L’argomento per un mercoledì è stato proposto da Emanuela Locori: Al lettore che apprezza i “gialli” quanto può interessare un risvolto sentimentale/romantico dei protagonisti?
Le risposte sono state numerose. Ve le riportiamo.

Rebecca Quasi: Io leggo gialli, ma amo il rosa per cui non credo di essere adatta a rispondere a questa domanda in quanto un risvolto rosa in una trama gialla per me è grasso che cola.
In generale mi sento di dire che la cosa migliore è scrivere ciò che alla storia serve per funzionare bene: se serve un innamoramento, mettiamocelo, se non serve, faremo senza.
Insomma, come dissero i dottori che visitarono Pinocchio, “Se il paziente è vivo è segno che non è morto”.
Come gialli-rosa io adoro quelli di Alice Basso, la serie che ha come protagonista Anita Bo.

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Anna Lety: Certe volte le distinzioni dei generi mi fanno sorridere. Se c’è un morto, è un giallo. Se c’è l’amore è un romance. Come se nella vita vera non ci fossero di queste commistioni. Forse una storia d’amore distoglie dalla suspence? Jeffery Deaver che scrive dell’amore tra Lincoln e Amelia è uno scrittore thriller, mentre Nora Roberts è giallorosa. Lol.
Alice Basso tempo fa ha scritto un articolo a proposito delle scene d’amore nei suoi romanzi gialli e confessa che questa sua passione all’inizio la imbarazzava (vado a memoria).
A me piacciono i gialli e mi piacciono i romance, e adoro la commistione tra i due generi, in tutte le sfumature (il nostro libro del mese, Una notte morta e tempestosa, è proprio così, più il fantasy).
Mi sembra che queste distinzioni nascano dal vecchio stereotipo “cose da maschi/cose da femmine”, come se un uomo non potesse leggere di storie d’amore. Ringrazio il cielo di non avere questi problemi, perché in quanto donna posso leggere di tutto senza patemi.

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Katjia Mirri (Katy Blacksmith): Leggo un po’ di tutto, se lo stile mi convince e avvince, per cui mi sono letta anche diversi libri con la mitica Kay Scarpetta, il medico legale di Patricia Cornwell.
Se ricordo bene c’erano anche le vicende personali sue, più o meno romantiche, ma un po’ in quel caso ho trovato che abbassavano il mio interesse. Molto era dovuto al fatto che per i miei personali standard Kay Scarpetta si piangeva un po’ troppo addosso e si svalutava a mille, cosa che sopporto poco.
Invece le indagini dei quattro della libreria Nevermore (sempre della splendida Steffanie Holmes) sono state ben alternate con il romance, e ho gradito il mix.
Insomma: per come funziono, io se lo stile di chi scrive mi piace, mi può proporre *qualunque cosa* e io do fiducia e leggo. Per me il vero viaggio è proprio l’occhio dell’autore, non il genere in sé.

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Fernanda Romani: Non sono una gran lettrice di gialli, ma una sfumatura romance non mi dispiace in nessun tipo di storia purché sia in equilibrio con gli altri elementi della trama. Non vedo motivo di escludere un particolare tipo di sentimento che, comunque, fa parte dei comportamenti umani. Qualcuno si è mai preoccupato di escludere da un romanzo l’amicizia oppure i rapporti di parentela?
Perché soltanto il romance viene visto come un problema?

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Juls SK Vernet: Contaminazioni? Le amo! Non ce ne sono abbastanza! Voglio i gialli romance ambientati nello spazio, i gialli fantasy con i draghi e perché no, i polizieschi horror lovecraftiani con l’enemies to lovers (questo lo sto scrivendo io, ciao).
Il romance puro è bello, ma quanto è divertente quando i personaggi devono sudarsi cinque minuti di pausa dalle indagini per ehm saltarsi addosso?

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Emma Brossari: I sentimenti dominano l’essere umano, vuoi per la loro presenza, vuoi per la loro mancanza e un thriller non può essere solo omicidi e indagini perché i personaggi hanno sicuramente sentimenti e una vita privata. Un (bell) esempio tra tutti? Cormoran Strike.
Il thriller predomina, ma la storia d’amore (e che fatica!) c’è ed ha il giusto spazio, oltre al fatto che serve per dare credibilità ai personaggi ma non rovina la trama investigativa.
Certo, saper scrivere come la Rowling non è da tutti.

