Anticamente, Luna e Acqua si amavano. In cerca di un modo per stare insieme, crearono il Teatro Riflesso, un luogo sospeso tra i mondi e nel tempo, a cui anche ai mortali è consentito l’accesso attraverso il sogno. Quando arrivi, sai già dove andare: ottava fila, posto centrale. Attratto da una forza sconosciuta, ti siedi e assisti al racconto di questa storia: un tempo, uno dei Primi Uomini scucì Luna dal cielo con la punta della sua lancia. Lei gli concesse quindi un desiderio: una discendenza investita di doni sovrannaturali che da allora ha regnato sull’Antica Patria, soffocandola, tuttavia, con la propria sete di potere e gettandola in un’oscurità sempre più profonda. Gli imperatori hanno tratto per secoli la loro forza da Luna, imprigionata nelle segrete del palazzo reale, ma una divinità non può essere rinchiusa per sempre… Mentre l’Ottavo Imperatore si prepara a un pellegrinaggio in cerca del segreto della vita eterna, e i suoi eredi, i Tre Terrori, tramano per prendere il suo posto, Luna convince Jun, figlio prediletto del Primo Terrore, ad aiutarla a scappare per rimediare al suo passato da feroce assassino. Durante la fuga, i due incontrano Keema, un giovane guerriero con un solo braccio e dalle misteriose origini, che si unisce a loro in questo pericoloso viaggio verso i confini più estremi del regno, alla ricerca di un modo per riportare la libertà e la luce nell’Antica Patria. Grazie a una capacità narrativa estremamente originale e stratificata, Simon Jimenez dà vita a un incredibile romanzo corale, che è allo stesso tempo un’avventura epica e una storia d’amore, un’esplorazione profonda dell’identità e del senso di appartenenza, e un tributo all’immenso potere delle storie e del racconto.
Titolo: La lunga notte senza luna.
Autore: Simon Jimenez.
Traduzione: Marinella Magrì.
Genere: Fantastico.
Editore: Mondadori.
Prezzo: euro 11,99 (eBook); euro 21,85 (copertina rigida).
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Leggere questo libro vuol dire innanzitutto decidere di abbandonarsi totalmente alla narrazione, dimenticandosi delle rigide convenzioni a cui si è abituati.
Con Jimenez, infatti siamo di fronte a un lungo racconto epico privo di capitoli, dove il ritmo è scandito da frasi salienti e fasi del giorno. E del resto, più lo si legge, più il libro ricorda un poema omerico o una favola di Esopo e, di conseguenza, non saprei nemmeno se annoverarlo nel fantasy in senso stretto o nella categoria del mito (ma, poi, che importa?).
L’ambientazione è pressoché esotica (immagino sia un retaggio delle origini filippine dell’autore), e alterna momenti di concretezza a momenti di assoluta rarefazione, così come scene di decisa brutalità si alternano a momenti di dolcezza estrema. Tutti i punti di vista sono utilizzati quasi in contemporanea, così come contemporanea è anche la narrazione sui tre piani principali: quella dell’epico poema descritto con imperatori, eroi e déi, quella del racconto di “tua lola” (nonna del protagonista lettore) e quella della rappresentazione del cosiddetto “Teatro Riflesso”. Ed è proprio quest’ultima che giustifica l’utilizzo di ogni punto di vista perché, proprio come in una tragedia greca, viene data voce, anche per un istante, a ogni personaggio sul palco.
Ciò concede a Jimenez di giocare con il lettore, dotando il libro anche di una componente metaletteraria che attua una rottura della quarta parete (tanto nel senso narrativo che temporale), resa sempre più manifesta con la prosecuzione della storia.
Ne consegue che, da un certo punto in poi, ogni schema salta, l’atemporalità regna sovrana e ogni cosa descritta è parte di un’orchestrata sinfonia di sensazioni. La danza delle divinità, l’epica battaglia finale, il rapporto tra i personaggi e il pubblico del Teatro, i più umani patemi d’animo del piccolo ascoltatore.
E poi, ci sei tu, lettore, a cui Jimenez ha regalato un viaggio e un’incredibile esperienza sensoriale.
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