Non so se lo sapete, ma qua a Roma di solito la carne o si fa al sugo o si fa al forno. Perlomeno nelle famiglie di una volta.
Ma variare è il profumo della vita, Gianni (cit.), quindi l’altra sera mi sono data da fare.

Non ho la griglia e non sono americana (anche se ho gli zii in Canada, che non è America, ma quando sono stata da loro sono arrivata al confine e ho pure mangiato i classici marshmellows cotti durante il falò (tipo cartone animato), ballato a suon di musica country in un pub e mangiato una canna da zucchero alle undici di sera che parevano le quattro del pomeriggio), ma sono andata sui siti americani e ho cercato come si fanno ‘ste costine TexMex.
Il segreto sta nella marinata.

Prepariamo in una ciotola capiente una bella manciata di rosmarino sminuzzato, uno spicchio d’aglio tritato, una cipolla bianca tritata, un pezzo di zenzero tagliuzzato (se avete quello in polvere, calcolate un cucchiaino), un cucchiaino e mezzo di sale, un cucchiaio di zucchero di canna (io ne ho usati due di miele di castagno, però), due cucchiai di olio di semi, uno di paprika dolce. Se le volete piccanti, sminuzzate un peperoncino.

Immergete nella ciotola le costine e massaggiatele con cura, facendo andare la marinatura OVUNQUE. Lasciate a temperatura ambiente per almeno due ore, oppure dodici ore in frigo (meglio, così sono ancora più gustose).

La ricetta vuole che facciate cuocere le costine avvolte nella carta argentata per due ore al forno a 160 gradi, in modo che la carne mantenga i suoi succhi, ma io ho avvolto tutto nella carta forno perché sono paranoica.
Passate le due ore, ho liberato le costine dalla loro gabbia, ho alzato il calore al massimo e azionato il grill per cinque minuti abbondanti. A questo punto, ho estratto la teglia fumante dal forno, ho cosparso le nostre piccole “cioie della vitah” di salsa barbeque (non esagerate, altrimenti addio sapore della marinatura!) e poi…
Strabuone!

Mentre digerite le costine di ispirazione Tex Mex, niente di meglio che sfogliare il catalogo dei romanzi di Federica D’Ascani, dando un’occhiata QUI.