gente, la spinge a indagare su un omicidio già risolto. Così Sara, che non si fida mai delle verità più ovvie, torna in azione, in compagnia di Davide Pardo, uno sbirro stropicciato che si ritrova accanto per caso, e con il contributo inatteso di Viola, e del suo occhio da fotografa a cui non sfugge nulla.

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Le indagini di Sara sono:
Sara al tramonto
Le parole di Sara

Nelle letture, mi capita di appassionarmi a certi autori e andare a caccia di qualunque cosa abbiano scritto, con l’avidità di un’ingorda. Poi, di colpo, mi raffreddo, mi blocco, come se andassi a sbattere contro un muro. La ripetizione di certi modelli, trovate, impostazioni o visioni comincia a infastidirmi fino a farmi smettere. So che molti lettori, al contrario, vanno in cerca proprio di quello, di quel ripetersi costante che garantisce che per quanto la storia possa variare non porterà a una delusione, perché in fondo sempre di un lavoro di XY si tratta e quindi manterrà gli stessi schemi e atmosfere. Io, invece, mi stanco. Tanto più se quella base riconoscibile era dall’origine un tratto che non apprezzavo. Per fare un esempio, mi piacevano tantissimo i romanzi di Elizabeth George sull’ispettore Linley, finché quel continuo pestare sul tema della colpa, del senso di colpa non mi ha… saturato.
Ma veniamo al consiglio/sconsiglio di oggi.
Provoca sempre un po’ d’inquietudine fare le pulci a un autore osannato, molto amato e che ha milioni di lettori. Che ti vuoi criticare?, si dirà. È come la zanzara che cerca di pungere l’elefante. Per non dire che a volte si rischia il linciaggio, come quando ‘osai’ dire che avevo trovato brutto (il termine pensato era: ripugnante) un protagonista di Mary Balogh e pertanto anche il romanzo. Mi venne risposto che la Balogh non si criticava. Ooookey…
Ma dato che (come si dice sempre) il lettore è re (o regina) ogni opinione ha la sua ragion d’essere.
Ho conosciuto Maurizio Di Giovanni su Audible, gli audiolibri. Ed è stata subito ubriacatura. Ho scovato tutto quello che c’era, ed è molto, devo dire. L’uomo è un fiume in piena, per quanto riguarda la scrittura. Ho ascoltato i due filoni principali, I BASTARDI DI PIZZOFALCONE e IL COMMISSARIO RICCIARDI. Anche apprezzandoli tantissimo, subito ho trovato quelli che consideravo dei birignao irritanti: quegli intermezzi che pure altri tanto apprezzavano, in cui descrivendo l’arrivo di una stagione, che fosse primavera, estate o Natale, c’era sempre abbinato un nonno che abusava della nipotina, un genitore che andava a sbattere con l’auto assieme ai figli per non restituirli alla moglie divorziata e via dicendo. Il mio commento in genere era: ‘Oddio, e dai!’ Non proprio argomentato ma molto sentito. Anche i continui flussi di coscienza mi stancavano, oltre a rallentare l’azione. Ho provato a parlarne in un gruppo su Facebook, ma la reazione è stata che De Giovanni è sempre De Giovanni, e poi lui non scrive polizieschi, gialli, thriller o come si vogliano chiamare (qui dovremmo farci un discorso e chiarire le terminologie), lui scrive ‘un’altra cosa’. Allora, può essere un’altra cosa come vi pare, ma le sue storie girano sempre su un crimine e il suo svelamento: perciò sono romanzi investigativi. Sono scritti bene? E allora? Un poliziesco non può essere scritto ‘troppo’ bene, o diventa qualcos’altro?
Comunque, ho continuato a leggere i suoi romanzi. Poi sono passata a un altro filone, cominciando da SARA AL TRAMONTO. Ed ecco il mio muro. Sara è notevolmente antipatica, ma non importa, non ne faccio un fatto personale. Se serve al romanzo, va bene. Ma qui i flussi di coscienza sono talmente invasivi da diventare insopportabili. Non so quante volte me ne sono uscita con un: ‘No, ma basta!’ quando il flusso di coscienza di Sara o di un personaggio (tra l’altro già morto all’inizio del romanzo) arrivava a interferire con lo scorrimento di un’azione. Il colmo l’ha raggiunto (e l’ho raggiunto anche io) nella scena madre: lei con la pistola spianata, il cattivo ad affrontarla con il coltello, un uomo a terra, pugnalato, sanguinante… Momento d’azione? No! Pure lì arriva la voce di ‘sto morto a dirle quanto lei sia eccezionale e quanto lui l’amasse e come lei non si debba sporcare…
Che vi devo dire? È stato troppo. Non seguirò questa serie, non ce la faccio. Supera i limiti della mia pazienza che, ve lo assicuro, sono molto estesi.
Consiglio? Sconsiglio? A me stessa lo sconsiglio. Ma se vi piacciono i flussi di coscienza e siete appassionate/i di De Giovanni…
Io per rifarmi la bocca mi sono riletta IL GRANDE SONNO, di Raymond Chandler. E poi ho ascoltato IL PORTO DELLE NEBBIE, di Simenon. Ho trovato più invecchiato quest’ultimo, che del resto è un romanzo del 1931. C’è un punto in cui Maigret non fa a tempo a mettersi il ‘solino’… Ho dovuto cercare sul dizionario per sapere cosa fosse.

Di Roberta Ciuffi vi presentiamo una quadrilogia Regency, pubblicata come Sarah Bean: GLI AMORI DEI BAWDEN.

AMORE, SCRIVIMI! È possibile che Emily si innamori di un uomo, solo perché è un marchese, scrive delle belle lettere e la sua miniatura mostra un viso attraente e penetranti occhi neri? E se lui non fosse chi dice di essere? E se lei non fosse chi dice di essere?

AMORE, BACIAMI! Tristan Bawden vivrebbe nella felice condizione di raffinato nullafacente, se il suo fratello maggiore non l’avesse destinato alla poco elegante carriera di ecclesiastico. La sua salvezza potrebbe essere un matrimonio d’interesse, ma dei riccioli rossi e delle graziose fossette rischiano di fargli riconsiderare quella seccante faccenda della carriera…

AMORE, SPOSAMI! Emmaline Woodward non ha ancora trovato chi faccia battere il suo cuore. Ma dove un gentiluomo non è riuscito, potrebbe farlo un rude vicecapo di scuderie… che forse non è chi dice di essere. E intanto Edmund Bawden, l’affascinante fratello di Lord Edgerton di cui ha tanto sentito parlare e che visita i suoi sogni, ancora non torna…

AMORE, PERDONAMI! Nella battaglia di Waterloo il Conte Alexander Dimitrov ha riportato importanti ferite… ma la più grave, quella nel cuore, potrebbe essergli stata inflitta da una donna. Dopo una delusione, Lady Beth Bawden ha deciso di non sposarsi più. Perché dunque non può togliersi dalla mente quel misterioso conte russo, e la sensazione di averlo già conosciuto?

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