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Maria Masella: Mi piacciono i gialli-noir-thriller con trama solida: nel giallo chiedo indizi, nel noir analisi dei moventi, nel thriller tensione (in realtà la distinzione non è così rigida, in ogni sottogenere devono comparire anche le peculiarità degli altri due).
Ma anche i gialli-noir-thriller sono romanzi e quindi desidero personaggi tridimensionali, umani, interessanti. Come fare? Mi pongo una domanda: un investigatore usa molto la testa (anche i piedi e la pazienza), quindi con cosa bilanciare? Con un po’ di sentimento mettendogli accanto persone con cui ha rapporti affettivi, non solo amore ma amicizia.
Esempio: Mariani ha moglie, madre e figlie. Con loro parla del proprio lavoro perché fa parte della sua vita. Alle prime due chiede anche consiglio perché le ritiene intelligenti e sensibili.
Con Torrazzi che è un collega parla della sua vita famigliare e di problemi di salute.
La Petri e il pm? Dovevo rendere lei più dinamica, darle vita interiore, contrasti. L’alternativa era ucciderla, ma mi dispiaceva.
Esempio 2: Il gelido Ardini ha un forte sentimento paterno verso Paola.
Cosa non mi piace nei crime: il pizzico romance per ammorbidire. Esempio: la storia amorosa fra due personaggi non fissi.
Comunque, dubito che esista una regola fissa: una percentuale “giusta” da dedicare ai sentimenti, ritengo che sia più importante come si lega alla storia.
Mi ha sempre fatto ridere il vincolo che un attore o una attrice per essere considerato protagonista in un film debba comparire almeno in un certo numero di scene. Ecco, mi sembra che decidere a priori quanto sentimento si può mettere in un crime e non come sia un discorso simile.
Chi ha la mia età ricorderà un bellissimo film del 1977, GIULIA. diretto da Zinnermann. A Vanessa Redgrave, vera protagonista del film, venne conferito l’Oscar come attrice non protagonista perché (forse con la scusa?) che non compariva in un numero sufficiente di scene.

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CAP RM (Roberta Martinetti): Mi piacciono le contaminazioni di genere, poi dipende dal modo e da come il tutto viene scritto.
Un tempo leggevo una serie thriller dove c’era anche una mezza storia tra i due protagonisti. Ho capito che forse avrei dovuto leggere più romance perché a ogni pagina pensavo “Che palle ‘ste indagini, ma tra loro com’è finita?!”

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Lavinia Brilli: A me piace la chiarezza. Se mi proponi un thriller, dev’essere principalmente tensione, delitti e colpi di scena. Se mi proponi un romance mi aspetto amore, magari sesso e anche in questo caso qualche colpo di scena (ma senza coltellaccio insanguinato, please).
Se vuoi propormi una via di mezzo ben venga, ma me lo devi far capire, e io decido se mi attira o no.
Recentemente ho comprato “un grande thriller” con tanto di copertina buia e tempestosa, e a tre quarti di libro la cosa più sconvolgente erano le occhiate languide tra i due protagonisti e la scenata di gelosia della ex di lui. L’ho mollato per sfinimento.

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Daniela Barisone: Al lettore giallista di solito frega poco del risvolto romantico. Mentre al lettore romance frega poco delle indagini.
Chiedetemi come lo so…
Infatti quello che vi propongo oggi è il mio ultimo libro, scritto con Andrea Santucci: un giallo che però è anche un romance MM e che raccoglie recensioni tipo “non c’è abbastanza giallo e troppo sesso” (è la mia preferita, sul serio), “non c’è abbastanza sesso e amore, c’è troppo giallo” e via così.
È il giallo-romance di Schrödinger.

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Roberta Ciuffi: Un tempo mi piacevano le detective story molto articolate, con varie storie che si intrecciavano, comprese quelle sentimentali. Adesso invece preferisco storie più stringate, in cui la parte investigativa abbia la prevalenza. In un romance, un piccolo plot secondario con un mistero da svelare non mi dispiace, ma non il contrario. Se la parte sentimentale si dilunga troppo, mi spazientisco e vorrei che si tornasse a bomba, come si dice. Mi spazientiscono anche i giallisti che vogliono fare letteratura. Sono passata da una sorta di cotta per quelli di De Giovanni all’estremo opposto, la nausea. Non ne potevo più di quegli intermezzi, tipo ‘è primavera e sai cosa succede in primavera?’ E naturalmente c’era sempre un nonnino che si approfittava della nipotina, un padre che andava a sbattere volontariamente contro un albero con tutti i figli in macchina e cose del genere. E ci fosse stata una singola situazione che avesse avuto un nesso con la storia! Il mio tipo di autore di detective story è Raymond Chandler.

