La discussione è stata accesa (ma sempre fra amici, come è regola nel Gruppo di Babette Brown): i famosi/famigerati concorsi. Partecipare, o starne alla larga? Ecco alcuni pareri.

SAMANTHA L’ILE
Sull’argomento concorsi posso portare la mia esperienza e quello che ne ho imparato.

Il primo concorso a cui ho partecipato era organizzato da un grande editore, ma prevedeva una prima fase a votazione popolare. È stato un massacro all’ultimo click, quindi sconsiglio assolutamente questo genere di concorso.

Adesso nei bandi controllo sempre:
1) se l’iscrizione è gratuita;
2) se il manoscritto sarà letto da una giuria qualificata;
3) se il premio prevede la pubblicazione anche cartacea;
4) se la CE è seria e nota;
5) se i tempi di proclamazione dei vincitori sono ragionevoli.

Di solito a questi concorsi partecipa un milione di persone e il numero di vincitori sta su una mano, ma è un’occasione.
Mi è anche utile avere una scadenza, perché sotto stress lavoro meglio. Poi magari nemmeno partecipo, come mi è capitato un paio d’anni fa con “Non merito il tuo amore”: ho lavorato come una matta per finirlo in tempo, ma alla fine non ero convinta dal concorso e non l’ho inviato.

LINDA LERCARI
Non dipende solo se sono a pagamento o meno, ma anche dall’età in cui si partecipa. Parlo della mia esperienza, ovviamente.

Se guardate il mio CV vedrete un elenco scandaloso di premi e segnalazioni. Perché scandaloso? Perché quando si propone a una casa editrice il proprio lavoro non è che poi abbia “tanto” senso stordire con  una valanga di titoli più o meno altisonanti. Personalmente ho sempre scritto che avrei inviato il curriculum completo solo su richiesta, limitandomi a quei due o tre concorsi particolarmente “di genere” a seconda dell’editore. Per esempio cito la Fondazione Mario Luzi se presento delle poesie, mentre per la narrativa metto in lista il Premio San Domenichino (quasi sconosciuto alle masse, ma piuttosto rinomato nel settore).

Ma allora, mi direte, perché diamine partecipare? Be’, perché fa bene all’anima, sostiene il morale, e, se sei una ragazzina ancora alle prime armi può formarti le ossa. Il giudizio altrui è importante, anche se non ci si può basare solo sui concorsi, che spesso non hanno tempo di mandare dei commenti precisi a ogni partecipante. Però riuscire a spuntare qualche vincita è un bell’incentivo e quindi consiglio soprattutto ai giovani di cominciare a far valutare i propri lavori anche in questa sede. Col tempo si abbandonano i concorsi perchè ci si dedica alla professione vera e propria, al limite partecipando solo a quelli con opere edite.

A pagamento o meno? Anche qui dipende. Se la tassa di lettura non è alta (spesso concorre a formare il montepremi) e rimane su un dignitoso “dieci, quindici euro” la cosa è proponibile, ma se è troppo alta allora non so dire se ne valga la pena. A meno che non sia un ente prestigioso come il premio Solinas (che però è enorme e le domande sono tantissssssime), che è costoso a prescindere, ma poi si lavora con la RAI e quindi il trampolino è interessante. Io ho partecipato una sola volta e mi è andata male. Siccome costava cento euro non ho più tentato.

Insomma… Concorsi sì o no? Per me sì, perché danno un po’ di cibo all’ego e ammetto che sono sanamente egocentrica. So che posso migliorare ancora, che devo studiare, affinare la tecnica, ecc ecc, ma quando si ritira un premio per il proprio lavoro si ha una spinta adrenalinica potente e appagante. Così è e così è sempre stato, basta non ammalarsi di concorsi e prendere tutto SEMPRE con la giusta dose di ironia e leggero distacco.

La prossima puntata? Il 22 giugno 2018.