Giusy Giulianini ha letto “Buonasera (signorina)”, di Davide Pappalardo e non vede l’ora di dirvi quello che pensa di questo romanzo.

Nel bel romanzo di Davide Pappalardo la morte colpisce davvero a tempo di swing. È quello di Fred Buscaglione e del suo piglio spregiudicato e beffardo, che fanno capolino dal titolo e da molte pagine, ad accompagnare la cronaca di un semestre di sangue a Milano, dagli ultimi giorni del 1970 al giugno del ’71.

È il momento in cui la criminalità cittadina cambia volto, dal sottobosco di piccoli delinquenti disorganizzati della ligèra – papponi, ladri d’appartamento, ricettatori, strozzini, allibratori, contrabbandieri – alla malavita inquadrata in rete, che fonda il suo impero sullo smercio di droga e sullo sfruttamento della prostituzione. E dalla Francia, da Marsiglia soprattutto, i criminali calano su Milano, una città che inizia a correre verso lo sviluppo e che si adatta alle nuove forme della metropoli, e lì importano un modello di gangsterismo a bande, tipico degli Stati Uniti di qualche decennio prima.

La vicenda portante del romanzo parte proprio da qui, dall’omicidio di un gangster, Giuseppe Molinari, legato a un altro gangster, Jo Le Maire, delinquente della vecchia scuola che nasconde dietro un commercio legale di alcolici i suoi loschi traffici di droga e prostitute, sullo sfondo dei più frequentati locali notturni della città.

Davide Pappalardo

A finirci di mezzo è Libero Russo, uno sbirro ripudiato che sbarca a fatica il lunario improvvisandosi investigatore privato al soldo di poveracci come lui e che, per difendersi, è costretto a indagare su una trama che si fa di pagina in pagina più cruenta. Al suo fianco Mario Marella, detto ‘Marione’, l’ex-compagno di polizia, un energumeno dai modi violenti e dagli appetiti voraci, che un po’ sfrutta l’acume di Russo, sopravvissuto a dispetto della vita grama, un po’ gli offre il destro di riscattarsi agli occhi dei colleghi.

I due si muovono a ritmo forsennato, mole di Marione permettendo, sullo sfondo di una Milano ancora in bilico tra dopoguerra e modernità, schivando pallottole e cazzotti, tra gangster che spuntano a ogni angolo e insidie che vengono da nemici e da amici, fino a un finale esplosivo e convincente che punisce i colpevoli ma non aggiusta la vita.

Anche se non amo le etichette di genere, Buonasera (Signorina) è di certo degno dei migliori testi della ‘scuola dei duri’, nata negli Stati Uniti sul finire degli anni ’20 come costola del romanzo poliziesco ed elevata a letteratura da Dashiell Hammett, Raymond Chandler, James Elroy.

Gli ingredienti ci sono tutti: un investigatore privato disilluso e tormentato, divenuto tale per essersi cacciato nei guai come poliziotto; una violenza che si abbatte senza distinzione su buoni e cattivi; tante armi, fedeli compagne di vita; alcol che scorre a fiumi, nei locali notturni e nelle vene dei protagonisti; sesso fine a se stesso e panacea per l’amarezza.

Eppure il romanzo di Pappalardo reinventa gli stereotipi di genere. Ecco quindi che il protagonista si nutre di un tormento antico, analizzato e scandagliato con maturità psicoanalitica; la violenza è, sì, senza esclusione di colpi, ma vissuta spesso come auto condanna; la propria arma, la ‘berta’, ispira tenerezza tanto appare “dolce, sincera e sicura”; l’alcol, scadente o di qualità, è lo strumento per esorcizzare un presente punito dai propri errori; il sesso non allevia, neppure per un istante, il rimpianto per un amore che faceva stare bene.

Anche Milano non è solo Milano, la città che in quei lontani albori di anni ’70 si avviava a diventare capitale finanziaria e metropoli oscurata da mafia e criminalità. A tratti, è ancora quella dei ‘trani’, delle ballate di Gaber e Jannacci, dei profumi sapidi delle sue case di ringhiera. È anche un luogo acceso dai colori vividi di un’insularità che il protagonista non dimentica e, alla maniera di Proust, sostiene con il ricordo del profumo delle melanzane fritte e dei giardini di limone.

Lo stile è sì incalzante e aspro come si conviene alla durezza della storia, ma si apre a un’autoironia che non risparmia nulla e nessuno e alleggerisce pagine di oscuro dolore. Uno stile consapevole che non dimentica dotte citazioni e semina lievi ricordi di Verlaine, Tennessee Williams, Stephen King e, persino, Agatha Christie, senza dimenticare Toulouse Lautrec e Picasso, e vibrando di volta in volta delle note languide di Louis Armstrong, oppure dell’heavy metal pionieristico dei Deep Purple, o magari del soul arrochito e dolente di Janis Joplin.

Un romanzo da non perdere, ma non da leggere con superficialità. Il racconto vivido e appassionato di una Milano in trasformazione “dai Navigli al Vieux Port”, il ritratto di un’umanità gravida di dolore, di un cuore di protagonista in cui svolazzano petali neri che sono ormai cenere.

Milano. La notte del 23 dicembre 1970, il gangster Jo Le Maire, rientrando a casa dopo una serata trascorsa in giro tra i locali notturni, trova il suo braccio destro in una pozza di sangue, trafitto da ventisette coltellate. Libero Russo, uno scalcagnato investigatore privato ex poliziotto, che vive nella sua bicocca nel quartiere Isola in compagnia solo del suo gatto, della malinconia e delle canzoni di Fred Buscaglione, viene accusato del delitto. I suoi ex superiori, a causa di un episodio poco chiaro avvenuto l’anno prima, vogliono la sua testa e non vedono l’ora di sbatterlo in cella per l’omicidio. Braccato da quelli che fino a poco tempo prima erano suoi colleghi e aiutato solo da un suo vecchio compagno di squadra e da un’amica prostituta, Russo si ritrova in mezzo a complicate indagini, che lo porteranno a immergersi nella melma del mondo della droga, dei night milanesi e della follia.

Titolo: Buonasera (signorina).
Autore: Davide Pappalardo.
Genere: Romanzo giallo.
Editore: Eclissi, Collana “I dingo”.
Prezzo: euro 12,20 (copertina flessibile).