Alla proclamazione della Repubblica di Turchia (29 ottobre 1923), Istanbul fu considerata ormai troppo vulnerabile, potendo finire sotto il tiro delle marine militari che avevano dimostrato di essere in grado di violare gli accordi stretti durante la prima guerra mondiale, e così Ankara, che in precedenza era stata il quartier generale del movimento cittadino turco durante la guerra d’indipendenza, fu scelta come capitale del nuovo Stato turco.

Quasi venti milioni di abitanti, questa città immensa si apre a ventaglio lungo le coste del Bosforo. Palazzi nuovissimi si accompagnano ad antiche residenze in una miscellanea entusiasmante.

MODERNI GRATTACIELI.

Metropolitane (una ventina di linee), treni urbani e suburbani, funicolari… per spostarsi non c’è che da scegliere. Siccome mi sono iscritta a un tour per masochisti, mi sono fatta A PIEDI dodici chilometri per visitare alcuni fra i luoghi più interessanti. E non è mancata nemmeno la navigazione sul Bosforo: sole accecante, temperatura non-ne-parliamo, brezza leggera che consentiva di respirare.

LA MOSCHEA BLU VISTA DAL BOSFORO

Coperto il capo con una sciarpa, tolte le scarpe e infilati i calzini di scorta, siamo entrati in quella che viene chiamata la MOSCHEA BLU (XVII secolo). Il nome deriva dal colore predominante, dato dalle oltre ventimila piastrelle di maiolica azzurra che ricoprono le pareti, gli archi e le colonne. Molti turisti, alcuni molto rumorosi (lieta di dire che non erano italiani), perché incuranti del fatto di trovarsi in un luogo sacro ai musulmani.
La luce che proviene da 260 finestrelle dona alla grande sala della preghiera un’atmosfera onirica, meravigliosa.

LA MOSCHEA BLU . INTERNO.

La Moschea vanta ben sei minareti. E a questo proposito, circola da secoli una storiella (alcuni sostengono che si riferisca alla Moschea di Adrianopoli; però dimenticano che lì ci sono “solo” quattro minareti). Considerate che, all’epoca, il turco era scritto con caratteri arabi. Nell’arabo classico esistono solo 3 vocali a → ا u → و i → ي che vengono pronunciate in modo attenuato per noi quasi impercettibile. Il problema salta fuori quando notiamo che l’alfabeto turco di vocali ne ha otto… Ecco che, quando il sultano Ahmed I chiese all’architetto di costruire un minareto d’oro  (oro = altın), il poveretto capì sei minareti (sei = altı). E tanti ne costruì. Non sappiamo che cosa accadde all’architetto, ma forse le manie di grandezza del sultano furono ugualmente soddisfatte.

Dalla Moschea Blu, siamo passati al Palazzo di Topkapı, o Serraglio di Topkapı che fu la residenza del sultano e centro amministrativo dalla seconda metà del XV secolo all’Ottocento, quando gli furono preferite dimore più moderne. Il complesso vanta quattro cortili principali ed altri minori; centinaia di stanze, un parco estesissimo.

Aperte al pubblico sono le stanze private del sultano e della sua famiglia “estesa”, che ci stupiscono perché prive della maestosità dei palazzi europei. Sono ambienti piccoli, raccolti, ornati meravigliosamente. Anche la sala delle udienze, di dimensioni modeste, sembra rispecchiare il desiderio di intimità del sultano.

PALAZZO DEL SULTANO. UNA DELLE STANZE PRIVATE DELLA FAMIGLIA.

PALAZZO DEL SULTANO. SALA DELLE UDIENZE.

Non poteva mancare la visita alla Basilica di Santa Sofia. Trasformata in moschea, poi in museo, ancora in moschea. La guida ci frusta per farci correre. Ho la stampella che va a fuoco.


INTERNO DELLA BASILICA DI SANTA SOFIA (ORA MOSCHEA).

Non poteva mancare un salto al Gran Bazar (mi sono persa, ma non sono stata la sola…).


IL GRAN BAZAR.

Ci rinfreschiamo con la visita della Basilica Cisterna: una delle innumerevoli costruzioni per la raccolta dell’acqua. Peccato per una scolaresca in visita: gli strilli ci hanno impedito di godere appieno dell’ambiente e dei giochi di luce.


LA BASILICA CISTERNA. GIOCHI DI LUCE (1).

LA BASILICA CISTERNA: GIOCHI DI LUCE (2).

Con tutti i dodici chilometri nelle gambe, ci trasciniamo in albergo. Doccia, cena e a letto presto. Domani si parte all’alba!