Da qualche parte in questo blog, Macrina Mirti ha preparato un vademecum utile a chi voglia partecipare al torneo “IO SCRITTORE” messo in piedi dal gruppo Mauri-Spagnol (GEMS). L’ho letto, l’ho condiviso e apprezzato. Io ho concorso all’edizione appena conclusa e queste, a chi interessi, sono le mie noterelle di partecipazione. Del prima e del dopo…
1) Fine anno 2014. Sono davanti alla pagina del torneo e devo caricare l’incipit del mio romanzo. È la prima fase da superare e sono dilaniato dai dubbi. Il titolo, ad esempio, colpirà abbastanza? E con quale pseudonimo lo firmo, così come pretende il regolamento?
Un inizio buono, a effetto, son capaci quasi tutti a buttarlo giù, l’ho letto da qualche parte. Un esperto di scrittura creativa sostiene che l’abilità di un autore si mostrerebbe a pagina 99: un punto mediano del romanzo in cui, se non hai talento e mestiere, il tuo soufflé letterario si è afflosciato e il lettore ti ha già voltato le spalle. Devo essere in evidente stato confusionale, cosa cavolo me ne frega di pagina novantanove se devo semplicemente presentare un incipit?
2) Ma io che detesto concorsi e sfide, come sono arrivato fino a questo punto?
Tre anni fa mi decido a raccontare un pasticciaccio antico di cinque secoli che avevo rinvenuto in certe misconosciute carte d’archivio. Ne traggo un romanzo storico, che è anche un thriller. Parla di reliquie rubate, truffatori, morti ammazzati a Berna a inizio ‘500. All’agenzia letteraria a cui lo mando piace e mi ingaggiano subito. Due anni sotto contratto con questi di Firenze che, quando vado a trovarli, non smettono di autoelogiarsi per aver preso in scuderia il famoso giallista mio conterraneo ideatore del commissario che vede i morti parlare. Due anni di perdita di tempo e di frustrazione aggiunta, visto che la mia impegnatissima agente mi ignora totalmente sin dall’inizio, e nonostante le mie richieste, non mi degna di una chiamata o di un sms. Io dico, tu vieni ripetutamente nella mia città, dove hai altri autori tuoi; vai alle loro presentazioni, fai salotto, ceni con gli amici, fai shopping e prendi il sole, e posti tutte le foto su effebbì. Mi compiaccio per te, ma io dico: fra un appuntamento e un altro, te l’ho chiesto con garbo, fammi un fischio, ti raggiungo per strada, ti offro pure il caffè, una sfogliatella… Mi bastano dieci minuti, anche al volo. Almeno lo vuoi conoscere questo fesso che dovresti rappresentare?
Alla fine, senza aver saputo nulla, decido di sciogliere il contratto. Poco dopo, anche l’agente troppo impegnata e poco garbata si trasferisce in un’agenzia più prestigiosa.
3) Allora decido di mandare il testo a un mammasantissima che dirige collane e scrive anche romanzi storici: chi meglio di lui può farmi da editor? Glielo mando, concordiamo un prezzo che mi pare equo, rispetto al suo stimato talento. Da quel che ha visto, mi risponde, io non ho bisogno di un editor ma di un editore e mi dice che non è detto che grazie a lui io possa alla fine pubblicarlo. È franco, mi piace. Replico che non ho fatto questi calcoli “furbetti” e che ho bisogno di lui soltanto per capire le potenzialità del testo.
Ma Mercurio, dio greco della scrittura e dei commerci, deve transitare in opposizione sui cieli padani, perché il mio sussiegoso maestro cambia idea e preventivo nel giro di una settimana: la email seguente, infatti, mi sommerge di critiche, appuntando errori inesistenti nelle prime dieci pagine, col prezzo dell’editing lievitato di cinque volte.
Che cosa l’avrà incarognito così? E un mutuo da accendere per l’occasione (il romanzo è di 500 mila battute…) val bene la sua sapienza editoriale? Non lo saprò mai perché decido di rinunciare al suo aiuto professionale.
4) Novembre 2014. A questo punto, frustrato anzichennò, mi risolvo a inviare la mia creatura al torneo della GEMS. Di farlo leggere e giudicare da altri esordienti, secondo la formula assai democratica del torneo. Gli cambio il titolo: “La vergine di Berna” per me è bello, ma forse non colpisce; diventa Lo spacciatore di reliquie. Come pseudonimo scelgo Euplio Andrea, un nome bizzarro tratto da un film che amo, ispirato a un’opera del mio autore russo preferito, e che spero mi porti fortuna. [vedi qui https://www.youtube.com/watch?v=kqsHEZUANZw]
Ricontrollo l’incipit. Carico il file. Inspiro forte. Mi affido all’anima nobile di Nikolaj Vasil’evič e alla protezione celeste di Riccardo Cucciolla e Nino Manfredi. Invio.
5) Nel blog del concorso scopro che i romanzi iscritti quest’anno sono 3584. Mamma mia bella! E a passare saranno soltanto i primi 300, come a scuola. Sarà meritocratico? Meglio non pensarci, meglio occuparsi degli incipit che, a mia volta, mi hanno affidato per la valutazione, mentre attendo giudizi e voti della giuria popolare a cui sono capitato in sorte.
