«Oggi Matesi parla de “Una donna senza importanza”» esordisce lei, col cellulare in mano, in attesa che Marito si prepari la tazza di latte e la raggiunga a tavola. Attila s’è già sparato cinque “biccotti” e una tazza sana di “coccoato”.
«Che sarebbe?» chiede lui, armeggiando in cucina.
«Un’opera di Oscar Wilde. Mi ha incuriosita, voglio leggerla. Ne conosco altre, ma questa mi manca…»
«Ma guarda» commenta lui, sedendosi. «Pure a me…»
«Eh, immagino… Te l’ho fatto vede io il film di Dorian Gray, altrimenti te manco sapevi…»
«Vabbe’, quindi?» la interrompe lui, cominciando a disporre le sue settordici fette biscottate in ordine, chilazzo di miele già pronto per essere dimezzato.
«Niente, valutavo come il titolo del dramma si sposasse perfettamente alla mia situazione quotidiana…» commenta lei, sorseggiando il suo cappuccino scuro. Scuro, non chiaro, non mezzo e mezzo: un po’ di latte e una caffettiera sana. Le piacerebbe dire di caffè normale, ma l’occhio balla da un po’, quindi ha dovuto ripiegare sul deca. Già… Na vorta sarebbe stato diverso, na vorta era ccciovane. Sta a invecchia’ male: na cifra male.
«A che te riferisci de preciso? Chi è che te fa senti’ na donna senza importanza?»
«C’hai presente quei parenti serpenti, che vengono chiamati così perché davanti te fanno na faccia e dietro te ne dicono di ogni, che se non ce stai attento te crolla un tetto sulla testa e te pensavi de sta all’aperto?»
«Uhm…»
«Eh, lo so, te sto problema viva iddio non ce l’hai, ma a casa mia era ed è tutto diverso. Ho passato l’infanzia a guarda’ le famiglie stile “mulino bianco” e a chiedeme: ma com’è che questi c’hanno gli zii che sorridono, che fanno ste tavolate mega, che stanno tutti insieme la domenica, o a cena, e io già è tanto se c’ho la chiamata al compleanno (con l’obbligo morale de dove chiama’ pe prima altrimenti succede il pandemonio, perché la facciata è quella che conta più di ogni cosa)?»
«Quindi stamattina stai in modalità piccola fiammiferaia on?»
«Simpatico… No, è che alla fine, spesso e volentieri, me so resa conto che ste famiglie fighissime non esistevano mica. Quelle belle sul serio so rare, ma nella maggior parte dei casi se ne dicono peste e corna alle spalle facendo finta che non è successo niente. E poi, quando la situazione arriva al parossismo…»
«Paro…»
«All’estremo» traduce lei, gesticolando «te isolano addirittura.»
«Vabbe’, ma che c’entra con la donna senza importanza?»
«Perché è da piccola che so talmente esuberante che i parenti mi ignorano perché li stresso.»
«Eh…»
«Bello mio, te m’hai scelto e me te tieni così» ribatte lei, altezzosa.
«E chi sta a di’ niente?» chiosa lui, alzando le spalle. Ironico… non lo conoscesse.
«Non fa troppo er simpatico, ciccio. E comunque i tuoi parenti mi adorano.»
«Lo so, chiamano più te che me.»
«Il mio è fascino…»
«E allora vedi che sei importante?»
«Per chi non mi conosce bene» replica lei, ridacchiando.
«Forse è proprio il contrario…»
«Com’è che sei così dolcioso e galante stamattina? Che te serve?»
«Dobbiamo usci’ a na certa e sto a monitora’ l’orario. Se comincio a datte ragione da adesso forse smetti de parla’ tra un paio di ore e facciamo in tempo a usci’ a n’orario decente.»
Sincero, il tipo.
Troppo.
«Devo chiama’ mi sorella e raccontaje na cosa che è successa» lo informa, lo sguardo diabolico.
«De che se tratta?» domanda lui, la gocciolina di sudore che scende lungo la tempia.
«Indovina?»
«Amo’, pe la mezza dovemo sta fori de casa…» la avverte lui, il terrore negli occhi.
«Ce metto il tempo che ce vole. Lo vedi? Alla fine mi zia a forza de fa la parte un po’ de ragione ce l’aveva. La sincerità non ripaga, amore.»
«Non la penso così…»
«Infatti a te te faccio danna’ fino all’ultimo secondo, ma poi ti seguo e ti rispetto. A lei, e quelli come lei, li assecondo fino all’ultimo e poi li mando a quel paese al momento buono. C’è del buono a essere sinceri, anche se non ripaga subitissimo.»
«Maestra di vita, altro che donna senza importanza.»
«Ho imparato da mi marito…»
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