Kwon Yoo nella vita normale è un nullafacente, ma in quella virtuale, dove trascorre infinite ore giocando online, è un leader. Quando verrà arrestato ingiustamente per omicidio, saranno i suoi amici conosciuti in rete, un gruppo chiamato Resurrection, a cercare di scagionarlo. Una volta fuori, il vero colpevole non darà loro scampo.

Fabricated City.
Corea del Sud.
2017.
Regia
Kwang-Hyun Park
Interpreti
Ji Chang-Wook, Shim Eun-kyung, Jae-hong Ahn, Lee Do-guk, Lee Hanee, Woo Hyeon, Oh Jeong-Se, Ho-jung Kim, Seul-gi Kim, Kim Min-kyo, Kim Sang-Ho

L’altra sera ho visto un film che non saprei ben definire. Forse, FIGHISSIMO potrebbe sintetizzare in una sola parola il casino che la visione di questo lungometraggio scatena nella testa mentre si cerca di capire a cosa si stia assistendo.
Il film inizia nello stile di un war movie, con una squadra di militari che conduce un assalto armato, gettandosi da aerei che esplodono e consumando interi caricatori mentre sparano a qualsiasi cosa si muova nei dintorni. Poi diventa un videogioco, ma neanche il tempo di capirlo, che il thriller ruba la scena, creando una situazione ambigua che sfocia in un delitto efferato con colpevole presunto intrappolato senza vie d’uscita.

La madre dell’indiziato si rivolge a uno scalcagnato avvocato d’ufficio, che richiama alla mente le atmosfere di Presunto innocente di diversi anni fa. Potrebbe essere un buon legal thriller, pensi, ma in un battito di ciglia ti ritrovi sbattuto in un orrore carcerario stile Fuga di mezzanotte.
Cavolo, c’è una buona mezz’ora in cui ti si intorcinano le budella e vorresti spaccare la faccia a un po’ di brutti ceffi e difendere il protagonista, che continua a proclamarsi innocente (e a restare bellissimo, nonostante le botte e il cibo schifoso che gli propinano in galera). Tra agenti carcerari che si voltano dall’altra parte e assass1ni dalla fama oscura da cui tutti si tengono lontani, pensi che per lui non ci possa essere scampo, lì dentro. E invece, all’improvviso, sei in The Rock e il protagonista smette di essere un timido nerd appassionato di videogiochi e si trasforma in una specie di supereroe. Un tempo campione di tae kwon do, se ne ricorda tutto d’un tratto: si “scafa” e diventa tipo Jackie Chan.

L’evasione rocambolesca ci precipita in Ocean’s eleven, dove i compagni di gioco del protagonista, un gruppo di elementi eterogenei e sconclusionati, si uniscono per la causa comune: scagionare il leader della loro squadra da ogni accusa. In pieno stile The Italian job, mettono in campo geniali espedienti e scoprono un complotto dietro una serie di 0micidi, senza apparenti falle che consentano di smascherare il vero colpevole.

E qui, mentre il cervello tenta di processare gli eventi e prova a chiedersi cosa potrebbe ancora accadere, eccoci nel pieno di Fast & furious, tra catorci improbabili trasformati in vetture supertecnologiche in grado di resistere a qualsiasi cosa.
Il tutto, mentre Ji Chang Wook si ricorda che tre anni prima (il film è del 2017) si era divertito un casino a interpretare Healer, e quindi prova a farlo ricordare anche a noi autocitandosi in più momenti. Con l’occasione, il regista mette dentro anche un po’ di The K2, allestendo un bunker segreto e superdigitalizzato come base operativa del villain, e qualche godibilissima seppur breve scena di arti marziali.
Il mal di testa, a questo punto, è atomico. Ti guardi attorno, cercando di orientarti nella marea di citazioni, ma l’adrenalina è a mille, vuoi sapere come andrà a finire e gongoli a ogni plot twist disseminato sulla via che conduce all’epilogo.
Incasinata (ma di base buona) la trama, belle le scene d’azione, interessanti alcuni personaggi, che però rimangono compressi nel limite temporale imposto dal lungometraggio: il mentore nel carcere, la mamma coraggio, il poliziotto “buono”, quello “cattivo”, la ragazza hacker sociopatica ma geniale, i compagni di gioco. Ho buone speranze, però, che la serie prevista in uscita nel 2025 (fonte Daum/My Drama List) possa dare spazio nelle dieci puntate previste a tutto ciò che nel film rimane irrisolto o trattato in maniera frettolosa.
Come in ogni cosa che fa, però, che si tratti di film, serie tv, pubblicità, video musicale, shooting fotografico o spettacolo teatrale, il valore aggiunto di questo film (e il vero motivo per cui vederlo) è LUI, Ji Chang Wook. Un attore dal talento straordinario, che artisticamente è cresciuto nel corso degli anni in modo incalcolabile. La scena del primo pasto “vero” dopo la detenzione vale da sola tutto il film.
Se avete voglia di farvi travolgere da un tripudio di generi, citazioni, eventi, colpi di scena, fughe e inseguimenti, regalatevi queste due ore di adrenalina pura. In attesa della serie.

“Madre dei Gatti”, narratrice di mondi, scrivo fantasy e fantascienza. Sono iscritta alla World SF Italia, ho vinto le prime due edizioni del premio intitolato a Gianfranco Viviani (sezione fantasy). Ho scritto molti racconti, uno dei quali intitolato “Mi prenderò ogni cosa” (Futuro Criminale, La Ponga, 2019) è stato selezionato per la raccolta “Mondi Paralleli – Il meglio della fantascienza italiana indipendente 2019” (Delos Digital, 2020). Ho partecipato alle iniziative benefiche “Fantàsià” (2020, a sostegno di ASROO) e “Mari Aperti” (2020, in favore di Open Arms). Con l’antologia “Lei. Storie di donne da tutti i mondi possibili” (Altrimedia, 2018) sostengo la Susan G. Komen Italia (prevenzione dei tumori al seno). Il mio ultimo romanzo, “La canzone del drago” (2020), è edito dai tipi di DZ Edizioni. Potete comprarlo QUI.

Un’antica leggenda racconta la storia dell’ultimo drago a cui fu strappato il cuore per farne una spada. Secondo la profezia, chi riuscirà a riunire i tre elementi che compongono l’arma, la lama, il fodero e il rubino incastonato nell’elsa, diventerà invincibile. Oppure verrà trascinato nella follia. Il drago inizia a mostrarsi in sogno a molti, reclamando la sua libertà e risvegliando istinti di potere o di giustizia in chiunque senta il suo richiamo. Tutti coloro che la cercano rincorrono un sogno. Ma la Spada della leggenda potrebbe non essere affatto quello che si aspettano. “La creatura non era buona né malvagia. Semplicemente, era un drago. E voleva essere libero.”