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Maria Cristina Carioti: Io adoro le contaminazioni nei romanzi e sono una gran fan di Montalbano dove dietro ad ogni inchiesta c’è sempre una storia umana o d’amore che rende i personaggi anche più credibili e accattivanti. Penso però che sia giusto dare priorità al genere: se è un thriller la parte romantica deve fare da contorno e viceversa perché il lettore deve sapere cosa sta per leggere.

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Ornella Albanese: La mia risposta alla domanda è sì, perché mi piace molto e mi intriga la commistione di generi. Quindi ben venga il romance in un thriller, anche se sono d’accordo che, se il libro viene presentato come thriller, l’aspetto investigativo debba essere prevalente.
Nel lontano 2010 io ho fatto un esperimento scrivendo un romanzo per me stessa, cioè senza contratto (ai tempi scrivevo solo per I Romanzi Mondadori), diciamo a tempo perso.
Un romanzo storico perché rigorosamente storico, thriller perché c’era un mistero da risolvere, avventuroso, perché tutto viene sviluppato per mezzo dell’avventura, e romance perché l’aspetto romance ce la giocava alla pari con gli altri tre. Era “L’anello di ferro” ed è stato il mio primo romanzo in libreria, edito da Fanucci Leggereditore. Quando curiosando nelle librerie, l’ho visto collocato in settori diversi, tra gli Storici, e poi tra i Thriller, e poi tra i Romance, ho capito che il mio piccolo esperimento era riuscito. La vita non esclude un genere per privilegiarne un altro, e così, secondo me, deve essere il romanzo.

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Grazia Maria Francese: Non sono una gran lettrice di gialli, ma penso che il risvolto sentimentale non guasti in nessun genere. I personaggi privi di ciò non sono nemmeno realistici: quante persone al mondo vivono senza provare sentimenti? Io scrivo romanzi storici ma non lascio privo di sentimenti nessuno, a parte qualche mostro senza cuore.
La domanda può diventare un’altra: come, dove e quando inserire il risvolto sentimentale. Ultimamente ho letto un giallo dove a indagini quasi concluse, l’investigatore si innamora di un agente di polizia. Il risvolto sentimentale lì mi ha dato fastidio perché era slegato dal resto della vicenda: qualcosa di superfluo, inserito solo per gratificare i lettori. Questo secondo me è da evitare. Se deve innamorarsi di qualcuno, l’investigatore, lo faccia un po’ prima… lettori di gialli, correggetemi se sbaglio.

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Piera Nascimbene: Io sono una lettrice di gialli e trovo che una vicenda sentimentale arricchisca la trama. Certo non deve sovrastare l’intreccio giallo ma anche in romanzi in cui non c’è del rosa, c’è sempre qualcosa relativo alla parte affettiva personale che viene a galla.

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Giovanna Barbieri: Se creiamo un poliziotto/a giovane, è molto probabile che abbia una relazione (anche burrascosa) con un’altra persona. Oppure abbia problemi familiari con fratelli/sorelle o genitori.
Ma in un giallo, le relazioni sentimentali/familiari non devono occupare più del 50% del romanzo, perché chi ama i gialli preferisce molte scene sull’indagine d’omicidio, rapimento, rapina o altri reati.
Le scene sentimentali rallentano il ritmo e la tensione sia nel giallo sia nel thriller.

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Eward C. Bröwa: È un possibile ostacolo ma anche una risorsa, secondo me.
Sono un modesto lettore sia di polizieschi che di romance (con ampie eccezioni), ma qualcosa da dire ce l’ho, non solo per simpatia verso i mercoledì di Babette, ma anche perché io stesso mi ritrovo con una collana “di genere non genere”, che ritengo in situazione analoga.
Ovvia premessa è che qualunque “inserto” o contaminazione fra generi dev’essere appropriato e sensato, non aggiunto lì a caso, ma diamolo per scontato.
I lettori di genere – primi che approcciano un romanzo, appunto, di genere – inizialmente possono sentirsi un po’ spiazzati (“Ma che c’entra?” “Mi risolva ’sto mistero senza divagare”), però i lettori vivaci e curiosi – che sono molti – possono trovare proprio in quel “di più” un elemento che rende il romanzo diverso, quindi originale e più interessante. Insomma, c’è un primo scoglio, ma se si supera quello, si può essere apprezzati appunto per la personalità unica delle storie.