A metà 2015 arriva il responso. I voti attribuiti alle prime pagine del mio “spacciatore” sono decisamente schizofrenici (il range va dal 4 al 9) e i giudizi mi esaltano o mi stroncano. Salto i complimenti e passo all’agguerrito reparto demolizione”. Quando lo fanno, mi contestano tutto e il suo contrario: l’uso di parole antiche o l’uso di parole troppo moderne; l’impiego eccessivo degli aggettivi e la scarsa aggettivazione; la superficialità della ricostruzione storica e la minuziosità dell’affresco storico…
Ora, bello o brutto che sia, il mio romanzo parte da un pasticciaccio vero tramandato da cronache inedite, e io ho penato tre mesi in ricerche di archivio, eppure trovo chi lo accusa di essere “storicamente inverosimile”, pur ammettendo subito dopo di non saper nulla né del periodo né del luogo in cui si svolge! Una bocciatura fatta a naso, sulla sfiducia e sul pregiudizio.
E visto che si tratta di romanzo storico e ci sono implicati dei monaci, cinque lettori mi accusano di scimmiottare Eco e “Il nome della rosa”, che con il mio spacciatore – già vergine – non c’entra un bel nulla. Comunque, quattro insufficienze su undici mi respingono e dico addio ai sogni di gloria, ma…
6) Per mia meraviglia accade tuttavia che, pochi giorni dopo, una email mi comunica d’esser stato ripescato. Qualcuno avrà dato forfait, qualche altro avrà pensato che il premio finale (pubblicazione per i dieci finalisti in ebook, uno soltanto in cartaceo) non valga tutto questo stress, chi lo sa. Fatto sta che, bene o male, sono dentro alla seconda fase. Eran trecento, eran giovani e forti… con quel che ne segue. E io, napoletano come Carlo Pisacane, e anche un po’ illuso come quel rivoluzionario sfortunato, vado avanti. Adesso si fa sul serio e bisogna caricare il testo per intero sul sito del torneo. Ma prima presto attenzione agli ossimorici giudizi che mi stroncarono e qualcosa la modifico, tranne l’esclamazione cànchero!, a detta del mio anonimo censore “troppo scurrile e attuale per l’epoca dello svolgimento del romanzo”.
Un deficiente (per dirla alla latina), visto che la parola era già in uso nel Trecento, come ti direbbe qualunque dizionario etimologico. Ma forse ha ragione Macrina, quando suggerisce: “Non prendetevela se alcuni giudizi sono cattivi o immotivati. Ci sono parecchi che usano il torneo per sfogare le proprie frustazioni”.
7) Un sabato di fine ottobre 2015. A Milano, durante una manifestazione libraria, vien data comunicazione dei dieci vincitori. In questi mesi il blog del torneo ha accolto dubbi e polemiche, speranze e chiacchiere varie. I partecipanti trattano dei testi che sono piaciuti di più, senza infrangere la regola della segretezza, accennando qualcosa in modo assai vago. Da quel che capisco, il genere storico è quello che attira meno; la narrativa generale, i romanzi di sentimenti, le storie di oggi fanno la parte del leone nei gusti del pubblico. E io tremo ripensando alle sorti della mia vergine tramutatasi in spacciatore, che racconta di miracoli posticci, di epiche sfide mercantil-teologiche sul dogma dell’Immacolata Concezione, di alterchi in piazza tra domenicani e clarisse e di cadaveri infilati a testa in giù nella fontana dell’orco, di fantasmi veri e visioni fasulle, di ebrei sapienti e arroganti signorotti, di indulgenze e amori e vendette…
Agitato quanto basta, davanti al video controllo gli aggiornamenti online che, minuto per minuto, provengono dalla sala della cerimonia. Ecco, giungono i risultati, proclamano i vincitori, adesso ne pubblicano l’elenco. In rigoroso ordine alfabetico. È c’è anche il mio, il penultimo della lista. La vergine, pardòn, lo spacciatore troverà dunque il suo spazio editoriale, seppure in digitale. Evvai!
Allora forse non era tanto male, nevvero signorina agente bellicosa? Nevvero, signor editor potente e temuto? Alla fine, fortunosamente ripescato nella prima fase, ho ottenuto di venir pubblicato in ebook dal gruppo Mauri-Spagnol. Questo mio “spacciatore di reliquie” dovrebbe sortire nell’anno nuovo (il condizionale, in editoria è prudenziale abitudine…).
Cànchero!
OoO
Scrittore e giornalista, Carlo Animato ha rallegrato un Workshop di Ewwa nelle vesti di “correttore di bozze”. Dall’esperienza è nato un articolo, “A noi ci ha rovinato l’appello”, pubblicato a dicembre.
Caro compagno di viaggio, ti faccio i miei complimenti per l’ingresso nei dieci. Io, quest’anno, ho intenzione di riprovarci. Ho uno storico serio, che non so proprio dove piazzare.
grazie, macrina. ho molto apprezzato il tuo decoubertiniano vademecum…
Questa cronaca di un’esperienza che, per certi versi, è come tante, rende l’idea in modo esaustivo sulle fronde che andrebbero tagliate dall’albero culturale italiano: cioè, quei tutti che sono più bravi di tutti e, se non è così, ‘dàgli al parvenu’ (come se un bel romanzo avesse bisogno di un marchio IGP per essere tale). fuori dai circoli chiusi, dai ‘salotti’ di amici, si conta meno, ma tant’è. Se poi arriva il Carlo animato di turno a sbugiardare (senza traccia di vittimismo, con stile) l’agente boriosa, o l’editor che si crede Gesù, allora cala un altro velo di silenzio. Grazie di questo resoconto.