Comincia con una chiacchierata tra amici la prima bolognese de “L’Oro dei Medici“, il potente romanzo di Patrizia Debicke da poco ripubblicato in una nuova veste da TEA.

Alla Libreria Ubik Irnerio di Bologna, l’autrice stessa, la storica Elisa Guidelli cui spetta il compito di presentarla, il critico letterario Claudio Guerra, collega di Patrizia nel blog Libroguerriero, e io siamo arrivati con largo anticipo sull’ora della presentazione e abbiamo iniziato a parlare del libro, a tutti già noto.

Elisa, autrice lei stessa di romanzi storici ma anche di noir che pubblica sotto il nome d’arte di Eliselle, ha ricordato l’epiteto di “Signora del Cinquecento”con cui Patrizia è ovunque nota. Più che meritato, infatti, visto che Debicke ha al suo attivo: una trilogia sui Medici, che li accompagna dal 1537 de “L’eredità medicea“, attraverso il 1587 de “La gemma del cardinale“, fino all’autunno del 1597 de “L’oro dei Medici“; un romanzo, “L’uomo dagli occhi glauchi“, dedicato al mistero che si cela dietro l’identità de L’inglese, l’olio dipinto da Tiziano intorno alla metà del Cinquecento; due indagini, “La sentinella del Papa” e “La congiura di San Domenico“,   condotte nel 1506 da Julius von Hertenstein, ufficiale della Guardia Svizzera pontificia.

Patrizia ci spiazza subito, rivelandoci che il nuovo e non semplice progetto cui al momento sta dedicando tutte le sue energie riguarda invece il Quattrocento. Bene allora, ne prendiamo atto, e d’ora in poi la ribattezzeremo la “Signora del Rinascimento”, e non più di un secolo soltanto.
Intervengo per rilevare che i suoi romanzi storici sono da considerarsi gialli in piena regola, dove non mancano l’azione delittuosa e l’indagine volta a svelare il colpevole, per poi ristabilire l’ordine che il misfatto ha sovvertito. Patrizia annuisce e conferma che a lei l’intrigo piace davvero, e nel Rinascimento le spy story sembravano quasi all’ordine del giorno. Storia e avventura la appassionano proprio e le offrono lo spunto per affrontare tematiche che le stanno a cuore.

Tornando a “L’oro dei Medici“, e includendo nel dialogo il pubblico che nel frattempo si è unito a noi, Patrizia ci racconta che voleva proprio scrivere un romanzo incentrato sui Medici del Granducato di Toscana, all’epoca in cui la famiglia da grande in Italia diventò grande in Europa e, attraverso il sostegno economico delle sue banche o accorti matrimoni, strinse alleanze con i più potenti monarchi del tempo.
Protagonista de “L’oro dei Medici“, come già accaduto per “La gemma del Cardinale“, è Giovanni de’ Medici, figlio naturale di Cosimo I e di Eleonora degli Albizzi, poi legittimato dal padre e divenuto uomo di fiducia del fratellastro Ferdinando I, dopo la sua ascesa al soglio granducale. Lo ritroviamo qui a trentuno anni, comandante dell’artiglieria e della flotta toscana, uomo di armi ma anche di scienza e di arte, che governa con mano sicura il porto di Livorno, dove le Leggi Livornine emanate dal fratellastro hanno richiamato una popolazione fattiva, responsabile del grande sviluppo economico della città e del successo negli scambi marittimi.
Le ricchezze del Granducato però fanno gola a molti, soprattutto a chi non gode più dei favori della corte o a chi ha impoverito allo stremo le casse dello stato.
Due morti misteriose, una spia inglese e la cameriera di una gentildonna amante di Giovanni, vengono a funestare la serenità autunnale di Livorno e a gettare le ombre scure di una cospirazione ai danni della corte fiorentina.
Giovanni, con l’aiuto del suo capitano di giustizia, Francesco Spinelli, ne seguirà le trame insidiose per terra e per mare, in un crescendo epico che coinvolgerà potenze alleate e nemiche, dove la posta in gioco non sarà solo il potere economico del granducato, ma la salvezza di vittime innocenti.

