Con lo pseudonimo “Miss Black” Amanda Blake scrive principalmente novelle erotiche, che spaziano dal romance al crime, dalla fantascienza al fantasy. Ha pubblicato più di cento tra romanzi e novelle brevi, vendendo circa 200.000 copie in Italia.
Bene arrivata. Due righe per presentarti?
Ormai sono dieci anni che ho iniziato a pubblicare in self i miei raccontini. Pensavo che non sarebbe interessato a nessuno, invece ho trovato un buon numero di lettrici! Ho iniziato con un certo numero di storie nel cassetto che non avevo mai avuto il coraggio di proporre a un editore. E infatti il coraggio non ce l’ho nemmeno adesso. Preferisco il rapporto diretto con le lettrici (e i lettori, non dimentichiamo che esistono anche loro!), senza intermediari.
Che genere scrivi? Oppure, svolazzi di genere in genere come una leggiadra farfalla?
Ho iniziato con l’erotico, e resta senza dubbio il mio genere preferito, ma col tempo ho ampliato il campo a romance un po’ di tutti i tipi, quasi sempre con un’importante componente ironica. Che dire? Mi piace molto e spero di poter continuare a lungo!
Come scrivi? Penna e quaderno? Oppure, tecnologia a tutto spiano?
No, al computer. A volte prendo a mano qualche appunto, oppure può succedere che io stenda a mano la scaletta, ma quando poi si tratta di iniziare siamo io e la mia tastiera.
Quando scrivi? Allodola, o gufo?
Un po’ quando capita. La sera mi sembra di essere più creativa, ma forse è solo un’impressione…
Coinvolta sempre in quello che scrivi, oppure distaccata?
Coinvoltissima. Faccio molto lavoro di ricerca, in modo da avere un universo narrativo in mente in cui far muovere i miei personaggi in modo naturale. Poi volte questo lavoro di documentazione non si vede nemmeno, ma l’importante è che tutto sia in ordine nella mia testa!
Scaletta ferrea, o sturm und drang?
Dipende. Spesso mi viene in mente un incipit e lo butto giù, poi però è difficile che io continui fino alla fine così, senza nemmeno una traccia scritta da qualche parte.
Metodica nella scrittura, oppure “quando-posso-non-so-se-posso”?
Di scrivere ho proprio bisogno. Quando non lo faccio per un po’ sento la mancanza di quel momento di auto-espressione e creatività. So che è un concetto molto abusato, ma davvero scrivo prima per me e poi per gli altri. Scrivo le storie che vorrei leggere.
Leggi molto? A noi piacciono i topi di biblioteca.
Leggo molto. Penso che sia impossibile non essere forti lettrici, se si scrive anche. Spesso traggo ispirazione dai libri che leggo, mi fanno venire in mente idee e abbozzi di trama, di solito del tutto scollegate dal romanzo in questione. Come se leggendo Orgoglio e pregiudizio ti venisse in mente una storia con al centro una proprietà immobiliare e la lotta per aggiudicarsela da parte di diverse agenzie. Sono sempre idee laterali, ma molto preziose!
I concorsi: nota dolente. Sì, o no?
Mai provato. Non mi ispirano e credo che mi stresserei troppo!
Progetti per il futuro?
Ho appena finito di scrivere il quinto capitolo di Unfit, una serie ambientata in epoca vittoriana con protagonisti di volta in volta diversi, ma appartenenti alla stessa cerchia. E i protagonisti e le protagoniste hanno sempre qualcosa “fuori posto”: una situazione sociale improbabile, un carattere difficile, un’educazione troppo libera o un passato che li/le rende inadatt* al periodo in cui vivono. Se leggi Vita Sackville-West, che è posteriore ma non di molto, ti rendi conto di come in realtà le persone eccentriche, diverse dalla media o anche omosessuali non fossero rarità, anche se la storia ha poi preferito dimenticarle.
Ed eccolo qui il quinto capitolo della Serie Unfit: Brian, un dandy in ritirata. Prossimamente (speriamo alla svelta!) disponibile.
«Vi siete riavvicinati?»
«No. Ma siamo d’accordo nel produrre un erede.»
«Che cosa potrebbe mai andare storto.»
È il 1899, Brian ha trent’anni e gli sembra di aver già vissuto tre vite, in nessuna delle quali se l’è cavata molto bene. Nella prima ha gozzovigliato in tutte le bettole di Londra – e anche in diversi esclusivi club di St. James – e ha ucciso per sbaglio un uomo durante un litigio. Nella seconda, la sua amante e la figlia frutto della loro unione sono morte di febbre. Nella terza ha viaggiato per tutto l’Oriente, senza riuscire a rimettere insieme i pezzi della sua vita.
È sicuro di essere maledetto da Dio, ma anche i dannati, prima o poi, devono rispondere alle consuetudini e ora che è tornato a Londra c’è un dovere a cui non può più sottrarsi: produrre un erede per la casata dei Northdall. L’unico problema è che sua moglie Emily non sembra molto ansiosa di partecipare all’impresa. Sarà forse perché Brian dopo il matrimonio l’ha a stento considerata? O perché l’ha abbandonata per dieci anni? Cornificata in lungo e in largo? Ha avuto un’intera famiglia illegittima mentre lei lo aspettava a casa? L’elenco dei suoi peccati è parecchio lungo, ma un erede va messo in cantiere. Sta a Brian capire come convincere sua moglie. A costo di piegarsi a ogni idea balzana, consiglio medico stravagante e alle predizioni della cartomante di Emily.
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