Quando Libero Russo, ex investigatore privato ormai in pensione, sente squillare il telefono di casa a Bologna, intuisce che la tanto attesa tranquillità sta per finire. I suoi due pronipoti, Nabucco ed Emma, lo supplicano di tornare ad Acireale per aiutarli a recuperare la Venere dell’Etna, un’antica statua trafugata da un’area archeologica della zona. Nonostante manchi da parecchio tempo, l’accoglienza per il ritorno in “patria” non sarà delle migliori. Tra personaggi ambigui e razzisti, zuffe, depistaggi e scontri aperti con la locale cosca dei Trunzi, Libero si ritroverà in una vicenda ingarbugliata dalle svolte totalmente inaspettate. A coadiuvarlo nella ricerca della verità, oltre ai due pronipoti, sarà una squadra sui generis, quasi un’Armata Brancaleone siciliana: Biagio Mamma Mia, uomo sbeffeggiato da tutti e con la grande passione per gli Abba; Maria, una vedova dall’eloquio forbito capace di fargli perdere la testa; Paolo, squattrinato rider che si arrabatta tra un lavoretto e l’altro, e Nina, giovane di origine nomade ed esperta di antichità. Riuscirà l’ex investigatore a recuperare la misteriosa statua scomparsa o sarà anche lui travolto dalla dilagante onda nera?
Titolo: L’onda nera – Un caso siciliano per Libero Russo.
Autore: Davide Pappalardo.
Genere: Giallo.
Editore: Pendragon.
Prezzo: euro 16,15 (copertina flessibile).
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Libero Russo, investigatore in pensione, accetta di ritornare in Sicilia, ad Acireale, per indagare sulla scomparsa di un’antica statua chiamata La vergine dell’Etna.
Il furto è avvenuto sotto gli occhi del pronipote Nabucco, quasi ipnotizzato da una luce blu proveniente dall’elicottero che ha prelevato il reperto, il quale insieme con la sorella Emma lo prega di lasciare Bologna, città in cui vive da anni, per aiutarlo a capire chi possa aver compiuto tale “sacrilegio”.
Libero, settantasettenne con qualche piccolo problema di salute come cirrosi, gambe come prosciutti, alterazione della coagulazione del sangue, occhi gialli, pancia gonfia di liquidi, accetta se pur malvolentieri, soprattutto perché sa di non aver più conoscenze nel suo paese d’origine, gestito da una malavita quasi da farsa, che minaccia e non vede di buon occhio chi non è del luogo e chi non si allinea al pensiero comune.
In particolare sembra che ogni cosa che non va come dovrebbe, sia da imputare ai “niuri” contro cui ogni tanto c’è qualche manifestazione di piazza.
Mentre risiede dai nipoti che non ama e non stima, Libero inizia a cercare qualche indizio, anche se tutti quelli che avvicina o non sanno nulla o non vogliono compromettersi con i capi del paese.
La serie di persone che riesce a conoscere è talmente varia che solo un tipo particolare come lui, con mente aperta pur non più giovane, riesce a gestire senza impazzire, anzi godendosi questi ultimi sussulti di finta gioventù.
Riesce persino a intrecciare un flirt con la vicina di casa, la ex preside signora Maria che parla con un linguaggio d’altri tempi, coronato da una notte d’amore: “Col nostro metodo sia chiaro. Insomma, dormicchiando e stando mano nella mano accucciati nel letto.”
Per non spoilerare troppo, vi lascio solo un paio delle “avventure” di Libero Russo, vissute durante l’indagine: accetta l’amicizia/adorazione di Biagio “Mamma mia” che ascolta in continuazione canzoni degli Abba, tanto che lui dopo un po’ inizia ad odiarli; riesce a sottrarsi a fatica ai tentativi di seduzione dell’informatrice Teresa, ex donna di un boss, devotissima a San Sebastiano ma che odia il Papa ritenendolo “troppo comunista”.
Pur sembrando un po’ fuori di testa e sopravvivendo a qualche svenimento di troppo, il nostro riesce a venire a capo del trafugamento della statua.
Il romanzo è a tratti spassoso e, pur avendo come filo conduttore la ricerca della Vergine dell’Etna, spesso si trasforma in farsa.
Mi sono piaciuti i vari richiami a canzoni, film, personaggi che arricchiscono la vicenda, così come ho trovato interessante l’ambientazione, quasi un ripercorrere per l’ultima volta da parte di Libero la propria vita siciliana.
Il racconto in prima persona accentua ancora maggiormente questo ritorno alle origini, di cui forse Libero aveva bisogno perché, per arrivare alla fine, doveva ritrovare il suo inizio e capire che “L’onda nera” non è solo quella che i razzisti perseguitano, ma riguarda ognuno di noi.
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