Patrizia riassume così la trama, densa di colpi di scena e di audaci cambi di luogo e di atmosfera. Livorno, Marsiglia, Ajaccio, Firenze sfilano a ritmo incalzante, anche se il romanzo apre e chiude con due epiche battaglie navali.
A Elisa, che le chiede a quale documentazione storica si sia appoggiata per descrivere gli scontri per mare, l’autrice confida di aver scovato a Venezia – Giovanni infatti fu governatore delle armate venete o “ammiraglio del mar” – una corrispondenza relativa a una battaglia nelle acque di Marsiglia, in epoca coerente con il periodo di narrazione: è nata così la scena d’apertura del romanzo.
Esistito nella realtà, Giovanni fu davvero amatissimo dai fratelli Francesco I e Ferdinando I, come altrettanto reali furono i conflitti tra Pietro de’ Medici e il fratello Ferdinando I, prima per dissidi in merito all’eredità paterna poi per le trame di Pietro volte a minare il potere del granduca.

Elisa, anche lei storica e autrice tra l’altro de “Il romanzo di Matilda” (Meridiano Zero, 2015), torna a ribadire le difficoltà della ricerca documentale, sottolineando che solo dal Trecento le fonti iniziano ad arricchirsi, anche se pure il Quattrocento non è poi così prodigo di spunti. Patrizia concorda, ma al contempo mette in guardia dalla sovrabbondanza di riferimenti. La sua personale ricetta? Tra le tante fonti, sceglie la versione più funzionale alla sua immaginazione.
Elisa si dice ammirata dal brio e dal realismo con cui la Debicke ha affrontato la descrizione delle battaglie navali, al che Patrizia confessa di essersi ispirata alle cronache di Nelson e ai romanzi di Cecil Scott Forester e di Patrick O’Brian: battaglie tutte molto più tarde ma pertinenti, visto che la flotta inglese, già alla fine del ‘500, contava su imbarcazioni che sarebbero poi rimaste fino a tutto il ‘700 e anche oltre.

Eliselle legge dalla quarta di copertina del romanzo: “Granducato di Toscana, 1597. L’Italia è ormai caduta in mano agli eserciti stranieri, ma fastosa è la sua cultura e floridi i suoi commerci oltre i confini. L’Europa ne riconosce e ne ammira lo splendore e l’eccellenza. I banchieri più potenti al servizio dei sovrani europei sono italiani, genovesi e fiorentini. Firenze è uno stato ricchissimo sotto la guida di un’illustre famiglia di mercanti e banchieri: i Medici. Il loro oro fa invidia a tanti e chi non riesce ad averlo in prestito, tenta di sottrarlo in modo subdolo e illecito[…]”.
Patrizia annuisce: i Medici fondano la loro fortuna sulle banche e sulle alleanze. In un’epoca in cui tutti gli stati erano indebitati per le incessanti guerre di conquista e di difesa, gli ingenti prestiti concessi dalla sconfinata ricchezza dei Medici potevano fare la differenza. La famiglia riuscì poi a legarsi alla dinastia reale francese, prima attraverso il matrimonio di Ferdinando I con Cristina di Lorena, nipote di Enrico II di Francia, poi dando in sposa sua nipote Maria a Enrico IV.

Elisa passa poi a commentare la vivacità dei personaggi femminili: la stessa Cristina di Lorena, che nel romanzo brilla per intelligenza e amorevolezza materna, e Lady Aubrey Brume, generosa amante di Giovanni, personaggio immaginario anche se nelle cronache del tempo è citata una sedicenne inglese di nobili natali.

La relatrice sposta quindi la discussione sulla splendida celebrazione che Patrizia dedica al fasto della dinastia toscana: marmi stucchi legni pregiati, dipinti sculture tappeti, argenti cristalli porcellane, sete lini velluti, cibi squisiti e insoliti, perfino i giocattoli dei principini, tutto contribuisce a restituire l’immagine di una corte tra le più preziose d’Europa. Basti pensare allo Sbarco di Maria de’ Medici a Marsiglia, dipinto da Rubens, per ricordare il trionfo che segnò l’ingresso della nipote di Ferdinando I in terra di Francia.

La presentazione si conclude con un sorriso; Patrizia mostra al pubblico la sferetta porta profumi che porta al collo, molto simile al vezzo attribuito nel romanzo al suo protagonista. La figlia di Patrizia, Alessandra Ruspoli, che dalla platea ha arricchito il dialogo di interessanti spunti, svela che è opera di un abile artigiano fiorentino.
L’evento termina così, com’era iniziato, con la celebrazione di un’arte toscana che sopravvive al trascorrere del tempo.

Tra il pubblico accorso a salutare “L’oro dei Medici” e la sua autrice, il già citato Claudio Guerra, autore tra l’altro del bel reportage fotografico dell’evento, e Anna Maria Riva, instancabile comunicatrice e addetto stampa di molti scrittori di spicco.